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Equo compenso, Meta sconfitta (per ora): torna il regolamento Agcom

Torna in vigore il regolamento Agcom sull’equo compenso che le piattaforme (come Meta) devono garantire per l’utilizzo di contenuti editoriali. Ma su tutto pende ancora la spada di Damocle della Corte di Giustizia Ue. Fatti e approfondimenti

Non si può ancora parlare di vittoria piena per gli editori, dato che su tutto pende comunque l’arrivo della sentenza della Corte di Giustizia Ue che dovrà esprimersi sul fatto che l’Agcom abbia o meno poteri eccedenti rispetto alle norme comunitarie in materia. Ma almeno il Consiglio di Stato, secondo e ultimo grado della giustizia amministrativa, ha sospeso l’applicazione del regolamento sul riconoscimento dell’equo compenso agli editori per l’utilizzo dei loro articoli da parte delle piattaforme online, social network inclusi, con la possibilità per gli autori di ricevere una quota dei proventi.

COSA ERA SUCCESSO

I giudici amministrativi del Lazio, chiamati a sindacare sul ricorso presentato da Meta contro Gedi con la sentenza numero 18790, accogliendo le istanze del colosso di Menlo Park avevano sospeso il regolamento dell’Agcom erga omnes, sostenendo che l’Autorità italiana possa avere valicato i limiti discendenti dalle norme comunitarie in materia. E, per delucidazioni, avevano inoltrato il fascicolo alla Corte di Giustizia Ue che dovrà quindi dire la sua.

Un cortocircuito per il nostro Paese, che nel recepire le norme europee aveva demandato la gestione della materia all’Agcom (che può anche prendere parte ai negoziati tra gli editori e i tenutari dei social), che però in tal modo si è trovata immobilizzata, senza più un regolamento cui fare riferimento nelle varie controversie almeno fino a quando la Corte di Giustizia non avrebbe detto la sua.

LA BATTAGLIA SULL’EQUO COMPENSO TRA AGCOM E META

L’Agcom dal canto suo, assistita dall’Avvocatura dello Stato e affiancata dalla Federazione Italiana Editori Giornali, aveva subito fatto ricorso ribadendo ai magistrati del Consiglio di Stato la capitalizzazione di Borsa della società messa in piedi da Mark Zuckerberg: oltre 1.190 miliardi di dollari.

Difficilmente l’equo compenso previsto dal diritto Ue la danneggerebbe in qualche modo, anche laddove la norma italiana si fosse spinta “troppo in là”. Mentre non si può dire lo stesso degli italici editori che, è noto, non versano sempre in buone condizioni. Sempre l’Agcom sottolinea che il suo regolamento non obbliga certo le società di Internet al versamento dell’equo compenso.

COSA HA DECISO IL CONSIGLIO DI STATO

Ed è la tesi accolta dal Consiglio di Stato che, nello scongelare il Regolamento dell’Autorità ha sentenziato che “i pregiudizi prospettati da Meta Platforms non sono concreti ed attuali (si paventa un futuro rischio sanzionatorio)” e non sarebbero “neanche gravi e irreparabili”. Inoltre – ed è un passo particolarmente importante per chi sostiene che l’Autorità italiana abbia troppi poteri –  “il regolamento allegato alla delibera Agcom prevede di fatto un meccanismo per giungere a un accordo ma resta ferma la facoltà di adire il giudice competente”.

Insomma, l’Agcom non si sostituisce certo alla giustizia ordinaria, che resta una strada percorribile per le parti in causa. In più, anche in caso di condanna, Meta avrebbe comunque le spalle sufficientemente larghe per versare quanto richiesto persino nel caso in cui la Corte di Giustizia Ue chiedesse di tirare un tratto di penna sull’intera faccenda.

Resta quindi da attendere cosa sentenzierà la Corte di Giustizia Ue, ma l’aspetto più importante è che col ritorno in pista del Regolamento Agcom sull’equo compenso la normativa comunitaria potrà essere fatta valere (e rispettare) anche nel nostro Paese non solo nel caso tra Meta e Gedi, ma anche in tutti gli altri che si prospettano.

LA SODDISFAZIONE DELLA FIEG

Fieg esprime soddisfazione per la decisione con cui il Consiglio di Stato ha accolto l’appello dell’Autorità Garante per le Comunicazioni (Agcom) contro la sospensione del Regolamento sull’equo compenso per l’utilizzo on line delle pubblicazioni giornalistiche decisa dal TAR per il Lazio su richiesta di Meta.

Sospensione che – come osservato dagli editori Fieg nella memoria a sostegno delle ragioni dell’Autorità – avrebbe avuto come solo effetto quello di privare editori e piattaforme digitali della possibilità di avvalersi dell’apporto di un soggetto terzo competente (l’Agcom), in grado di facilitare il raggiungimento di un accordo, si legge in una nota della Fieg.

Chiosa la federazione degli editori: “All’esito della bilanciata valutazione dei contrapposti interessi operata dal Consiglio di Stato, il Regolamento Agcom torna ad essere efficace e a svolgere la sua funzione fondamentale per il buon esito delle trattative, che da oggi potranno nuovamente svolgersi anche tenendo conto dei criteri di riferimento elaborati dall’Autorità al fine di determinare quanto dovuto agli editori per l’uso che le piattaforme fanno dei contenuti giornalistici”.

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