È la settimana dell’E3, il più importante appuntamento del settore dei videogiochi che si svolge a Los Angeles.
Ieri c’è stata la giornata ufficiale di inizio, ma già nei giorni scorsi alcuni grandi player hanno tenuto le proprie conferenze. Come ci si aspettava, c’è una parola chiave quest’anno: streaming. Così come accaduto per la musica e i contenuti video, la modalità di accesso via streaming e non più attraverso una copia locale scaricata del contenuto, sarà una rivoluzione anche per i videogame.
TUTTI I DETTAGLI DA GOOGLE
In quest’ambito Google, nel suo pre-show la scorsa settimana, ha dato i dettagli del proprio servizio che sarà lanciato a novembre, Microsoft ha ribattuto annunciando che partirà con un’anteprima anticipando Mountain View, Ubisoft ha presentato la propria versione del servizio e così via. Prove generali, in realtà: il settore dovrà prendere le misure su questa nuova modalità d’offerta e ancora non è ben chiaro come cambierà e con quale velocità.
GLI EFFETTI DEL CAMBIAMENTO TECNOLOGICO
Alla base c’è un grande cambiamento tecnologico: grazie all’utilizzo del cloud si potrà giocare a videogame complessi ed elaborati anche con dispositivi poco potenti. Finora, invece, non è stato così, perché se è vero che ci sono giochi anche per i telefonini, sono le console potenti (o i pc ad hoc) a garantire la migliore esperienza di gaming. Spostando invece la capacità di calcolo nei datacenter connessi a internet, anche uno smartphone o una smart tv possono offrire un’esperienza simile, perché sarà come vedere un video elaborato altrove (connessione permettendo, ovviamente).
IL PESO DEL CLOUD E LE MOSSE DEI GRUPPI
Di qui la sfida lanciata da chi possiede infrastrutture cloud adeguate: Google e Amazon, entrambi praticamente estranei finora al mondo dei videogiochi ma al lavoro da tempo sui progetti di game streaming. Per non parlare di Apple, che con il suo Arcade offrirà ugualmente un servizio su abbonamento. L’opposizione più forte è arrivata da Microsoft, l’unica azienda fra i colossi del gaming (con Sony e Nintendo), ad avere anche un’infrastruttura cloud molto sviluppata, Azure. Microsoft sta sviluppando il proprio streaming di videogiochi, ma il suo cloud servirà anche per lo sviluppo delle offerte dei concorrenti, vedi l’accordo recente con Sony.
LA NOVITA’ DI STADIA
Quindi cosa sta accadendo all’E3? Google ha svelato alcuni aspetti del suo servizio chiamato Stadia in cui ci saranno alcuni grandi titoli come Assassin’s Creed Odyssey, Mortal Kombat 11, Final Fantasy XV e così via. Per quanto riguarda gli abbonamenti, i principali sono due: Stadia Pro da 9,99 euro al mese, per giocare ad altissima definizione (4k, 60 frames al secondo) a un numero determinato di titoli a cui si possono aggiungere altri blockbuster a pagamento (con alcuni sconti), e Stadia Base che non prevede abbonamento mensile ma possibilità di acquistare singolarmente i giochi in Hd.
LE AZIONI DI MICROSOFT
Come detto, Microsoft ha annunciato che farà uscire un’anteprima del suo xCloud prima del lancio di Google, mentre Ubisoft ha presentato Uplay+ che costerà 14,99 dollari al mese ma sarà anche disponibile successivamente su Stadia.
IL COMPARTO DEI VIDEOGAME
Questo dà una misura di come ci si muoverà prossimamente. Finora, infatti, il mercato dei videogame è stato caratterizzato da console potenti e costose con le quali si può giocare a titoli che arrivano anche ai 70/80 euro, se si eccettua il segmento mobile i cui giochi non sono però paragonabili a quelli delle console. Con lo streaming il modello è ovviamente diverso. Quando se ne parla si pensa alla rivoluzione di Netflix o Spotify, con un abbonamento a 10 euro tutto compreso.
LO SCENARIO
La partenza di Google mostra però che le cose non saranno così o per lo meno non subito. Accanto a offerte tutto compreso, ce ne saranno altre con un catalogo base e poi i titoli blockbuster a pagamento, un po’ come succede con alcuni servizi di video on demand come Timvision per i film più recenti. Un modo per tenersi stretti gli studios che producono videogiochi che in caso contrario vedrebbero ridursi drasticamente i ricavi dai loro titoli di punta.
Articolo pubblicato su ItaliaOggi