Se l’assunto è che i sistemi di IA trasformeranno l‘economia globale e il mondo, allora sono i data centre dove si immagazzina tutta quella capacità di calcolo a rappresentare l’industria madre del futuro. Ma a questo punto sollevato da un recente approfondimento del Financial Times se ne accompagna un secondo tutto di natura geopolitica: data la rilevanza strategica dei data center, i governi e soprattutto le grandi potenze hanno avviato una serrata competizione a chi li produce e assembla, a chi li controlla e soprattutto sulla loro localizzazione.
La nuova guerra sui data centre
Tutti i sistemi avanzati di IA operano presso data centre che sono pieni di chip di ultima generazione come quelli prodotti da Nvidia e di semiconduttori a banda larga.
Su queste tecnologie è già in coeso uno scontro pesantissimo tra Usa e Cina con i primi che hanno imposto rigidi controlli alle esportazioni dei chip più adatti all’IA mentre altre restrizioni, ad esempio sui chip avanzati di memoria, potrebbero essere presto aggiunte all’elenco.
Cosa fanno gli altri?
Vista la posta e le turbolenze geopolitiche in atto, i vari Paesi nel mondo stanno correndo ai riparti costruendo in gran fretta data centre sul loro territorio.
Due potenze del Golfo in particolare come Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti si stanno apertamente proponendo come hub dell’IA a colpi di investimenti multimiliardari di nuove infrastrutture informatiche.
Ma anche Paesi minori come il Kazakistan hanno in cantiere un proprio data centre dove si svilupperanno modelli linguistici in lingua locale, mentre la dinamica Malesia sta sperimentando un vero e proprio boom del settore alimentato da cospicui investimenti di compagnie americane e cinesi.
Le mosse degli Usa
Vista la priorità attribuita all’impedire che la Cina consolidi le proprie posizioni nel mondo, Washington non può far altro che corteggiare attivamente ogni attore possibile per farlo saltare sul proprio carro dell’IA.
Un esempio chiave lo fornisce la visita compiuta a maggio negli Usa dal presidente del Kenya Ruto durante la quale la Casa Bianca ha annunciato con malcelato orgoglio che Microsoft avrebbe costruito nel Paese africano un maxi data dentre che avrebbe offerto servizi avanzati di cloud computing.
L’inghippo
Ciò che per il Financial Times non è chiaro è perché la Casa Bianca, nel rendere pubblico l’accordo di Microsoft, non abbia ricordato che nel progetto sarà coinvolta quell’azienda emiratina chiamata G42 che ha una lunga storia di cooperazione con Pechino e addirittura con aziende cinesi come Huawei.
Microsoft, per inciso, ha da poco annunciato di voler investire 1,5 miliardi di dollari in G42. Ma è evidente, sottolinea il Financial Times, che a Washington avrebbero chiesto delle salvaguardie ben precise, che potrebbero anche servire, rimarca il quotidiano, come modello generale di cooperazione valido anche in altri contesti.
Ciò che è certo è che la competizione a chi controllerà questi templi dell’innovazione, e i tentativi alla Cina di assumere un ruolo rilevante, scandiranno i mesi e gli anni a venire.