Le fake news diventano un problema generalizzato su tutte le piattaforme social, in particolare per quelle più frequentate
Quanto controllo hanno Facebook, Twitter e Google su ciò che accade sulle loro piattaforme? Non tanto, verrebbe da dire, guardando al Russigate, il caso più eclatante di manipolazione dell’informazione a scopo politico. Ma basta aprire le piattaforme per leggere, sempre più di frequente, notizie false spacciate per vere. Gli investimenti, per arginare il problema aumentano con il tempo, ma davvero basterà mettere sul piatto qualche soldo in più per riuscire a controllare tutto quello che viene pubblicato?
Qual è il problema?

A volte questo significava comprare pubblicità per indirizzare un particolare messaggio a una specifica popolazione; in altri casi significava pubblicare contenuti non pagati e lasciarli diffondere autonomamente.
Circa 150 milioni di utenti hanno visto messaggi di una società il cui scopo principale è quello di spingere la propaganda del Cremlino e 11 milioni di utenti hanno visto gli annunci “pubblicitari”. Twitter ha offerto di vendere il 15% della sua pubblicità elettorale negli Stati Uniti a RT, il canale di notizie russo che in seguito si è registrato come agente straniero. A Google, alcuni ingegneri hanno coniato il termine “unicorni malvagi” (evil unicorns) per descrivere post non veritieri e non menzionati su argomenti oscuri.
Le società dei social media può essere più attenta a questo?
La sfida è di scala. Facebook e Google hanno ciascuno più di 2 miliardi di utenti mensili; Twitter ne ha circa 330 milioni. Le aziende dicono che c’è troppo movimento nei loro sistemi per monitorare tutto. I loro intensi sforzi per segnalare o bloccare tali contenuti utilizzando algoritmi sono finora caduti in disuso.
Che cosa si può fare?
I giganti dei social media promettono di fare sul serio, ma la cosa ha lasciato alcuni legislatori scettici. Facebook ha detto che raddoppierà il personale di sicurezza portandolo a 20.000 operatori e investirà in nuovi sistemi di intelligenza artificiale per aiutare i neo-assunti a riesaminare contenuti discutibili. Google dice che sta curando con maggiore attenzione gli elenchi “Top Stories” e i post che prende da Twitter. L’intero settore promette di continuare a costruire tecnologie che identificheranno automaticamente modelli di comportamento problematici. Stanno anche promettendo di forzare gli inserzionisti ad essere più trasparenti.
Questi passaggi funzioneranno?

Il governo degli Stati Uniti sarà coinvolto?
La Commissione elettorale federale sta considerando di richiedere che la pubblicità politica su Internet includa la divulgazione degli autori, di chi ha pagato per i post. Una proposta di legge nel Senato degli Stati Uniti direbbe lo stesso. Ma quei passi, anche se messi in atto, non riguarderebbero la comunicazione politica che, tecnicamente, non è pubblicità.
Quanto può fare il governo?
Qualsiasi tentativo di regolamentare queste società come se fossero dei media si imbatterebbe in uno dei pezzi di legislazione più amati dell’industria tecnologica: una legge del 1996, che li proteggeva dall’essere ritenuti responsabili per le azioni dei loro utenti. I tribunali hanno interpretato questa immunità in modo piuttosto ampio. Il fatto è che qualsiasi grande cambiamento ispirerebbe una lotta enorme.
In che direzione si trova la Silicon Valley?

Ancora una volta, un gruppo commerciale che rappresenta Facebook, Google e Twitter ha recentemente abbandonato la sua opposizione a una legge sul traffico sessuale che indebolirebbe l’immunità legale di cui godono i siti web. Questo è stato ampiamente interpretato come un segno che l’atmosfera politica che circonda la tecnologia si sta evolvendo rapidamente.






