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Con X Tv ora Elon Musk sbarca pure in televisione

Il magnate sudafricano compie un ulteriore passo nel suo progetto di rendere X una piattaforma centrale nella Rete: dopo le videochiamate stile Skype, arriva X Tv. La piattaforma, che ha perso gran parte del suo valore dall'ingresso di Musk e ha subito una emorragia di inserzionisti, tenta insomma il riscatto. Ma su quel cammino si stagliano le norme di Bruxelles...

Prende corpo il progetto di Elon Musk di fare del suo social X una piattaforma multiservizi, sulla falsariga della cinese WeChat che costituisce da anni l’estensione virtuale di ciascun cittadino asiatico che intenda non solo messaggiare con altri utenti, ma anche essere informato, pagare online e persino dialogare con la pubblica amministrazione. Il primo passo in tal senso, che traccia una linea netta tra X e quello che fino a oggi era stato il suo core business canonico, è sicuramente X Tv.

X TV, OVVERO LA TELEVISIONE DI MUSK E DEI SUOI AMICI

Disponibile solo negli Usa e in versione beta, X Tv per ora è stata descritta dai giornalisti d’Oltreoceano che hanno avuto modo di provarla come una versione triste di YouTube, nella quale non viene prestata molta attenzione alla qualità – anche tecnica – dei contenuti, talvolta aventi natura offensiva.

Ma, soprattutto, stando ai primi resoconti, X Tv pare la trasposizione video della bacheca di Elon Musk: conterrebbe per lo più tantissimi contenuti promozionali su Tesla e SpaceX, altre due aziende dello sterminato portafoglio dell’imprenditore di area repubblicana. E, dato che Musk affianca in un certo qual senso Donald Trump nella corsa per la Casa Bianca (il tycoon gli ha promesso un posto da consulente, che Musk ha subito accettato), non mancano contenuti politici, per lo più del controverso e discusso giornalista Tucker Carlson, vicinissimo all’egoarca repubblicano.

LE INCOGNITE EUROPEE

Se i video non dovessero aprirsi al pluralismo e risultassero “pilotati” (pare che l’algoritmo di X sia stato forzato a più riprese per dare massima visibilità ai tweet del suo proprietario), questo aspetto potrebbe rendere l’approdo di X Tv ancora più problematico in Europa, che col Dsa vigila sui contenuti sensibili, in particolare quelli che veicolerebbero fake news.

Non solo: una crescita dell’utenza (al momento non c’è stata, anzi, la piattaforma pare da tempo incagliata nelle secche) potrebbe far rientrare X tra i gatekeeper individuati da Bruxelles con una attenzione particolare per ciò che concerne gli obblighi del Dma, il Digital Markets Act. E questo vorrebbe dire, per Musk, dover rispettare molte altre norme per non comprimere la concorrenza.

LA CORSA DI MUSK PER RENDERE X CENTRALE

Ma torniamo a ciò che bolle in pentola nel calderone di X. Chiara l’intenzione di Musk di rendere X un servizio indispensabile per chiunque navighi in Rete. L’ultimo aggiornamento in tal senso era stato l’introduzione di videochiamate stile Skype, così da strizzare l’occhio ai programmi utilizzati anche negli uffici per riunioni in remoto.

Si tratta di un percorso tutto in salita, ma potrebbe essere il solo idoneo a invertire la costante perdita di valore della piattaforma che nell’ottobre del 2022, quando cioè Elon Musk l’ha comprata, valeva 44 miliardi di dollari (il prezzo della compravendita), mentre nel giro di circa un anno aveva perso addirittura il 71,5 per cento del suo valore: un documento interno riportato poi dai media sentenziava che la valutazione di X fosse di “appena” 19 miliardi di dollari.

X PUO’ DAVVERO DIVENTARE LA NUOVA WECHAT?

WeChat che, come si anticipava, è diventata una piattaforma multi-servizi, conta oltre 1,3 miliardi di utenti, numero che basta a intuire perché un simile modello faccia gola a Elon Musk. Inoltre la piattaforma cinese ha ormai permeato ogni aspetto della vita virtuale dei cittadini del Dragone, diventando persino cruciale nella pandemia.

Difficile replicare il modello in Occidente, dato che le autorità antitrust vigilano proprio per evitare simili concentrazioni idonee a falsare il gioco della concorrenza: le recenti norme europee sulla liberalizzazione del mercato digitale costituiscono poi un ulteriore ostacolo nei piani di Musk di creare “l’app definitiva”. E forse si spiega perché ultimamente il magnate di origini sudafricane ha attaccato a più riprese Bruxelles e, in particolare, i commissari alla Concorrenza e per il Mercato interno.

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