Dopo le permeanti fake news, arrivano i falsi messaggi di testo indirizzati direttamente ai parlamentari repubblicani Usa da un mittente apparentemente attendibile.
L’inquinamento dei processi decisionali arriva direttamente sul telefonino di chi siede sulle poltrone che contano. Nel difficile momento in cui in America aleggia lo “shutdown”, l’Fbi sta indagando sull’imbarazzante situazione venutasi a creare in questi giorni.
Qualcuno, presentandosi come la responsabile dell’Ufficio Stampa del Vice Presidente degli Stati Uniti, Mike Pence, ha inoltrato una serie di comunicazioni ai colleghi del GOP (Good Old Party, come viene popolarmente individuata la formazione politica oggi in maggioranza oltreoceano) per conoscere dove si trovassero e per verificare la loro disponibilità a partecipare a riunioni. A spedire i messaggi risultava apparentemente essere Alyssa Farah, collaboratrice storica della Casa Bianca che negli anni si era guadagnata una comprensibile credibilità.
Quel che è accaduto evidenzia la fragilità delle comunicazioni affidate ai dispositivi mobili anche da personaggi con ruoli istituzionali di spicco: i messaggi in questione – apparentemente innocui – hanno consentito di conoscere delicati dettagli sui deputati, dagli spostamenti (con inevitabili riverberi sulla loro sicurezza personale) ai relativi interessi (con trasparenza su attenzione e coinvolgimento sui temi oggetto dei fantomatici meeting).
Il fenomeno non risulta essere nuovo (circostanza che inquieta vieppiù) perché l’onorevole Adam Kinzinger, veterano dell’Air Force e membro di numerose commissioni parlamentari, si era già rivolto alle autorità per rappresentare simili disdicevoli episodi. La sua portavoce Maura Gillespie ha evidenziato che per mesi e mesi sono state fatte segnalazioni di queste bufale alle Forze dell’Ordine e solo adesso qualcuno avrebbe manifestato interesse ad affrontare e risolvere il problema.
La Casa Bianca, ben comprendendo la pericolosità della situazione, ha bloccato il numero telefonico con cui sono stati inoltrati i messaggi falsi frutto del furto di identità della signora Farah, ma saranno le investigazioni attualmente in corso a fare luce su quanto sta accadendo.
La guerra dell’informazione negli ambienti governativi americani ha conosciuto una vera e propria escalation proprio nella stagione Trump. Nel 2017 uno sviluppatore web britannico pose in evidenza come diversi sedicenti funzionari della White House sollecitavano via mail importanti personaggi del Governo per ottenere risposte che successivamente venivano pubblicate in maniera poco opportune.
Qualche mese fa – parliamo di novembre scorso – due importanti aziende di sicurezza informatica (FireEye e CrowdStrike) avevano segnalato che hacker al servizio di Mosca stavano rubando l’identità di dirigenti e impiegati del Dipartimento di Stato Usa per inoltrare messaggi di posta elettronica con contenuti falsi e fuorvianti o con virus informatici a importanti settori governativi Usa e in particolare a quello della Difesa.
Il problema non è soltanto a stelle e strisce. Se pensiamo all’uso disinvolto e inconsapevole che, dalle nostre parti, politici e grand commis fanno di smartphone e tablet, non c’è affatto da stare tranquilli.
Se poi ci si ricorda degli attacchi hacker alla piattaforma di comunicazione Rousseau, che costituisce il tessuto connettivo del Movimento 5 Stelle, è innegabile una significativa condizione di vulnerabilità anche italiana.
Se, infine, si è visto il deplorevole stupro delle caselle di posta elettronica certificata dei Ministeri dell’Interno, della Giustizia e dello Sviluppo Economico con cui abbiamo chiuso allegramente il 2018, ci si rende conto che è criminale non adottare provvedimenti strutturali in un contesto tanto nevralgico quanto colpevolmente surclassato da chi dovrebbe provvedere con serietà e senza ulteriore ritardo.
Umberto Rapetto
Generale (ris.) della Guardia di Finanza – già comandante del GAT Nucleo Speciale Frodi Telematiche
Docente universitario, giornalista e scrittore
CEO @ HKAO Human Knowledge As Opportunity
Consigliere di amministrazione di Olidata con delega alla cybersecurity