Chi è passato per le Forche Caudine dell’esame di abilitazione per diventare avvocato sa bene quanto, ancora oggi, quel procedimento sia anacronistico e barocco. In condizioni normali, funziona così: a dicembre di ogni anno si tengono gli scritti presso ogni distretto di Corte d’Appello del Paese. Per evitare truffe, complicità, zone del Paese in cui è più facile passare (30-40 anni fa in molti prendevano la residenza al Sud solo nel periodo del test), gli elaborati vengono poi spediti ad altre commissioni. Da quel momento se ne perde ogni traccia, nel senso che i risultati vengono pubblicati solamente sei mesi dopo. E, quasi subito, a ridosso dello scritto dell’anno successivo, hanno inizio le prove orali.
IL BLOCCO “CAUSA” COVID
Il sistema che governa gli esami da avvocato, come avrete capito, non brilla certo per speditezza, e ovviamente non ha retto l’urto della pandemia di Coronavirus. Ormai siamo a giugno inoltrato, il lock down ha interrotto le correzioni e ci sono migliaia di praticanti che non sanno se hanno o meno passato lo scritto. Nel silenzio del Guardasigilli Alfonso Bonafede (silenzio che ha riguardato anche i loro colleghi abilitati, alle prese con tribunali deserti) i futuri legali (al grido degli hashtag #ScrittoAbilitante #UltrattivitàScritti! #giustiziarispondi) si appellano oggi al Parlamento affinché voti un emendamento che li renderebbe immediatamente avvocati, solo sulla base delle tre prove scritte. Un favoritismo che, però, non piace a molti e rischierebbe di creare forti diseguaglianze con tutti gli altri avvocati che hanno dovuto sostenere l’esame intero per ottenere l’abilitazione all’esercizio della professione.
IN 6 MESI CORRETTO IL 40%. NON SI LAVORA DA REMOTO
Secondo i dati raccolti dal Coordinamento giovani giuristi italiani – Co.gi.ta, in sei mesi le commissioni hanno esaminato solo il 44,97% dei candidati. Una percentuale bassissima, probabilmente sovrastimata dato che è ricavata dai dati delle sole sedi pervenute. Una percentuale che rischia di ipotecare seriamente lo svolgimento degli orali degli esami da avvocato. Secondo Il Sole 24 Ore, a oggi solo le Corti d’Appello di Brescia, Genova, Palermo, Torino, Bologna, Ancona, Campobasso e Trento hanno chiesto di passare alla correzione da remoto. Si rischia quindi una situazione parecchio pasticciata: alcune commissioni faranno i salti mortali per consegnare i compiti corretti (sperando che la fretta mantenga comunque l’equità nel giudizio), altre potrebbero tardare clamorosamente.
ESAME DA AVVOCATO, TUTTO DA RIFARE?
Per un praticante che era stato ammesso all’orale, questo significherebbe dover sostenere a fine anno nuovamente lo scritto (tre prove che hanno il record negativo di percentuale di ammissione, inferiore al 40%), sperare di passarlo e perdere altri 12 mesi prima di arrivare all’orale. Se a questo si aggiungono altre problematiche, come per esempio il fatto che molto spesso la pratica forense non è retribuita, solo saltuariamente rimborsata, ma richiede un impegno lavorativo anche superiore rispetto a quello degli avvocati cui si rivolgono, si capisce perché i giovani freschi di studio non ci stiano a perdere l’anno.
L’EMENDAMENTO: LO SCRITTO DIVENTA ABILITANTE
Per questo ora i venturi legali seguono con attenzione quanto sta avvenendo in Parlamento. Nella giornata di ieri è iniziato l’esame agli emendamenti al Dl Rilancio, ormai super decreto omnibus per portata e varietà delle misure contenute. Tra questi ce ne è uno che prevederebbe di dare l’abilitazione ottenuta la sufficienza negli scritti. C’è però un problema: le tre prove dello scritto (un parere di diritto civile, uno di diritto penale, un atto di civile-penale oppure di diritto amministrativo) coprono forse la parte più pratica della professione forense, ma certo non possono coprire le sei materie (ordinamento e deontologia forensi, diritto civile, diritto penale, diritto processuale civile, diritto processuale penale) che normalmente vengono portate dai praticanti all’orale.
LO SCONTO SULL’ESAME FACILITEREBBE L’ACCESSO ALLA PROFESSIONE?
L’esame da avvocato, insomma, verrebbe troncato a metà, col rischio che a risentirne sia la qualità degli ammessi alla professione, che peraltro svolge un ruolo ben incardinato nella nostra Costituzione. E, a voler drammatizzare, si potrebbe sostenere che pure il diritto alla difesa dei clienti di “avvocati a metà” verrebbe leso. Da parte loro, i praticanti legali tengono però a sottolineare di non essere “alla ricerca di sconti”, per questo c’è chi avanza una seconda proposta: “congelare” gli scritti del 2019 e farli valere anche per la sessione 2020-2021. In questo modo, a dicembre, nelle immense aule in cui si tengono le prove degli esami da avvocato, dovrebbe anche riversarsi meno gente, con buona pace delle normative anti contagio.