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Nuovo Pirellino - Manfredi Catella

Ciclone Manfredi Catella sulla Milano post Covid?

Tutte le ultime mosse immobiliari a Milano di Manfredi Catella di Coima sgr

Milano riparte. O almeno ci prova. E lo fa replicando uno dei suoi simboli più moderni e applauditi in tutto il mondo: il Bosco verticale di Stefano Boeri. Sempre l’archistar, in collaborazione con Diller Scofidio + Renfro e Stefano Boeri Architetti, ha elaborato la Torre botanica. Si tratta di un progetto che contempla la ristrutturazione di due edifici e la creazione di un nuovo grattacielo. Tutto questo nel Pirellino di Milano, il complesso di edifici di via Pirelli acquistati nel 2019 da Coima per circa 200 milioni di euro. C’è insomma ancora una volta Manfredi Catella (renzianissimo della prima ora. Al Corriere, nel novembre del 14, dichiarò: «Me lo hanno presentato un paio d’anni fa in un incontro alla fondazione Metropolitan. C’erano Francesco Micheli e Davide Serra. Con Renzi c’è sintonia umana prima ancora che politica. Mi è sembrato subito uno che ci crede, uno che lavora. Mi piace l’approccio, l’insistere sul tema della discontinuità culturale. Ha capito che questo Paese va cambiato dalle fondamenta») dietro la trasformazione del capoluogo lombardo e l’ennesima torre che ne rivoluzionerà lo skyline.

L’ULTIMO COLPO DI MANFREDI CATELLA

Il Pirellino è un edificio degli anni ’60, rimasto a lungo senza compratori, che apparteneva al Comune di Milano. La fortuna, per Palazzo Marino, è stata riuscire a sbarazzarsene prima che esplodesse la pandemia. La vendita è avvenuta infatti a inizio 2019, quando la città sembrava non conoscere ancora limiti di sviluppo. Basti pensare che la base d’asta era di 87 milioni di euro, cifra praticamente raddoppiata nel corso di una battaglia all’ultimo rilancio in cui l’ha spuntata Coima, che raccoglie fondi italiani ed esteri. Battuti persino colossi del calibro degli americani di Blackstone e dei cinesi di China Investment. Insomma, parafrasando il detto, a Milano non si muove mattone che Manfredi Catella non voglia…

IL RE DEL MATTONE

Non si sarà spinta oltre Coima? Al Corriere della Sera Manfredi Catella assicurò che il gioco valesse la candela: «Milano sta esprimendo grande innovazione ed è ormai entrata nel radar degli investitori internazionali che stanno crescendo dimensionalmente diversificando i propri investimenti a livello internazionale scegliendo le città con maggiori prospettive di crescita. A Milano abbiamo deciso di concentrarci sui luoghi che riteniamo abbiano maggiore prospettiva di sviluppo, in particolare in Porta Nuova, negli scali ferroviari e nei quartieri adiacenti, dovendo necessariamente rinunciare ad altre aree di sviluppo, come l’ex area Falck a Sesto San Giovanni o Santa Giulia, a Rogoredo. Si tratta di una scelta che con le recenti acquisizioni dell’ex sede dell’Inps, l’ex edificio Telecom, delle aree di Melchiorre Gioia, il “Pirellino” completa il cerchio raddoppiando lo sviluppo di Porta Nuova che ha rigenerato l’ex scalo ferroviario di Garibaldi».

CHE COS’È LA TORRE BOTANICA

Il progetto di Manfredi Catella inizia ora a prendere forma, almeno nei rendering presentati alla stampa. Torre botanica sarà l’ultimo grattacielo a comparire nello skyline di Milano (non si conosce però nemmeno la data di apertura del cantiere) da 1.700 metri quadrati di vegetazione distribuiti su più piani, a strati come le torte delle nonne. Secondo i progettisti costituirà un polmone verde in grado di produrre 9 tonnellate di ossigeno l’anno e assorbire 14 tonnellate di anidride carbonica. Con 2.770 metri quadri di pannelli fotovoltaici la Torre botanica sarà in grado di produrre il 65% del proprio fabbisogno energetico. Il complesso, per la cui realizzazione occorrerà l’investimento di circa 1 miliardo di euro (ma creerà non meno di 5mila posti di lavoro), conterà tre edifici: il Pirellino trasformato, la nuova Torre botanica e il ponte scavalca via Melchiorre Gioia che diventerà una serra, ma anche uno spazio espositivo al chiuso.

LA VECCHIA INCHIESTA DE L’ESPRESSO

Un po’ come un umarell, se a Milano si apre un cantiere si può stare certi che nei pressi ci si trova Coima di Manfredi Catella, il manager che gestiva Hines ai tempi del progetto Porta Nuova. Piccola parentesi su Hines: finì al centro dell’inchiesta dell’Espresso dal titolo “Ecco gli italiani col fisco su misura” frutto del meticoloso lavoro giornalistico fatto spulciando le 28 mila pagine di documenti fiscali lussemburghesi scoperti dall’International Consortium of Investigative Journalists. Si leggeva in quel vecchio articolo: “Alcuni grandi investitori sono riusciti a ridurre al minimo le imposte da pagare in Italia su importanti operazioni. Affari miliardari tassati pochissimo grazie alla generosa legislazione lussemburghese. Un nome su tutti: il colosso immobiliare Hines, che con i capitali raccolti in Lussemburgo ha ridisegnato, tra grattacieli, giardini e nuove strade, una fetta importante del centro di Milano, tra i quartieri Isola, Garibaldi, Porta Nuova e Varesine. Hines è guidata in Italia da Manfredi Catella, a lungo finanziato da Salvatore Ligresti, poi uscito di scena causa dissesto”.

