Sono passati ormai diversi mesi da quando è filtrata e poi ufficializzata la notizia che sarebbe stata l’Agenzia Spaziale Europea (Esa) – e non un ente italiano – ad amministrare le risorse che l’Europa presta all’Italia per riprendere fiato con le nazioni più industrializzate del Continente. Anche in campo delle attività spaziali.
Appena si è saputo che il Comint — il comitato interministeriale che ha il compito di tutelare le politiche relative allo spazio — sotto la presidenza del ministro per l’innovazione tecnologica Vittorio Colao avrebbe assegnato all’ente internazionale la gestione di 1,3 miliardi di euro dei fondi del Pnrr destinati all’Italia, c’è stata molta amarezza tra gli addetti ai lavori del settore aerospaziale.
«Si tratta di fondi del Pnrr e in parte del fondo complementare che in totale ammonta a 2,4 miliardi. Dunque metà della torta complessiva», si affrettò a sottolineare qualche quotidiano compiacente con le decisioni prese sotto il mantello di Palazzo Chigi ma è stato chiaro ai più attenti che l’operazione era una occulta manovra di commissariamento della presidenza di Asi (Agenzia spaziale italiana), considerata inadeguata e quasi ricusata di fatto, prima tra tutti proprio dal ministro Colao.
Diciamocelo senza giri di parole: in Asi il dover soccorrere una direzione in ginocchio è di casa e se risparmiamo i nomi di tutti i presidenti che sono stati estromessi dalla loro posizione prima del termine del mandato, non dimentichiamo quanti sono stati gli episodi di interventi straordinari necessari a reggere pro tempore l’Agenzia.
Per fruire dei fondi del Pnrr, ogni euro fornito è un prestito da spendere in tempi precisi e con modalità trasparenti e, quando è stata individuata la cifra, in molti ha serpeggiato la preoccupazione che un onere così meticoloso potesse essere affidato a un ente la cui amministrazione ha spesso spiccato per ritardi e inadempienze, come ha fatto notare Francis Walsingham su StartMag. E dunque l’aspettativa nel dover coordinare tanti soldi avrebbe dovuto essere parallela a un ridimensionamento di alcune cariche all’interno dell’Asi e la bonifica di alcune inefficienze. Così non è stato.
Un giudizio negativo anche per i sindacati: «Ci preoccupa il fatto che un organismo internazionale debba ricevere un ammontare così elevato di denaro da utilizzare per i suoi fini interni», è stato scritto in un comunicato affisso agli albi dell’Agenzia, manifestando un profondo malumore al riguardo.
Se la posizione unanime del Comint è stata una dichiarazione incontestabile di assoluta incapacità manageriale verso chi avrebbe dovuto essere responsabile dell’esecuzione, si è pure prodotto un autogol per la stessa espressione governativa rivelatasi non in grado di formulare scelte più idonee allo scenario che si è presentato.
Nello specifico della politica spaziale, tutta l’assise del Comint ha mostrato di non avere alcuna capacità di sostituire il vertice dell’Asi, evidentemente per la consapevolezza che ogni falange di maggioranza o anche di opposizione possa esprimere una propria candidatura con un risultato forse ancora più disastroso. Né il governo ha pensato di indicare un amministratore a tempo — come già accaduto in passato — che questa volta avesse il potere di accelerare l’iter amministrativo per gli affari correnti e concretizzare la fattibilità dei contratti e dei bandi di gara. Una soluzione che avrebbe evitato l’erogazione di stipendi a vuoto e l’ostentazione ancora una volta sia all’interno che all’estero di un’Italia che non decide.
A disorientare la scelta governativa è stato anche il costo dell’azione — circa 80 milioni di euro — che è assai salato e quei soldi che saranno di competenza di Esa sarebbe stato più costruttivo impegnarli per finanziare l’uscita di chi è stato ritenuto incapace di amministrare le somme assegnate e reclutare qualche buon funzionario più affidabile e probabilmente preparato. Ma il governo è rimasto in silenzio e — diremmo — è anche sordo alle sollecitazioni di chi chiedeva conto di questi sprechi.
Ora, a distanza del passato e dei numerosi attacchi segnati, la questione sembra sia stata del tutto dimenticata. Ma quel che è più inquietante è che sul destino dello spazio europeo e quindi anche italiano, insistono degli impegni inderogabili a cui necessita la massima attenzione.
Palazzo Chigi dovrebbe sapere bene che non c’è tempo da perdere perché oltre i confini nazionali le manovre sono più attive che mai. Il Consiglio Ministeriale che si svolgerà a Parigi dal 22 novembre quest’anno avrà un peso importante per l’aumento del 10% del suo budget rispetto allo scorso anno: oltre sette miliardi di euro, il cui 65% deve provenire dagli stati membri.
In occasione di un incontro con la stampa internazionale, l’Esa ha illustrato gli elementi più importati di sfida. Secondo il direttore generale Josef Aschbacher, l’obiettivo dell’ente è l’amplificazione del ruolo europeo nello spazio globale, superando ogni diversità nazionale. Il passaggio, apparentemente scontato, è delicato: il comando dell’Esa è al momento una precisa volontà ed espressione del governo francese che sta ritagliando suoi spazi e opportunità giocando una partita piena di insidie con la Commissione Europea e i suoi Stati membri.
Piuttosto che un’intenzione unitaria, a guardar le mosse dei suoi elementi di maggior influenza, sembrerebbe più una proposizione egemonica tesa a organizzare tutto lo spazio europeo sotto l’egida dell’Eliseo cercando una parvenza di consenso e di più sostanziosi finanziamenti, per garantire a tutti una minima parte di soddisfazione. E quando Aschbacher in Asi ha parlato della nuova intesa sulla costellazione italiana di satelliti affermando che «l’accordo con l’Italia fa da acceleratore e segna una tappa fondamentale per implementare le attività nello spazio» non ha avuto bisogno di precisare che Thales Alenia Space, la principale industria manifatturiera italiana, è per i tre quarti francese e in casa nostra, solo per un pezzo di minoranza!
Ha senso dunque che in riunioni così strategiche capo missione italiani siano un ministro titolare di un dicastero senza portafogli e un presidente dell’Asi che è stato nella sostanza sfiduciato dall’intero Comint? È una vicenda che avrebbe del ridicolo se non impegnasse delle risorse nazionali alimentate dai contribuenti!
Lo spazio non è un evento agonistico, come pareva erroneamente negli anni Sessanta e Settanta la corsa finalizzata al solo raggiungimento della Luna con relativi vessilli piantati nella soffice regolite a mo’ di proprietà del singolo Stato che vi arrivava prima. È il quarto ambiente, conteso da interessi economici, politici e militari. Quindi ogni opportunità deve essere tutelata e difesa.
Che dire in conclusione? Che il sistema così non funziona. Che il governo italiano mostra ancora una volta la sua fiacchezza a uscire dal guado in cui esso stesso si è cacciato e conferma di non avere attenzione verso un’Agenzia i cui scienziati hanno mostrato di solidificare progetti importanti in un quarto di secolo di vita. Né per i cittadini, che troppo spesso assistono ignari a un destino che se ben guidato, potrebbe avere orizzonti molto lontani.