L’Italia investe nella digitalizzazione 6 miliardi di euro l’anno (o quasi), ma li investe con una governance poco chiara. A denunciarlo è la Corte dei Conti nel “Referto in materia di informatica pubblica” pubblicato a fine novembre, in cui ricorda che nonostante tutti gli sforzi siamo ancora tra le ultime posizioni della classifica Desi.
Qual è il problema? La governance, sostiene la magistratura contabile, che ha siglato un protocollo d’intesa con il Ministero per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione guidato da Paola Pisano. Andiamo per gradi.
L’INTESA
Partiamo da quello che potrebbe cambiare il futuro digitale dell’Italia. Angelo Buscema, presidente della Corte dei Conti, e la ministra Paola Pisano hanno siglato un accordo per “la promozione e il monitoraggio della trasformazione digitale della Pubblica amministrazione”.
Le due realtà hanno individuato un percorso di azioni comuni da promuovere per accelerare la trasformazione digitale del BelPaese.
SOLDI SPESI MALE
Ed in effetti, la digitalizzazione è qualcosa che deve prendere piede al più presto. “Le stime più accreditate dichiarano una spesa complessiva di circa 5,8 miliardi l’anno per l’informatica pubblica, tra risorse nazionali e comunitarie”, si legge nel Referto, che specifica anche come tali risorse vengano “utilizzate in misura limitata e non sempre nel modo più razionale” (qui i dettagli).
ITALIA TRA LE ULTIME DELLA CLASSIFICA DESI
E così, l’Italia si ritrova tra i Paesi peggiori, a livello europeo, in fatto di digitalizzazione: “In uno scenario europeo già non ottimale, l’Italia fatica, collocata ancora agli ultimi posti della classifica del DESI, il Digital Economic Strategy Index, con cui l’Europa classifica il processo di digitalizzazione in atto negli Stati partecipi del patto comunitario”, si legge nel rapporto. “Di fatto, l’amministrazione pubblica italiana, e il sistema paese in senso più ampio, sta soffrendo un ritardo ancora eccessivo per la lentezza di adattamento alla velocità di questo cambiamento, sia rispetto all’utilizzo adeguato delle tecnologie, sia, soprattutto, rispetto alla trasformazione digitale dei processi”.
SERVE COORDINAMENTO (VERO) ITC
Il problema è anche e soprattutto di governance, secondo la Corte dei Conti: “L’esigenza di un coordinamento dell’ICT pubblica” è stata cosa “da tempo affrontata dal Legislatore, con strategie nazionali di regia unitaria finalizzata all’ammodernamento e all’efficienza, massimizzando le sinergie e razionalizzando il patrimonio pubblico ICT”, sostiene la Corte dei Conti, che però osserva criticamente: “Tuttavia, gli sforzi messi in campo, hanno portato sinora più ad un ripetuto cambiamento di organizzazione delle varie strutture centrali preposte che a effetti rilevanti”.
QUADRO CONFUSO E FRAMMENTATO
La denuncia della Corte dei Conti si spinge anche oltre: “Ad oggi i risultati delle azioni di coordinamento appaiono limitati, dovendosi registrare frammentazione degli interventi, duplicazioni, scarsa interoperabilità e integrazione dei servizi sviluppati. Ciò anche con riferimento al monitoraggio della spesa, dell’attività contrattuale, dei risultati conseguiti e dei servizi resi”.
SERVE GOVERNANCE COESA
Quale la soluzione? È presto detto: serve una governance più coesa: “La pluralità delle figure istituzionali attualmente chiamate ad operare per la trasformazione digitale della PA, è tale da rendere necessaria una riflessione sulla esigenza di una governance più coesa e strutturata”. È necessario “superare le frammentazioni e le sovrapposizioni nell’ambito della governance in materia: il Governo, il Dipartimento della funzione pubblica, il Ministero dell’economia e delle finanze, il Ministero per lo sviluppo economico, il Commissario per l’attuazione dell’Agenda digitale che sarà presto sostituito dal Dipartimento per l’Innovazione l’Agenzia per l’Italia digitale (attraverso anche il suo Comitato di indirizzo) fino alle oltre 20.000 Pubbliche amministrazioni, le società in house, Consip e le centrali di committenza”, si legge nel Referto della Corte dei Conti (qui i dettagli).
VERSO NUOVI SCENARI?
Qualcosa, comunque, sta per cambiare. Almeno secondo quanto ritiene la Corte dei Conti: “Scenari nuovi dal 2020 sono da attendersi, quindi, con la prossima declinazione delle funzioni operative del Ministero per l’innovazione e le tecnologie e del Dipartimento per la trasformazione digitale, chiamato quest’ultimo a garantire la realizzazione degli obiettivi dell’Agenda digitale italiana in coerenza con l’Agenda digitale europea, e ad assicurare lo svolgimento dei compiti necessari per l’adempimento degli obblighi internazionali assunti in materia di innovazione tecnologica e digitale nonché il coordinamento operativo tra le amministrazioni dello Stato interessate, a vario titolo, al perseguimento degli obiettivi di Governo in materia di innovazione e digitalizzazione. Occorrerà pertanto rendere coerenti i compiti attribuiti al Ministro e al nuovo Dipartimento con le competenze delle strutture già presenti”.
IL FUTURO
“Il futuro dell’informatica pubblica italiana resta, quindi, legato anche ad una più ampia ed incisiva convergenza delle iniziative, con una governance unitaria dotata di poteri concreti nella definizione delle strategie di digitalizzazione e di coordinamento effettivo delle Pubbliche amministrazioni centrali e periferiche, con compiti chiari e definiti, in grado di tradurre le politiche di settore in azioni che trovino la loro sintesi nel Piano triennale e che ne assicurino l’attuazione a livello nazionale”, sostiene la magistratura contabile.