Le nuove tecnologie rappresentano una parte fondamentale dell’agenda della Nato e l’Alleanza atlantica guarda sempre di più ai prodotti e servizi delle aziende tech.
Negli ultimi tempi le aziende tecnologiche hanno svolto un ruolo fondamentale nel sostenere la resistenza dell’Ucraina, ricorda Politico.
Fino ad oggi oltre 1.300 terminali per l’Internet satellitare Starlink donati da SpaceX all’Ucraina all’inizio del conflitto con la Russia hanno aiutato le forze armate di Kiev a mantenere le comunicazioni e il coordinamento sul campo di battaglia. Anche Aws, l’unità cloud di Amazon, ha aiutato il governo di Kiev a mettere in sicurezza sul cloud Aws gran parte dei propri dati critici. Da parte loro Microsoft e Google hanno aiutato il Paese a fronteggiare gli attacchi informatici.
La guerra in Ucraina significa che “c’è voglia ora” di investire nel mondo della sicurezza difensiva, ha affermato David van Weel, assistente segretario generale della Nato per le sfide emergenti della sicurezza, riporta Politico.
Tanto che al vertice di Madrid della Nato del giugno 2022, i paesi membri avevano lanciato il Nato Innovation Fund (Nif), il primo fondo di capitale di rischio multi-sovrano al mondo. Il programma mira a colmare una lacuna nei finanziamenti per le aziende che lavorano su tecnologie con capacità militari.
E proprio le big tech come Amazon Web Services, Google e Microsoft stanno intensificando i loro sforzi sulla tecnologia a duplice uso. Tuttavia, “avventurarsi nella tecnologia militare comporta rischi per il settore tecnologico” sottolinea ancora Politico.
Tutti i dettagli.
IL PERCORSO DELLE BIG TECH NELLA DIFESA
Sia Google che Amazon hanno dovuto affrontare tumulti interni negli anni passati a causa degli appalti militari.
Dall’aprile 2017 il Pentagono sta lavorando al Maven, noto anche come Algorithmic Warfare Cross-Functional Team (AWCFT), con la missione di “accelerare l’integrazione di big data e machine learning presso il Department of Defense (DoD)”. Il progetto utilizza software di visione artificiale per analizzare automaticamente i filmati raccolti dai droni militari statunitensi. Nell’estate 2018 Google, uno dei primi partecipanti a Maven, ha dichiarato che avrebbe smesso di lavorare al progetto. Il colosso di Mountain View è stato costretto nella decisione proprio dalle proteste dei dipendenti che pretendono Big G sia fuori dal war business.
Altri, come Apple, hanno proceduto con cautela con i progetti nel campo della difesa. Ma la crescente domanda e i profitti potenzialmente enormi hanno comunque spinto le aziende tecnologiche piccole e grandi ad adattare i servizi per soddisfare il mercato della difesa, segnala Politico.
LA POSIZIONE DI AMAZON
Da quando la Russia ha invaso l’Ucraina nel febbraio 2022, Amazon ha lavorato a stretto contatto con il governo ucraino per scaricare dati essenziali e traghettarli fuori dal paese in unità di archiviazione per computer a stato solido delle dimensioni di una valigia chiamate Snowball Edge, incanalando poi i dati nel cloud di Amazon.
“L’industria si sta muovendo a una velocità tale che la difesa vuole trarre vantaggio da una tecnologia moderna come questa”, ha affermato Neil Beet, direttore dello sviluppo software di AWS. “Niente di ciò che abbiamo costruito è fatto su misura per la difesa, è tutta tecnologia commerciale standardizzata, progettata per essere interoperabile, disponibile rapidamente e sostituibile.”
IL NATO INNOVATION FUND CHE PUNTA ALLE AZIENDE TECH
Da quest’estate è operativo il fondo di venture capital della Nato che investirà in startup di deep-tech, comprese quelle che sviluppano tecnologie che potrebbero avere applicazioni militari.
L’Alleanza Atlantica ha lanciato il suo fondo in un momento in cui i venture capitalist sono stati attratti dal settore della tecnologia della difesa, mentre in precedenza se ne erano tenuti alla larga. La guerra in Ucraina, infatti, ha cambiato la percezione, rendendo più facile la raccolta di fondi in questo settore.
Il fondo ha lo scopo di riunire i governi, il settore privato e il mondo accademico per rafforzare il vantaggio tecnologico della Nato. Con una dotazione di 1 miliardo di euro, il Fondo investirà in start-up in fase iniziale che sviluppano tecnologie emergenti a duplice uso. Tuttavia, il fondo ha escluso di investire in start-up che producono armi offensive o in società di venture che possiedono tali aziende.
Soprattutto in Europa, il capitale di rischio per le aziende che operano nel settore della difesa è scarso, ha affermato Van Weel. “Finora molti di questi fondi pensione, fondi di venture capital e la Banca europea per gli investimenti (Bei) non potevano investire in un’azienda che lavorava anche per la difesa. Abbiamo cambiato la situazione creando un fondo che può investire solo in aziende che hanno un marchio a duplice uso, e quello che stiamo vedendo ora è che anche il mercato sta cambiando”.
Infine, Van Weel ha aggiunto che la Nato sta già spingendo la Bei a realizzare le opportunità di mercato nel campo della sicurezza e della difesa.