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Pensione

Cosa c’è nell’ultimo (e più consistente) pacchetto di aiuti militari americani all’Ucraina

Tutti i dettagli sul pacchetto di aiuti militari di quasi 3 miliardi di dollari annunciato dalla Casa Bianca in favore di Kiev. L'analisi di Giovanni Martinelli

 

Preannunciato con appena 24 ore di anticipo, nella giornata del 24 agosto è puntualmente arrivato il comunicato della Casa Bianca su un nuovo pacchetto di aiuti militari del valore di ben 2,98 miliardi di dollari a favore dell’Ucraina. Il più consistente fra quelli fin qui preparati da Washington per Kiev e tale da far salire a 13,6 miliardi dollari la somma di quanto fornito dall’Amministrazione Biden, ben 12,9 dei quali a partire dal 24 febbraio.

Un pacchetto la cui importanza va però oltre la sola cifra, dato che dietro di essa si nascondono altri aspetti che non possono essere certo trascurati; aspetti (fortemente) simbolici e pratici. Per i primi, il dato evidente è che l’annuncio della Casa Bianca arriva a 6 mesi esatti dall’inizio dell’aggressione Russa all’Ucraina e nel giorno della festa di indipendenza di quest’ultima; in questo modo, il Presidente Biden ha voluto ribadire la (ferma) volontà degli Stati Uniti di continuare a sostenere la resistenza del Paese aggredito, anche nel lungo periodo.

Laddove quest’ultimo elemento, legato proprio agli aspetti pratici di cui sopra, diventa un altro elemento importante. A differenza infatti delle precedenti forniture costituite in larga parte dai cosiddetti “Presidential Drawdown Authorities” (cioè materiale militare prelevato quasi sempre dall’arsenale delle Forze Armate Americane, in modo da arrivare rapidamente in Ucraina), qui si parla di un passaggio inserito nella “Ukraine Security Assistance Initiative”. E cioè una iniziativa più strutturata, avente comunque lo stesso obiettivo di fornire di mezzi, sistemi, equipaggiamenti e pacchetti di addestramento che però saranno erogati più avanti nel tempo.

Questo in modo da poter sostenere lo sforzo militare Ucraina in maniera stabile e duratura; a dimostrazione che il conflitto in corso è destinato a durare a lungo e che quindi Kiev ha e avrà sempre più bisogno di modificare in maniera profonda il proprio arsenale; spesso ancora di origine “ex-Sovietica” e quindi non sostenibile dall’Occidente.

Del resto, a parte alcune difficoltà, è evidente che l’afflusso continuo di armi e munizioni provenienti dall’Occidente ha davvero contribuito in maniera decisiva a modificare il quadro delle operazioni belliche; oggi in una situazione di stallo a fronte dell’arresto dell’avanzata Russa e che potenzialmente, proprio in virtù delle iniziative messe in campo a favore di Kiev, potrebbe anche porre le basi di un cambiamento nei prossimi mesi.

In questo senso, è peraltro utile evidenziare che l’approccio più sul medio-lungo termine si sta chiaramente affermando un po’ in tutta la coalizione internazionale che sostiene l’Ucraina. Prova ne siano, per esempio, gli ulteriori aiuti previsti dalla Germania (anche questi con un orizzonte fino al 2023), l’iniziativa volta ad addestrare 10.000 militari Ucraini ogni 4 mesi avviata dal Regno Unito (con la successiva collaborazione di diversi altri Paesi) e che alla luce del suo successo sarà con ogni probabilità prorogata nonché, infine, il probabile prossimo avvio di una simile missione in ambito Unione Europea.

Nel dettaglio poi, la nuova fornitura Americana a Kiev sarà incentrata su 6 batterie antiaeree aggiuntive National Advanced Surface-to-Air Missile Systems (NASAMS), fino a 245.000 munizioni per pezzi di artiglieria da 155 mm, fino a 65.000 proiettili per mortai da 120 mm, fino a 24 radar per il fuoco di contro-batteria, un numero imprecisato di UAS (Unmanned Aerial System) del tipo Puma e supporto per i simili Scan Eagle, sistemi Vampire (qui presentati per il contrasto degli UAS nemici ma che in realtà possono essere impiegati per una grande varierà di bersagli) con annessi razzi guidati e ulteriori fondi per addestramento, manutenzione e supporto logistico.

La lista dunque degli armamenti fin qui promessi (e in larghissima parte già consegnati; a parte alcune eccezioni legate a specifici problemi tecnici) è così davvero lunga. E nulla vieta che lo possa diventare ancora di più; anzi! Si ricorda infatti che lo scorso maggio, il Congresso Americano aveva approvato una legge che stanzia ben 40 miliardi di dollari in aiuti economici e militari sempre a  favore di Kiev.

E comunque, come si accennava poco sopra, resta da evidenziare il fatto che dalla coalizione internazionale che sostiene l’Ucraina non emergono particolari segnali di “fatica”. Oltre infatti agli Usa, è da evidenziare lo sforzo messo in atto da molti altri Paesi, sotto forma di forniture militari dirette e/o sostegno finanziario sempre in questo ambito. A partire dallo stesso Regno Unito (anch’esso da sempre a fianco di Kiev) che ha appena fornito un altro pacchetto di aiuti diretti, per passare alla Germania che, dopo le iniziali resistenze, si sta invece affermando come uno dei maggiori fornitori di armamenti all’Ucraina.

Ma non solo, anche altri Paesi più o meno grandi stanno compiendo sforzi davvero significativi; magari inferiori in valore assoluto ma (in realtà) ancora più importanti se posti in relazione al peso relativo di chi li fornisce. È il caso dell’Est Europa, con la Polonia in una posizione di primissimo piano ma con contributi significativi anche da parte di Repubblica Ceca e Slovacchia (così come dalla Bulgaria, in maniera “discreta”). Non da meno sono le 3 Repubbliche Baltiche ex-Sovietiche (Estonia, Lituania e Lettonia) o alcuni Paesi del Nord Europa (Norvegia, Danimarca e Svezia).

Per tornare nel “cuore del Continente” si segnala poi anche l’Olanda, mentre (per esempio) la Francia per quanto fatto finora appare al di sotto delle proprie possibilità. Ma alla fine, anche Paesi “marginali” come Slovenia e Macedonia hanno fornito un contributo interessante. A parte, la Turchia la quale, nonostante una posizione solo all’apparenza equidistante, in realtà sostiene militarmente Kiev. Per finire poi a 2 Paesi distanti (o molto distanti) dall’Ucraina stessa, eppure impegnati a fondo: Canada e Australia.

Insomma, un elenco lungo, rispetto al quale spicca (al netto della sempre più incomprensibile segretezza su quanto fornito) l’assenza dell’Italia. Certo, come appena scritto, sul giudizio complessivo su quanto fatto in termini pratici dal nostro Paese pesa la totale mancanza di informazioni; ciò non toglie che la sensazione, molto diffusa, è che alla fine l’Italia stessa abbia aiutato poco l’Ucraina da un punto di vista militare.

 

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