MANFREDI CATELLA LIQUIDA LIGRESTI

Nella medesima intervista al Corsera in cui Catella dichiarava le simpatie per Renzi, s’affrettava a liquidare il proprio rapporto con Ligresti: «Con Ligresti c’è stato un rapporto limitato e puntuale. In Porta Nuova lui è entrato perché era il proprietario delle aree ma poi non ha costruito neanche un palazzo. Il nostro mestiere ha a che fare con gli spazi pubblici, la cura del territorio, del bene comune. Temi che dovrebbero essere cari alla sinistra. In un certo momento siamo invece diventati i “nemici” per definizione. Ora la mentalità, anche su questo punto, è cambiata». Una dichiarazione che non era passata inosservata al giornalista Vittorio Malagutti, che dal suo blog sull’Espresso riportava un’altra esternazione di Manfredi Catella: “«Dopo la scomparsa di mio padre, sei anni fa, mi sono rimasti tre mentori: mia moglie, Gerald Hines e Ligresti». Parola di Manfredi Catella. Quattro anni fa”.

L’ARRIVO DEI QATARIOTI A MILANO

Ma torniamo al progetto di Porta Nuova che, come sappiamo, quando Milano era ancora una piazza europea dinamica e in piena trasformazione era stato ceduto ai fondi qatarioti della Qatar investment authority, insediatisi da tempo nel salotto buono della città. Nella città – è bene sottolinearlo – pre Covid-19, quella che non si fermava mai, non dormiva mai, costruiva in continuazione e stritolava con affitti sempre più cari decine di migliaia di studenti universitari e lavoratori troppo pigri per fare i pendolari.

MILANO POST COVID: VERSO LA BOLLA DEI BUSINESS DISTRICT?

Ma ora che lo smart working potrebbe ridisegnare il modo di intendere gli uffici, ci si chiede se avrà ancora senso continuare a costruire gigantesche sedi di rappresentanza che, per quanto affascinanti e avveniristiche, corrono il rischio di restare vuote. Sta di fatto che ovunque a Milano si muova un mattone, dietro ci sono Manfredi Catella e Coima, responsabili già del primo Bosco verticale, porta Volta, della Scheggia di vetro Gioia 22 in cui Ubi Banca metterà il proprio quartier generale e della torre di Unicredit in piazza Gae Aulenti.

LA SCOMMESSA DELLE OLIMPIADI INVERNALI (AMMESSO SI FACCIANO)

Manfredi Catella e Covivio di Del Vecchio, in partnership col gruppo Prada, si sono aggiudicati per 180 milioni lo scalo di Porta Romana. Avranno modo di riqualificare una mega zona da 190 mila metri quadrati che secondo i piani dovrebbe anzitutto ospitare il villaggio olimpico in vista delle Olimpiadi invernali 2026 (si faranno? Dio non voglia che saremo ancora alle prese col Covid e le sue varianti) e poi sì vedrà, ma il guadagno sarà garantito, vista la centralità del nuovo complesso. O meglio, lo sarebbe dovuto essere se non fosse arrivato appunto il Covid, che probabilmente se ne andrà prima delle Olimpiadi (ce lo auguriamo tutti) ma rischia comunque, con la sua lunga coda, di rivoluzionare il concetto di città con la stessa foga con cui gli investimenti mobiliari di Manfredi Catella stanno ridisegnando lo skyline meneghino.

MANFREDI CATELLA OSTENTA SICUREZZA

Ma il Covid-19, che pure proprio in Lombardia ha potuto sfogare e dimostrare tutta la sua aggressività e pericolosità, danneggiando tanto il tessuto sociale quanto quello economico, non sembra spaventare affatto Manfredi Catella, che anzi, in occasione della presentazione della Torre botanica, ha detto: “Anche alla luce dell’emergenza sanitaria ritengo che la rigenerazione del territorio rappresenti una chiave industriale strategica di rilancio del territorio italiano, da un punto di vista culturale, ambientale, sociale ed economico. Il nostro Paese è ricco di edifici iconici e luoghi straordinari che, come nel caso presentato oggi, hanno la necessità di essere riscritti e ripensati secondo criteri di sostenibilità e di innovazione: un percorso e una missione che già da molto tempo condividiamo con i nostri investitori e che può rappresentare una leva determinante per le nostre città e per il nostro Paese”.

INVESTIMENTI E SPECULAZIONI IMMOBILIARI NELLA MILANO PRE-COVID

In effetti, Covid-19 rischia di far evaporare l’effervescente business sul mattone meneghino. Aveva calcolato l’Espresso qualche tempo fa che “nel 2018 gli investimenti nel real estate commerciale, cioè escludendo le case d’abitazione”, soltanto a Milano, dove si è concentrato il 60% degli investimenti negli uffici fatti nel Paese, “hanno raggiunto i 3,2 miliardi. Nel giro di due anni, considerando quindi anche il 2017, la somma totale piovuta sulla città si avvicina ai 7 miliardi. Gli uffici assorbono la fetta più grande del mercato: 2,1 miliardi nel 2018”. E ora? Milano si riprenderà o scoppierà la bolla dei business district (e magari pure quella dei coworking)? Manfredi Catella pare che ci creda ancora, ma visti i suoi ultimi investimenti potrebbe mai affermare l’opposto?

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