Scambio Usa-Italia su F35 e dazi?
È lo scenario che emerge dalle ultime cronache dopo gli incontri che il Segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, ha avuto nei giorni scorsi a Roma.
Da Palazzo Chigi — scrive oggi il Corriere della Sera — è arrivato l’impegno a rispettare gli accordi presi sull’acquisto dei 90 F35, diventati materia di scontro politico soprattutto per la contrarietà di una parte del Movimento 5 Stelle.
Dopo le pressioni cominciate nei mesi scorsi affinché il nostro Paese paghi i velivoli già consegnati, ma soprattutto sblocchi l’ordine per altri ventisette caccia scaduto il 30 settembre, “è stato Giuseppe Conte a rassicurare il Segretario di Stato Mike Pompeo durante l’incontro della scorsa settimana”, secondo il Corsera.
Durante gli incontri bilaterali con il Segretario di Stato — in visita nel nostro Paese mentre la sentenza del Wto confermava la legittimità dei dazi a partire dal prossimo 18 ottobre — “è stato chiesto con insistenza di eliminare dalla lista dei prodotti che rischiano di subire una tassazione altissima quelli tipici come il parmigiano o l’olio d’oliva. Pompeo avrebbe fatto presente che anche l’Italia aveva impegni da onorare e il premier ha ribadito la volontà di mantenere l’impegno sugli F35”, ha scritto Fiorenza Sarzanini del Corriere della Sera.
Ma la questione F35, dopo le indiscrezioni del quotidiano, crea subbuglio nella maggioranza di governo. In particolare, secondo quanto ha svelato l’Adnkronos, in ambienti parlamentari M5S ha destato stupore e un certo malessere il retroscena pubblicato dal Corriere. D’altronde sul dossier si ricorderà come ci sia stato addirittura uno sbianchettamento nel programma elettorale del movimento capitanato da Luigi Di Maio.
In verità, notano osservatori informati del settore, gli sbuffi pentastellati sono isolati: il Movimento ha considerazione e rispetto per le aziende del settore (a partire appunto da Leonardo-Finmeccanica) che apprezzano anche il ruolo e l’azione nel settore spaziale, materia appannaggio del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Riccardo Fraccaro (M5s).
Ma Luigi Di Maio per evitare nuove critiche ieri ha preso la distanza. «Io avevo accuratamente evitato di tirare fuori l’argomento quando ho incontrato Mike Pompeo proprio perché adesso il dossier è nelle mani di Giuseppe Conte e perché la mia fiducia in lui è piena. Però il programma degli F-35 va senz’altro rivisto, rimodulato”, ha detto ai suoi più stretti collaboratori il ministro degli Esteri e capo del Movimento, secondo il Corriere della Sera.
A rincarare la dose delle critiche è stato il pentastellato Gianluca Ferrara, di suo pugno, senza indiscrezioni pilotate: «Leggiamo con stupore le ricostruzioni giornalistiche riguardanti la presunta conferma del programma F-35 che il presidente Conte avrebbe dato a segretario di Stato Usa Pompeo. Il Movimento 5 Stelle ha sempre criticato questo programma militare che, così com’è, ci indebiterebbe per almeno 50 miliardi di euro nei prossimi quarant’anni. Un progetto insostenibile che molti Paesi, Stati Uniti compresi, hanno già tagliato», è sbottato il senatore Ferrara, capogruppo M5S nella Commissione Esteri di Palazzo Madama. «Una rinegoziazione – spiega – è doverosa anche da parte dell’Italia. Un ridimensionamento del programma di acquisto consentirebbe di liberare miliardi di euro da investire in scuole, ospedali e trasporti pubblici. I cittadini ci chiedono questo, non bombardieri strategici con capacità nucleare. Confidiamo nel fatto che il nostro presidente del Consiglio farà la scelta giusta».
