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Garante Privacy Chatgpt Costi

Caro ChatGpt, ma quanto mi costi?

OpenAI, acquisita da Microsoft grazie al successo del software di intelligenza artificiale sulla bocca di tutti, nel 2022 ha registrato perdite per 540 milioni di dollari. I costi di ChatGpt sono esorbitanti: 700mila dollari al giorno

I risultati sono sorprendenti, è indubbio. ChatGpt può scrivere senza problemi un articolo di giornale sulle sfide che il governo Meloni dovrà affrontare col Pnrr, una tesi sulla fisica quantistica o un romanzo fantasy che voglia provare ad adombrare Il Signore degli Anelli, ma quanto costa mantenere quotidianamente tutto quell’insieme di macchine e server che ne compongono l’immenso cervello? La risposta potrebbe sorprendere: 700 mila dollari al giorno.

I COSTI DI CHATGPT

Almeno secondo fonti riportate dal sito The Information. Prendendole per buone, la società americana OpenAI, acquisita da Microsoft grazie al successo del software di intelligenza artificiale sulla bocca di tutti, nel 2022 avrebbe registrato perdite per 540 milioni di dollari, circa il doppio rispetto all’anno precedente

Buona parte di queste risorse è stata senz’altra destinata allo sviluppo del prodotto che da mesi sta dominando il dibattito tech a livello globale. ChatGPT è stato reso disponibile gratuitamente in tutto il mondo dal dicembre 2022 e poche settimane dopo il day one la stampa di settore sottolineava già le perdite ingenti che l’azienda stava registrando per rendere disponibile il servizio.

IL CRESCENTE IMPEGNO DI MICROSOFT

La società guidata da Sam Altman ha difatti comunicato a stretto giro che avrebbe lanciato una versione a pagamento. Nel frattempo Microsoft confermava un nuovo piano di investimento da 10 miliardi di dollari su OpenAI: l’aveva finanziata già tra il 2019 e il 2021 con 1 miliardo di dollari.

IA IN CERCA DI IMPIEGO

I soldi del resto servono: un flusso continuo indirizzato al mantenimento di ChatGpt che avrebbe costi quotidiani pari a 700mila dollari. Si arriva al paradosso che l’Ia va nutrita continuamente, o non riesce ad apprendere, ma nutrirla ovviamente ha un costo non secondario che al momento, com’è ovvio che sia, non è coperto da alcun introito. E naturalmente non potrà essere coperto dall’abbonamento chiesto ai singoli utenti.

È solo una fase temporanea, peraltro simile a quella attraversata da ogni impresa o startup nella fase iniziale. Comunque, occorre sottolineare che OpenAi è una startup parecchio fortunata: non solo ha per le mani una gallina dalle uova d’oro, ma ha alle spalle anche una serie di investitori di tutto rispetto, a iniziare da Microsoft, che certo non le dovrebbe fare mancare la liquidità di cui ha bisogno.

Chiaro che in futuro l’azienda non si rivolgerà ai singoli utenti ma mirerà a siglare partnership con aziende che intendano sfruttare i suoi algoritmi, in modo non dissimile rispetto a quanto Microsoft sta facendo includendoli nel suo motore di ricerca Bing. Le applicazioni di ChatGpt, del resto, sono infinite e lo stesso Sam Altman ha annunciato che la sua realtà potrebbe ragrannellare fino a 100 miliardi, visto il crescente interesse verso le intelligenze artificiali.

E I COSTI AMBIENTALI DI CHATGPT?

Certo che, se i numeri di The Information fossero veri, si pone un ulteriore tema oltre ai costi economici di ChatGpt relativo a quelli ambientali. Perché anche Internet, sebbene in pochi ci facciano caso, inquina. Secondo uno studio dell’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA), i soli data center richiedono l’1% della domanda globale di elettricità.

Percentuale destinata a esplodere con la migrazione di tutte le banche dati, pubbliche e private, nel cloud. Secondo una ricerca finanziata dalla Direzione generale delle reti di comunicazione, dei contenuti e della tecnologia della Commissione Europea, già nel 2018 i data center presenti nei paesi dell’Unione contavano per il 2,7% dei consumi di energia elettrica, con una previsione di aumento sostanziale negli anni successivi.

Secondo uno studio della Royal Society di fine 2020, in un anno un utente medio che utilizza la posta elettronica per lavoro può arrivare a emettere 135 chili di CO2. Il semplice invio di un’email può comportare infatti la produzione di anidride carbonica da 4 fino a 50 grammi se gli allegati sono di grandi dimensioni. Per quello studio le tecnologie digitali contribuiscono tra l’1,4% e il 5,9% alle emissioni globali di CO2.

E dato che ogni ricerca su Internet è responsabile dell’immissione nell’atmosfera di 1,7/2 grammi di CO2 e un solo server può arrivare a produrre in un anno da 1 a 5 tonnellate di anidride carbonica, si può immaginare quanto rischi di inquinare ogni interrogazione posta all’IA. I costi di ChatGpt & soci, insomma, potrebbero essere persino maggiori. Senza considerare quelli sociali visto che, è noto, potrebbe rottamare un enorme numero di posti di lavoro.

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