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Sovranità

Che fine ha fatto Gaia-X e la sovranità europea sui dati?

A proposito di quello che ha scritto Ferruccio de Bortoli del Corriere della sera sulla sovranità digitale. L'intervento di Giordano Alborghetti

Caro direttore,

Ferruccio de Bortoli sul Corriere della Sera ha scritto: “Sfuggendo da influenze cinesi e a maggior ragione russe, sarebbe anche il caso di chiedersi se consegnare anche dati considerati strategici ai partner americani risponda fino in fondo ai conclamati criteri di sovranità digitale”.

Mi è venuta spontanea una riflessione, riprendendo quanto scrivevo in un articolo apparso su queste pagine a maggio del 2022 “Come l’Ue può raggiungere la sovranità digitale”.

Purtroppo ad oggi la situazione non è migliorata anzi con l’avvento della cosiddetta Intelligenza Artificiale è ulteriormente peggiorata consegnando sempre di più i nostri dati e la nostra privacy alle Big Tech Americane.

Per di più il progetto Gaia-X, servizi cloud e data center europeo, sembra arenato, quanto meno questo è quello che si evince dal sito italiano con l’ultimo articolo datato settembre 2023. La politica italiana, nella sua interezza nessuno escluso, sembra lontana dai temi della Sovranità Digitale, preferendosi affidare ad “esperti”, ma come la storia di questi ultimi anni ci insegna, difficilmente gli esperti agiscono per tutelare gli interessi nazionali e il bene dei cittadini, semmai si muovono per tutelare gli interessi delle grandi multinazionali oltre a tutelare i propri interessi.

Mi permetto di osservare che de Bortoli scrive alcune inesattezze quando scrive “consegnare i dati ai partner americani”, perché di fatto li stiamo già consegnando da anni sia quelli strategici, sia quelli personali, tutto questo venne denunciato da Edward Snowden nel 2013. Così come sbaglia, sempre de Bortoli, quando scrive “..risponda fino in fondo ai conclamati criteri di sovranità digitale”.

Anche qui prendo spunto dalla mia presentazione, per ribadire che l’unico concetto valido in tema di Sovranità Digitale è: “In estrema sintesi la capacità per le nazioni, imprese, scuole, università, individui, di avere il pieno controllo dei propri dati, dei software che vengono utilizzati. In pratica riuscire ad essere indipendenti e autonomi rispetto alle Bit Tech sia americane, sia cinesi, sviluppando proprie tecnologie sicure e sostenibili, in grado di competere al livello mondiale”.

La scelta è sempre la stessa ed l’unica via percorribile, non per una questione fideistica o digital religiosa, ed è l’utilizzo di sistemi operativi open source e software libero. Tenendo presente che gli esempi virtuosi ci sono e dovrebbero essere incoraggiati e adeguatamente alimentati. Prendo ad esempio il Consortium GARR che dimostra come sia possibile una via alternativa.

Come se ne esce da tutto ciò? Ovvero come è possibile declinare il concetto di Sovranità Digitale in chiave software libero? È di fatto un combinato disposto che deve tenere insieme diversi fattori: avere una visione etica e morale, economica – ricordo che ancora oggi l’85% dei ricavi delle Big Tech vanno prima nei Paesi europei a tassazione agevolata, poi nei paradisi fiscali (si legga i dati di Mediobanca “I giganti del web”) -, una visione sociopolitica, ancora nei Padroni del Web scrivevo: “Il predominio dei padroni del web è già evidente e inconfutabile. Non intervenire oggi da un punto di vista legislativo, determinerà la loro influenza inarrestabile non solo in ambito informatico ma in tutti gli ambiti, con un danno permanente per le prossime generazioni”, una visione tecnologica e formativa. Per tenere insieme tutto ciò ci si dovrebbe rivolgere a quella che a tutt’oggi, come scrivevo sopra, è la grande assente, ovvero la politica.

Per sensibilizzarla si dovrebbe per esempio organizzare un convengo sulla Sovranità Digitale in chiave open source.

Cordiali saluti

Giordano Alborghetti

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