Lo speaker della Camera degli Stati Uniti, il repubblicano Mike Johnson, ha detto che il suo partito cercherà “probabilmente” di cancellare il Chips and Science Act, una delle leggi più importanti della presidenza di Joe Biden: è entrata in vigore nell’agosto 2022 e stanzia oltre 50 miliardi di dollari per la manifattura di semiconduttori sul territorio americano, più altri fondi pubblici per la ricerca in materia.
Johnson, però, ha corretto quasi subito la sua affermazione, spiegando di non voler eliminare il Chips Act ma di “snellirlo”.
I NUMERI DEL CHIPS ACT
Il Chips Act è stato approvato con il sostegno sia dei democratici che di alcuni repubblicani. Infatti, nonostante il ricorso massiccio ai sussidi statali – generalmente sgraditi ai conservatori -, la legge affronta anche questioni care al partito rappresentato da Donald Trump alle elezioni del 5 novembre, come il rafforzamento dell’industria manifatturiera nazionale e il contrasto della Cina, la principale rivale politica ed economica degli Stati Uniti.
Secondo i dati del dipartimento del Commercio americano, aggiornati allo scorso agosto, il Chips Act ha fornito aiuti da 30 miliardi di dollari alla realizzazione di ventitré progetti sui semiconduttori in quindici stati che stimoleranno la creazione di 115.000 posti di lavoro nella manifattura e nell’edilizia. A detta del governo, questi finanziamenti – sommati ai capitali privati – permetteranno al paese di raggiungere una quota del 30 per cento nella manifattura globale di microchip avanzati, rispetto al livello attuale di circa il 10 per cento: gli Stati Uniti, infatti, sono avanti nella fase di progettazione (design) dei chip ma non in quella di produzione, che si concentra in paesi come Taiwan e la Corea del sud.
LE PAROLE DI MIKE JOHNSON
Le parole di Mike Johnson e quelle precedenti di Trump, che ha anche attaccato Taiwan per aver “sottratto” l’industria dei semiconduttori agli Stati Uniti, sono state sfruttate dai democratici per accusare gli avversari di voler smantellare quanto costruito dall’amministrazione Biden negli ultimi anni, anche se si tratta di programmi popolari e – secondo la candidata Kamala Harris – positivi per l’economia, l’occupazione e la competizione tecnologica con la Cina.
Johnson ha votato contro il Chips Act. In un comunicato, ha espresso meglio la sua posizione: la cancellazione del Chips Act “non è nei piani” del Partito repubblicano; “al contrario, si potrebbe legiferare per snellire e migliorare ulteriormente l’obiettivo primario del disegno di legge: eliminare le sue costose regolamentazioni e i requisiti del Green New Deal”. Il Green New Deal è il piano di una parte della sinistra americana sulla transizione energetica e la sostenibilità sociale, che non coincide però con l’agenda di Biden.
LA POLITICA DIETRO IL CHIPS ACT
La marcia indietro di Johnson sul Chips Act si spiega anche con la sua partecipazione alla campagna elettorale di Brandon Williams, repubblicano dello stato di New York candidato al Congresso. Williams sta cercando di farsi eleggere in un distretto di New York dove sorgerà una nuova fabbrica di microchip di Micron: l’azienda, statunitense, ha ricevuto un sussidio di 6,1 miliardi dal Chips Act a sostegno dell’investimento.
Secondo la governatrice di New York, la democratica Kathy Hochul, “chiunque minacci di abrogare il Chips and Science Act mette in pericolo più di 50.000 posti di lavoro ben retribuiti nell’upstate di New York e e 231 miliardi di dollari in crescita economica a livello nazionale”.
COSA PENSA HARRIS, COSA PENSA TRUMP
Kamala Harris sta puntando molto sui benefici occupazionali portati dalla legge nel tentativo di convincere gli elettori degli stati maggiormente dipendenti dal settore industriale a votare per lei. Di recente, ad esempio, si è recata in visita a una fabbrica di semiconduttori a Saginaw, in Michigan. A Milwaukee ha dichiarato che “è mia intenzione continuare a investire nel settore manifatturiero americano, nel lavoro svolto dai lavoratori americani che mantengono e migliorano i buoni posti di lavoro sindacali. È così che vinceremo la competizione con la Cina per il XXI secolo”.
Per Donald Trump, invece, il Chips Act è “pessimo”. Intervistato da Joe Rogan nel suo popolarissimo podcast, ha detto che l’amministrazione Biden ha “messo miliardi di dollari perché le aziende ricche venissero a prendere in prestito i soldi e costruissero aziende di chip qui, e comunque non [avremo, ndr] le aziende buone”. Ha poi accusato Taiwan di aver sottratto “il business dei chip” all’America e ha promesso l’imposizione di dazi sui semiconduttori.
Tra il maggio 2020 e l’aprile 2024 Tsmc, la più importante società manifatturiera di microchip al mondo, ha annunciato investimenti da 65 miliardi di dollari in totale – il Chips Act ha contribuito – nella costruzione di tre fabbriche tecnologicamente avanzate in Arizona.