C’è un’azienda tecnologica degli Stati Uniti che fatica a entrare in un più vasto dibattito economico e politico, ma che vale la pena di considerare. Si tratta di Broadcom.
Broadcom non fa parte delle cosiddette “Magnifiche Sette”, NVIDIA, Microsoft, Apple, Meta, Alphabet, Amazon e Tesla, che hanno trainato la crescita recente dei mercati finanziari degli Stati Uniti. Ma c’è un dato che aiuta a comprendere il suo rilievo: la sola Broadcom vale più dell’intera Piazza Affari. La capitalizzazione di Broadcom (attualmente, circa 1.400 miliardi) è superiore a quella della borsa italiana (attualmente, circa 1.000 miliardi), nonostante il miglioramento di Piazza Affari rispetto ai volumi asfittici del passato.
Ciononostante, risulta difficile per molti capire cosa Broadcom faccia e perché abbia questa valutazione.
È importante, a questo proposito, comprendere la storia del suo CEO, Hock Tan. Nato in Malesia all’inizio degli anni ’50, Hock Tan rivendica questo percorso del “sogno americano” di un immigrato, in termini non dissimili da altre figure della tecnologia globale, come lo stesso Jensen Huang di NVIDIA. Per la sua età, è anche una figura di grande esperienza. Broadcom è il frutto di processi di fusioni e acquisizioni in questo secolo di aziende tecnologiche, in cui Hock Tan ha mostrato la sua capacità finanziaria e operativa, con ristrutturazioni e riorganizzazioni che lo fanno in genere apprezzare dal mercato. Tan, che ha ricevuto diversi premi per i suoi successi ed è impegnato in varie attività filantropiche, è anche membro del consiglio di amministrazione di Meta dal 2024.
Tra il 2017 e il 2018, Tan ha tentato di orchestrare la più grossa acquisizione nel settore dei semiconduttori, puntando su Qualcomm, ma la mossa non gli è riuscita per l’opposizione del CFIUS (Committee on Foreign Investment in the United States), nonostante la scelta di spostare la sede di Broadcom da Singapore agli Stati Uniti.
Di recente, Broadcom ha scosso il mercato con l’annuncio di un ordine di chip per l’intelligenza artificiale da 10 miliardi di dollari da un nuovo cliente. Sebbene non nominato ufficialmente, vari articoli (a partire dal Financial Times) hanno indicato OpenAI come l’acquirente misterioso. L’annuncio ha rafforzato l’ottimismo sulla strategia di Broadcom di progettare chip personalizzati (i cosiddetti ASIC), che promettono prestazioni superiori ed efficienza energetica a costi inferiori per usi specifici. Broadcom è attiva da tempo in quest’ambito, e la stessa Google – che è più avanti di Amazon e Microsoft nelle sue soluzioni di hardware per l’intelligenza artificiale, con le TPU – ha ottenuto certi risultati proprio sulla base della collaborazione con Broadcom.
La notizia che riguarda OpenAI non è nuova. In realtà, circola da tempo. A ottobre 2024, Reuters aveva rivelato la collaborazione tra OpenAI, Broadcom e TSMC per un chip focalizzato sull’inferenza per l’intelligenza artificiale. Anche in quel contesto ci si riferiva a un possibile lancio nel 2026.
A volte Broadcom, come avvenuto per la collaborazione con ByteDance, ha dovuto interrompere l’avanzamento dei suoi progetti per ragioni politiche. Nel caso della collaborazione con OpenAI, la diffusione di queste notizie rappresenta anche parte della negoziazione con NVIDIA, che fa sempre valere il suo potere di mercato nel prezzo con i clienti. In ogni caso, questa stessa vicenda ci ricorda che Broadcom rimane un protagonista sottovalutato del potere digitale degli Stati Uniti e dell’ecosistema dell’intelligenza artificiale.