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Vi spiego che cosa fa Avaaz per evitarci falsi spettacoli nel ring di Facebook

La comunità di “Avaaz” ha dato una lezione di civiltà e ha regalato un soffio di respiro alla flebile speranza di un futuro migliore.

L’uomo supera le macchine. E’ la soddisfazione che fa da sfondo ad un’altra grande gioia, quella della chiusura di ventitré pagine Facebook che vomitavano false notizie e irroravano le radici dell’odio più profondo.

La grande e sana comunità di “Avaaz” ha dato una lezione di civiltà all’intero pianeta e ha regalato un soffio di respiro alla flebile speranza di un futuro migliore.

L’alito pesante degli “haters” – poco importa se professionali o improvvisati – è stato stroncato da una sorta di Vigorsol dell’animo: la ricerca consegnata al quartier generale del ciclopico social network è andata a segno come il dardo di Guglielmo Tell che si conficca nella leggendaria mela e ha determinato la rapida eliminazione di quei barili di informazione tossica che erano destinati ad inquinare la già fin troppo difficile e compromessa convivenza nazionale.

Avaaz, etimo di radice persiana e termine tutt’ora presente nella lingua turca, significa “suono” e vuol indicare la voce che riesce a farsi sentire nel colpevole silenzio degli indifferenti e nel frastuono di bugiardi incalliti e gratuiti fomentatori. L’associazione sotto quell’insegna, nata nel 2007 e presente in 194 Paesi, vanta oltre quaranta milioni di iscritti che in giro per il mondo hanno la dimensione e la forza di una Nazione che guarda al futuro dell’umanità, cercando di contrastare vessazioni di ogni sorta e di salvaguardare i diritti fondamentali dei cittadini. Il lavoro puntuale dei volontari di “Avaaz” ha dimostrato che il fenomeno delle fake news si può contrastare efficacemente a dispetto delle tante chiacchiere, degli onirici disegni di legge, dei tanto soliti quanto inutili convegni sul tema.

Il report è un vero e proprio siluro sotto la linea di galleggiamento di quelle torpediniere che abitualmente sparano amenità fantasiose, inventano dichiarazioni infondate attribuendole ai più diversi personaggi famosi (e come tali da non perdonare), concimano di astio l’insoddisfazione dei beceri cultori del risentimento aprioristico.

Se le bugie hanno le gambe corte, certi politici manifestano un nanismo che fa apparire come giganti anche i vituperati esponenti della Prima Repubblica. E lo sgambetto di Avaaz fa inciampare la corsa apparentemente incontrastata dell’intolleranza e del fanatismo. La verità, accartocciata dai mentitori multimediali, riprende con fatica il suo spazio vitale. La vera e propria crociata della coraggiosa ONG non riguarda solo l’Italia perché gli estremisti della mala informazione sono presenti ovunque (circostanza che certo non consola e, anzi, intristisce vieppiù).

Dovremmo seguire il modello di chi ha eseguito il monitoraggio, ha selezionato pagine e gruppi meritevoli di attenzione, ha analizzato e classificato i contenuti, ha rilevato le irregolarità rispetto le “condizioni di utilizzo” di Facebook (elemento fondamentale e imprescindibile in un posto dove la “legge” nulla può…), ha sfidato la marmorea rigidità delle procedure di casa Zuckerberg, ha ottenuto un risultato memorabile.

Il video degli immigrati che demoliscono un’auto dei Carabinieri ha suscitato lo sdegno collettivo: la sequenza filmata era uno spezzone cinematografico, ma il realismo della scena e dieci milioni di visualizzazioni hanno consacrato una bufala epocale come nettare di conoscenza. Chissà quanti hanno travasato quel clip su WhatsApp o in altri contesti di condivisione, saziando una presunta sete di giustizia con invocazioni di giustizialismo.

Mi auguro serva di esempio, ma sono sicuro che domani i crocevia dei social saranno nuovamente affollati di cybernauti pronti a scambiarsi testi e filmati che – privi di fondamento – costituiranno la morfina per sedare la propria disperazione. Il sogno di un domani migliore potrebbe non avverarsi e quindi è pensiero diffuso che ci si possa accontentare che qualcun altro (magari negro o, una volta, terrone) stia peggio.

Il meridionale, quello che veniva “dal tacco” o “dalla bassa Italia”, oggi emancipato perché in coda alla classifica adesso ci sono immigrati e profughi, applaude felice. Il povero disgraziato, cui la sorte non ha riservato attenzioni affettuose, si sente realizzato perché con un semplice post o un minuscolo tweet può insultare potenti e intoccabili. Una falsa notizia può essere, per loro, il gong per iniziare il nuovo round quotidiano.

Avaaz sta lavorando per evitarci l’atroce spettacolo di questo inammissibile ring. L’augurio è che li metta tutti al tappeto.

 

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