I tramestii grillini sono arrivati pure alle orecchie di Conte. Tanto che a sorpresa — e per placare gli animi dei recalcitranti — il presidente del Consiglio Giuseppe Conte è «d’accordo sulla rinegoziazione» degli F-35. Lo hanno affermato fonti di Palazzo Chigi. Uno dei temi più caldi sul fronte della difesa è la conferma, o meno, degli impegni italiani per la produzione degli F-35 di quinta generazione, che – oltre ai rapporti con la Nato – potrebbero incidere anche sui livelli occupazionali di alcuni stabilimenti nei prossimi anni, primo fra tutti quello di Cameri a Novara.
Leonardo (ex Finmeccanica), comunque, guarda anche al dossier post Wto, oltre al dossier dei cacciabombardieri che sono assemblati nello stabilimento di Cameri (Novara).
La decisione definitiva arrivata il 2 ottobre condanna l’Europa e indica in 7,5 miliardi di dollari il valore delle contromisure che gli Stati Uniti possono richiedere nei confronti dell’Unione europea e di alcuni stati membri.
Tale importo è stato calcolato sulla base delle conclusioni dell’OMC secondo cui gli aiuti di stato a favore di Airbus hanno falsato la concorrenza riducendo le vendite di aeromobili civili della Boeing e ostacolandone le esportazioni verso i mercati dell’UE, Australia, Cina, Corea, Singapore e Emirati Arabi Uniti.
La pronuncia ora dovrà essere adottata dal Dispute Settlement Body dell’Organizzazione: un puro atto formale, tanto che l’United States Trade Representative (USTR) ha già reso nota la lista dei prodotti soggetti a dazi la cui entrata in vigore è prevista per il 18 ottobre.
Nella lista stilata dall’USTR compaiono diversi beni. Gli aerei commerciali provenienti da Francia, Germania, Spagna e Inghilterra saranno soggetti ad un dazio ad valorem del 10%, mentre la maggior parte degli altri beni, che nulla hanno a che fare con il settore aeronautico, saranno soggetti ad un dazio del 25%.
Tra questi, la lista americana fa una netta differenziazione in base ai paesi di provenienza. I prodotti tedeschi colpiti, ad esempio, riguardano soprattutto apparecchiature meccaniche e utensili industriali, mentre per quasi tutti gli altri paesi UE, ad essere colpiti sono soprattutto i prodotti agroalimentari.
Nel dettaglio, gli aumenti dei dazi saranno limitati al 10% sugli aerei civili di grandi dimensioni e al 25% sul vino e altri prodotti agricoli. In base alle informazioni finora disponibili, gli specialisti di Mediobanca Securities hanno identificato i settori e le aziende che potrebbero risentirne.
Nel caso di Leonardo, guidata da Alessandro Profumo, l’elenco comprende nuovi aerei e altri velivoli (diversi da quelli militari) di peso a vuoto superiore a 30 mila kg.
«Riteniamo che ciò possa includere un numero di velivoli commerciali prodotti da Airbus. In quanto tale, ciò potrebbe comportare un aumento dei costi del produttore europeo, tale da intaccare la sua competitività rispetto alla rivale statunitense Boeing», spiegano gli analisi di Mediobanca secondo il settimanale Milano Finanza.
Poiché Leonardo fornisce una serie di parti per vari modelli, ciò potrebbe riflettersi negativamente sul gruppo italiano. Tuttavia, a loro parere, questo aspetto può essere compensato da maggiori vendite da parte di Boeing. Visto che Leonardo fornisce alcuni componenti a Boeing, non ci sarà un impatto negativo troppo forte sul gruppo italiano. Airbus e Boeing hanno infatti pressoché lo stesso peso nella divisione aerostrutture di Leonardo.
Anche gli analisti di Fidentiis parlano di un impatto «potenzialmente negativo, ma limitato» per Leonardo. Infatti, «qualsiasi rischio derivante da nuove tariffe dovrebbe essere limitato dalla diversificazione delle attività del gruppo». Ricordano inoltre che gli Stati Uniti sono considerati uno dei mercati «domestici» della società.