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Caso Apple, arriva il no ufficiale alle richieste dell’FBI

Apple dice no ufficialmente allo sblocco dell’iPhone. E Google, Facebook e Microsoft avrebbero in programma di presentare un reclamo congiunto contro la richiesta dell’FBI La risposta ufficiale di Apple alle richieste dell’FBI è arrivata: ed è negativa. La mela morsicata non creerà una backdoor che possa sbloccare l’iphone di uno degli attentatori della strage di…

Apple dice no ufficialmente allo sblocco dell’iPhone. E Google, Facebook e Microsoft avrebbero in programma di presentare un reclamo congiunto contro la richiesta dell’FBI

La risposta ufficiale di Apple alle richieste dell’FBI è arrivata: ed è negativa. La mela morsicata non creerà una backdoor che possa sbloccare l’iphone di uno degli attentatori della strage di San Bernardino dello scorso dicembre : la casa di Cupertino ha presentato in un tribunale del distretto centrale della California una richiesta finalizzata ad annullare l’ordinanza che le imponeva di aiutare l’FBI a violare l’iPhone.

La richiesta di Apple è stata corredata da un documento di 65 pagine, in cui l’azienda spiega le proprie ragioni. Molte argomentazioni sono state già illustrate nei giorni scorsi da Tim Cook, che in un’intervista rilasciata durante la trasmissione World News Tonight della ABC, ha ben chiarito che la questione non riguarda un singolo iPhone, ma ‘il futuro’. Per il numero uno di Apple, infatti, la richiesta è occasione per il Dipartimento di Giustizia e l’FBI di ‘ottenere tramite i tribunali un pericoloso potere che il Congresso ed il popolo americano hanno negato’. Il Governo, continua Cook, sa bene che la richiesta non è solo per ‘questo iPhone’. ‘Il governo ha presentato diverse altre richieste di ordinanze simili, alcune delle quali sono pendenti in altri tribunali. Se venisse confermato questo ordine, sarebbe soltanto questione di giorni prima che qualche altro pubblico ministero o qualche altro giudice in qualche altro importante caso cerchi un’ordinanza similare usando questo caso come precedente’.

Ad Apple, infatti, sono già arrivate altre richieste, avanzate dalla Corte dell’Eastern District di New York e prevedono lo sblocco di ben 12 dispositivi. A rivelarlo un documento di uno degli studi legali che segue Apple, lo ZwillGen Pllc di Washington DC.

Cosa succederà ora? Ora non resta che attendere, entro il 10 marzo, la risposta ad Apple dei procuratori federali, mentre la prossima udienza presso la U.S. District Court for the Central District of California è stata fissata per il 22 marzo. Per il 1° marzo, invece, è fissata un’udienza sulla sicurezza e la privacy degli americani: dinanzi alla Corte dovranno presentarsi il direttore dell’FBI, James B. Comey, e Bruce Sewell, il numero 1 dell’ufficio legale di Apple.

Apple - Tim Cook

Google, Facebook e Microsoft a difesa della privacy (e di Apple)

I Big della tecnologia hanno deciso di sostenere Apple, non solo con le loro dichiarazioni. Secondo il  Wall Street Journal, che riporta le voci di ‘fonti ben informate’ Google, Facebook e Microsoft avrebbero in programma di presentare un reclamo congiunto contro la richiesta dell’FBI.

La decisione non sorprende più di tanto. Fin da subito, infatti, Google e Facebook si sono schierati a favore della Mela morsicata.

L’amministratore delegato di Google, Sundar Pichai, ha fin da subito affermato che chiedere alle compagnie di scardinare i codici di sicurezza dei cellulari per permettere all’Fbi di accedere ai dati costituirebbe un ‘precedente pericoloso’. È vero che ‘ le forze dell’ordine e le agenzie di intelligence devono affrontare importanti sfide nel proteggere la cittadinanza dal crimine e dal terrorismo’, scrive Pichai in una serie di tweet, ma ‘è una cosa completamente diversa, richiedere alle compagnie di rendere possibili azioni di hacking degli apparecchi e dei dati dei clienti, potrebbe essere un precedente preoccupante’.

Mark Zuckerberg, numero uno di Facbook, durante il Mobile World Congress di Barcellona, si è espresso a favore di Tim Cook. ‘Siamo in sintonia con Apple’ ha affermato Zuckerberg. ‘Crediamo che la crittografia dei dati sia quello che la gente vuole. Allo stesso tempo, come azienda tecnologica sentiamo di avere una grande responsabilità nell’aiutare il governo a prevenire il terrorismo. Facebook collabora da anni per eliminare messaggi, profili e pagine legate al terrorismo. Abbiamo politiche molto forti su questo tema, che di fatto vietano qualsiasi promozione di questo tipo. Ma chiedere ad un’azienda di creare una backdoor su un proprio dispositivo non credo sia la cosa giusta da fare’.

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