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Sharing Economy

Il futuro di Uber Italia è in mano ad un giudice

Se il Governo non trova una soluzione, a decidere per Uber sarà un giudice Tempi davvero difficili per Uber: il destino dell’azienda in Italia è nelle mani di un giudice. Nelle scorse ore, infatti, il Parlamento ha affidato al Governo il riordino del sistema trasporti con legge delega, rimandando i tempi dell’arrivo di un decreto.…

Se il Governo non trova una soluzione, a decidere per Uber sarà un giudice

Tempi davvero difficili per Uber: il destino dell’azienda in Italia è nelle mani di un giudice. Nelle scorse ore, infatti, il Parlamento ha affidato al Governo il riordino del sistema trasporti con legge delega, rimandando i tempi dell’arrivo di un decreto. E ora spetta al Tribunale di Roma avviare il processo al termine del quale dovrà decidere se accogliere o meno la richiesta della piattaforma di servizi di trasporto non di linea di annullare la sentenza del 7 aprile scorso, con la quale i giudici imponevano all’azienda il blocco immediato del servizio. Ma i guai di Uber non finiscono qui. Approfondiamo insieme.

Il rivale dei taxi

Uber è una start up con sede a San Francisco che ha creato un’applicazione: si tratta, dunque, di un servizio digitale. Un servizio, però, che si traduce nella realtà quotidiana in passaggi a prezzi bassi, rappresentando una forma di concorrenza diretta per le compagnie di trasporto tradizionali.

Obiettivo della casa di San Francisco, infatti, è rappresentare una valida alternativa alle auto provate, ai mezzi di trasporto e ai taxi. E ci prova sfruttando il potenziale della sharing economy. Gli automobilisti sfruttano la propria stessa auto per trasformarsi in strumenti per il trasporto urbano altrui.

Nei primi mesi, Uber era un’app per richiedere auto di lusso in alcune zone metropolitane. Negli anni, l’azienda è cresciuta, si è rinnovata e ha allargato il proprio business, modificando le abitudini. Che si tratti di una corsa, di un sandwich o di un pacco, la  casa di San Francisco prova a dare alle persone quello che vogliono, quando vogliono.

“Per tutte le donne e gli uomini che guidano con Uber, l’app rappresenta una nuova e flessibile fonte di guadagno. Per quanto riguarda le città, diamo vigore alle economie locali, miglioriamo l’accesso ai trasporti e rendiamo le strade più sicure. Se i trasporti sono affidabili, tutti ne beneficiano, soprattutto quando fuori nevica!”, si legge sul sito dell’azienda.

 

Uber in Italia

Uber è sbarcato ufficialmente in Italia tre anni fa, debuttando a Milano. La società americana offre i suoi servizi in alcune delle principali città italiane, come Roma, Milano e Firenze.

A causa di una sentenza del tribunale di Milano, Uber ha sospeso il servizio Uber Pop’, quello (per intenderci) assimilabile al servizio taxi, “in via cautelare e urgente”, per concorrenza sleale. Ma ancora oggi è possibile di ‘Uber Black’, la prima opzione di Uber che prevede la corsa su una berlina e di a ‘Uber Lux’, dove la corsa avviene su un’auto costosa e di lusso. Il prezzo uberper una corsa varia in base al tipo di servizio richiesto.

La decisione del tribunale di Roma. Stop a tutti i servizi

Il 7 Aprile 2016, la nona sezione civile del Tribunale di Roma aveva deciso a favore della sospensione del servizio Uber Black offerto dalla casa di San Francisco, accogliendo un ricorso per concorrenza sleale delle associazioni di categoria dei tassisti assistite da un pool di legali coordinato dall’avvocato Marco Giustiniani dello Studio Pavia e Ansaldo e composto da Moravia, Gigliotti, Massari e Fabbi.

L’azienda, in base all’ordinanza, avrebbe dovuto bloccare, entro un massimo di 10 giorni (alla mezzanotte del giorno di Pasqua), anche i servizi analoghi offerti con Uber-Lux, Uber-Suv, Uber-X, Uber-XL, UberSelect, Uber-Van.

“Accertata la condotta di concorrenza sleale”, il Giudice Alfredi Landi, ha ritienuto giusto bloccare “il servizio di trasporto pubblico non di linea con l’uso della app Uber Black” e di “analoghe” app, “disponendo il blocco di dette applicazioni con riferimento alle richieste provenienti dal territorio italiano, nonché di effettuare la promozione e pubblicizzazione di detti servizi sul territorio nazionale”. La sentenza, inoltre, obbligava l’azienda americana alla pubblicazione sul proprio sito di quanto deciso e al pagamento di una penale di 10.000 euro “per ogni giorno di ritardo nell’adempimento” del blocco “a decorrere dal decimo giorno successivo” alla pubblicazione della sentenza.

Il Tribunale accoglie il ricorso dell’azienda americana

Quando tutto, dunque, sembrava esser deciso e Uber costretto ad abbandonare l’Italia, è arrivato il colpo di scena. “Il tribunale di Roma ha accolto la nostra richiesta di sospensiva dell’ordinanza che richiedeva l’interruzione dei servizi di mobilità Uber a partire dal 17 aprile. Siamo molto felici di poter comunicare a tutti i driver e agli utenti di Uber in Italia che potranno continuare ad utilizzare l’applicazione fino alla pronuncia del Tribunale sul nostro reclamo”, fa sapere l’azienda.

In attesa della riforma

Uber si trova al centro di una battaglia, quella tra Taxi e Ncc (settore in cui rientra l’azienda di San Francisco), scoppiata ancor prima del suo arrivo in Italia. La sua presenza, però, ha intensificato le proteste da parte dei conducenti delle auto bianche: dal 2008 i tassisti hanno chiesto, a più riprese, un decreto che potesse regolamentare la situazione, ma nulla è cambiato.sharing economy Uber

La situazione è sempre la stessa. Ncc (e oggi Uber) possono lavorare, senza limitazioni, in attesa di una nuova legge, di una decisione politica. A limitare l’operatività della casa americana è il Tribunale.

Il ministro dei Trasporti Graziano Delrio il 14 aprile, subito dopo la sentenza del 7 Aprile, si è impegnato a risolvere la questione affinché “non siano i tribunali a decidere su Uber”. Nulla di nuovo però è stato deciso. E nel frattempo si spera che arrivi una revisione della legge quadro dei trasporti del 1992.

Quali scenari

La partita è aperta. E anche se Uber potrebbe vincere in appello, continuando a servire i propri servizi, potrebbe accadere che sarà la legge tanto attesa ad ostacolare il suo inserimento in Italia.

I guai in America

Non solo Italia. L’azienda ha problemi anche in America. Il Dipartimento di giustizia americano ha avviato un’inchiesta penale nei confronti della società con l’accusa di aver usato il software segreto Greyball per evitare i controlli delle autorità in città dove non aveva la licenza per svolgere il servizio privato di taxi. L’inchiesta penale sull’azienda fondata da Travis Kalanick segue l’indagine civile già aperta.

Il software Greyball permette agli autisti di individuare se una chiamata arriva da un agente. A quel punto sul telefonino da cui è stata attivata la app partono delle macchinine ‘fantasma’ che simulano l’arrivo del taxi che invece non arriverà mai.

Uber ha proibito l’uso di ‘Greyball’ dopo che il quotidiano New York Times lo scorso marzo rivelo’ l’esistenza del software.

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