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E’ vero che Amazon è finita nei guai per i suoi audiolibri?

Sette grandi editori americani – i “Big Five” (Hachette, HarperCollins, Macmillan, Penguin Random House, and Simon & Schuster) e due specialisti di pubblicazioni per bambini – hanno denunciato Audible per violazione del diritto d’autore. L'articolo di Umberto Rapetto

 

“Signori in piedi, entra la Corte” sentiranno dire gli avvocati di Amazon e in particolare quelli che nella holding hanno cura degli affari legali di “Audible”, la società del gruppo che si occupa di audiolibri.

Sette grandi editori americani – i “Big Five” (Hachette, HarperCollins, Macmillan, Penguin Random House, and Simon & Schuster) e due specialisti di pubblicazioni per bambini (tra cui figura Chronicle Books and Scholastic, quella di “Harry Potter” per intenderci) – hanno denunciato Audible per violazione del diritto d’autore. Le aziende, tutte appartenenti alla Association of American Publishers, lamentano “una sorta di quintessenza di infrazione a specifiche prescrizioni sancite dal Copyright Act”.

In termini pratici gli editori accusano Audible di aver inserito la nuova funzione “Captions” che consente di tramutare le parole lette in un testo scritto, così da consentire agli utenti di stampare l’audiolibro e poi di leggere le pagine mentre ascoltano la voce narrante.

Ha fatto sentire la sua voce in proposito anche la “Authors Guild”, considerata la più antica e più grande organizzazione professionale americana per che offre agli scrittori un significativo supporto in materia di libertà di espressione e protezione del copyright.

L’accordo di sfruttamento economico del diritto d’autore vigente tra autori, editori e Audible prevederebbe esclusivamente la lettura dell’opera ed escluderebbe assolutamente la sua riproduzione su carta (che dovrebbe essere disciplinata a parte e, conseguentemente, oggetto di remunerazione aggiuntiva).

L’azienda informatica appartenente ad Amazon si difende dicendo che la sua non è una semplice trascrizione, ma – tenetevi forte – il frutto di una elaborazione effettuata con sistemi di intelligenza artificiale che in sostanza generano un’opera nuova (a loro dire diversa dalla semplice riproduzione scritta).

Al centro del contendere c’è proprio l’ipotetica “trasformazione” dell’opera determinata dalla modalità trascrizione “AI-created” ovvero generata dall’intelligenza artificiale.

Il danno lamentato dagli autori e dagli editori è fin troppo evidente perché un simile strumento si traduce in una vera e propria coltellata al mercato dei libri nel loro formato tradizionale.

Non è la prima bega giudiziaria in materia per il colosso imprenditoriale facente capo a Jeff Bezos. Una decina di anni fa Amazon tento di lanciare una funzione analoga di sintesi vocale che – in quel caso a rovescio – permetteva a chi aveva una pubblicazione in formato digitale di generarne una versione vocale.

All’epoca l’accusa era quella di voler affondare il nascente mercato degli audiolibri che si stava profilando con possibilità di profitto per editori ed autori. Il clamore sollevato in quella circostanza dalla Authors Guild portò Amazon a disabilitare la specifica funzione nei suoi lettori Kindle.

Doug Preston, presidente dell’organizzazione Authors Guild, in un comunicato ha seccamente manifestato il suo disappunto dichiarando: “Non posso credere che Audible abbia un così scarso rispetto per gli autori. C’è una semplice parola inglese per descrivere questo comportamento e la parola è furto”.

La sorte della vicenda adesso è nelle mani dei giudici della Corte di Giustizia del Distretto meridionale di New York. Il duello si prospetta agguerritissimo.

L’unica certezza è che la sentenza non verrà trascritta con la funzione di Audible.

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