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Cavi

Cosa faranno Amazon, Alphabet, Meta e Microsoft sui cavi di Internet

Le Big Tech americane controllano la maggior parte dei cavi sottomarini di Internet, e il loro ruolo nel settore è destinato ad aumentare. Ecco numeri, previsioni, critiche e strategie differenti (Google non collabora con le società di tlc)

 

Quattro grandi aziende tecnologiche americane controllano la maggior parte dei cavi sottomarini di Internet in fibra ottica: sono delle infrastrutture di telecomunicazione di grandissima rilevanza, perché trasportano il 95 per cento del traffico globale di dati.

IL CONFRONTO CON DIECI ANNI FA

Nemmeno dieci anni fa, questi cavi erano installati e controllati principalmente da società di telecomunicazione e da governi. Oggi non è più così, scrive il Wall Street Journal: il 66 per cento circa della capacità sottomarina in fibra ottica è attualmente riconducibile ad Alphabet (la società madre Google), Meta (già Facebook), Amazon e Microsoft. Prima del 2012 la loro quota era inferiore al 10 per cento.

GLI SCENARI AL 2024

Il ruolo delle Big Tech nel settore è peraltro destinato a crescere. Nel giro di tre anni, queste compagnie diventeranno le prime finanziatrici e proprietarie di quella rete di cavi che collegano il mondo – ad eccezione dell’Antartide – dalle profondità delle acque.

Il Wall Street Journal scrive che entro il 2024 Alphabet, Amazon, Meta e Microsoft avranno collettivamente delle quote di proprietà in oltre trenta cavi sottomarini. Nel 2010 possedevano una quota in un solo cavo: il cavo Unity, di cui Google è co-proprietario, tra il Giappone e gli Stati Uniti.

Entro il 2024, si prevede che i quattro avranno collettivamente una quota di proprietà in più di 30 cavi sottomarini a lunga distanza, ciascuno lungo fino a migliaia di miglia, che collegano ogni continente del mondo, tranne l’Antartide. Nel 2010, queste aziende avevano una quota di proprietà in un solo cavo di questo tipo – il cavo Unity, in parte di proprietà di Google, che collega il Giappone e gli Stati Uniti.

LE PREOCCUPAZIONI

Le società di telecomunicazioni guardano con ostilità al ruolo crescente delle Big Tech nel mercato della banda larga. E alcuni analisti si dicono preoccupati per la cosa: i maggiori fornitori di servizi Internet e di piattaforme online saranno proprietari anche dell’infrastruttura fisica per il trasporto dei dati. È come se – spiega efficacemente il Wall Street Journal – oltre al suo marketplace, Amazon possedesse anche le strade percorse dai furgoncini per le consegne.

I BENEFICI

D’altra parte, l’ingresso delle compagnie tecnologiche nel settore ha fatto abbassare i costi della posa dei cavi e ha migliorato la connettività globale: solo nel 2020 la capacità mondiale di trasmissione dei dati è aumentata del 41 per cento, stando all’ultimo rapporto di TeleGeography.

COSTI E INVESTIMENTI

Un singolo cavo sottomarino ha un costo di centinaia di milioni di dollari. Le fasi di installazione e mantenimento, oltre alle difficoltà tecniche (sono componenti fragili e vanno posati sui fondali degli oceani, a grandi profondità), richiedono una piccola flotta di navi specializzate.

Nel 2020 Microsoft, Alphabet, Meta e Amazon hanno investito collettivamente nel business dei cavi una somma superiore ai 90 miliardi di dollari. Giustificano questa spese, e l’interesse per queste infrastrutture, con la volontà di incrementare le connessioni tra i paesi sviluppati e migliorare la connettività in quelle regioni ancora poco servite – e dunque scarsamente raggiunte dai loro servizi digitali -, come l’Africa e il Sud-est asiatico.

TeleGeography spiega che, costruendosi da soli i propri cavi, le Big Tech americane possono evitare di affidarsi a terze parti e dunque risparmiare soldi; inoltre, non essendo dei semplici operatori ma delle compagnie tecnologiche in senso più ampio, sono slegate dalla necessità di registrare profitti nella gestione dei cavi.

COLLABORAZIONE TRA RIVALI

Le compagnie tecnologiche americane non stanno solamente collaborando con le società di telecomunicazioni tradizionali, ma anche tra loro stesse. Per esempio, il cavo Marea tra gli Stati Uniti e la Spagna (completato nel 2017) è di proprietà di Microsoft, Meta e Telxius, una sussidiaria della compagnia di telecomunicazioni spagnola Telefónica. Nel 2019 Amazon ha stretto un accordo con Telxius per l’utilizzo del cavo in questione.

La condivisione della capacità via cavi tra concorrenti garantisce a ciascuna azienda la ridondanza necessaria alla resilienza delle connessioni Internet in caso di malfunzionamenti a una singola struttura: ogni anno un cavo subisce all’incirca duecento episodi di danneggiamento, e le riparazioni sono lunghe e costose.

L’ECCEZIONE DI GOOGLE

Tra le quattro Big Tech, quella meno incline alla collaborazione è Google, che possiede l’interezza di tre diversi cavi sottomarini – è l’unica, tra i colossi americani – ed entro il 2023 dovrebbe arrivare a sei. L’azienda non ha fatto sapere se condivide, o se condividerà, la sua capacità con le rivali. Attraverso questa strategia di “esclusività”, Google vuole far ottenere ai suoi servizi di ricerca, di streaming e di cloud computing un vantaggio competitivo rispetto a quelli offerti dalle concorrenti.

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