Chissà che cosa ne penserebbe Marco Polo. La Via della Seta cinese è diventata un colossale progetto infrastrutturale che ha uno dei punti di forza nei satelliti, strumento principe per la diffusione di Internet nelle aree in digital divide e simbolo di competenze tecnologiche che si traducono in potenza geopolitica. La Cina non è certo nuova ai lanci spaziali, ma i satelliti nella Belt and road iniziative (Bri) sono le veloci e strategiche autostrade digitali che affiancano le vie di comunicazione fisiche (comunque uno dei pilastri dell’iniziativa, anche in Italia). Su Quartz l’esperto Blaine Curcio di Orbital Gateway Consulting sottolinea che i satelliti non servono solo per studiare meteo e clima ma per le telecomunicazioni e la sicurezza e la Cina potrebbe tentare di venderli come parte di un pacchetto “tutto compreso” che include attrezzature e servizi, portando online case, scuole, ospedali o uffici. E’ una strategia che fa crescere l’influenza politica cinese e promuove le sue imprese, con ripercussioni potenziali, però, sul libero accesso alle comunicazioni o sulla cyber-sicurezza.
BRAND BRI PER LE AZIENDE CINESI
Il 5 giugno la Cina ha messo in orbita il satellite meteorologico Fengyun-2H connesso con la Bri; a novembre scorso sono stati lanciati due satelliti per la navigazione che usano il sistema BeiDou-3, l’alternativa cinese all’americano Global positioning system (Gps). Un numero crescente di imprese della Cina pubblicizza i propri satelliti o servizi col brand “Belt-and-road”, specialmente nei paesi dove la Cina già investe per le altre infrastrutture parte della nuova Via della Seta. Per esempio, la statale China Great Wall Industry (Cgwic) ha stretto un accordo con la Nigeria per vendere due satelliti per le comunicazioni: il finanziamento lo fornisce la Cina in cambio di una partecipazione in Nigcomsat, azienda pubblica nigeriana delle comunicazioni satellitari. Separatamente in Nigeria sono in corso progetti infrastrutturali per almeno 25 miliardi di dollari finanziati tramite la Cina e connessi con la Bri. Cgwic ha lanciato satelliti per le comunicazioni anche in Laos e Pakistan, altri paesi coinvolti nelle iniziative della Bri.
CI SONO ANCHE I “PRIVATI”
Altro operatore satellitare pubblico che ha dato il suo supporto alla Bri è Satcom, ma nell’arena ci sono anche le aziende non statali: dal 2015 (quando Pechino ha aperto l’industria dello spazio ai capitali privati) oltre 60 imprese cinesi sono entrate nel business dello spazio, tra cui il produttore di hardware Tatwah Smartech, che ha acquisito di recente alcuni operatori satellitari (in Sri Lanka e Malaysia) con l’obiettivo di espandere i suoi servizi di telecomunicazione e pubblicizza la sua attività col “brand” Bri.
SGAMBETTO AL GPS AMERICANO
La Cina affida ai satelliti il compito di creare un corridoio di informazioni spaziali per la Bri (“Belt-and-Road spatial information corridor”), promuovendo su scala globale il sistema di posizionamento BeiDou concorrente del Gps e stimolando l’esportazione di dispositivi mobili che comunicano con quel sistema (per esempio, quelli di Huawei e Xiaomi possono usarlo). Il sistema BeiDou copre ad oggi una trentina di nazioni.
FRA PREDOMINIO HITECH E CYBER-SECURITY
Gli esperti fanno notare che nell’espansione infrastrutturale della Cina si mescolano più fattori: ingenti iniezioni di capitale che tuttavia possono creare lunghi debiti da ripagare per le nazioni (specialmente in Africa), espansione dell’influenza politica di Pechino e affermazione delle sue tecnologie su scala globale (su cui si innesta l’attuale guerra commerciale degli Usa di Donald Trump). Una tipica strategia da super-potenza che non è nuova sullo scacchiere mondiale ma che ora si arricchisce dell’elemento dell’innovazione hitech: le telecomunicazioni e il digitale sono strumenti di sviluppo economico e di conoscenza, ma anche un mezzo di controllo dell’accesso a Internet e della libera circolazione di informazioni e idee, nonché un sistema di tracciamento che può sfociare in arma per la cyber-warfare.
Secondo alcuni osservatori, proprio le implicazioni politiche se non militari potrebbero finire col creare una fila di ostacoli lungo la nuova Via della Seta e limitare la capacità delle aziende cinesi di fare affari e soprattutto acquisizioni all’estero: Quartz scrive che Tatwah non è riuscita a comprare un operatore telecom internazionale con sede in Asia che usa satelliti americani, perché non rispondeva ai requisiti della US International traffic in arms regulation (ITAR) che regola l’esportazione di prodotti, servizi e materiali di difesa (nonostante l’azienda cinese, quotata a Shenzhen, dica di finanziarsi esclusivamente con capitali privati).