skip to Main Content

Amazon molla Oracle? Che cosa si cela dietro la rivalità dei due colossi sul cloud

Amazon non vuole più comprare il software di Oracle: secondo Cnbc, il colosso del commercio elettronico e del cloud è pronto a rescindere la lunga relazione con il fornitore californiano di tecnologie per database. Le fonti confidenziali della testata online affermano che Amazon avrebbe già avviato la migrazione dai sistemi di Oracle verso sistemi proprietari…

Amazon non vuole più comprare il software di Oracle: secondo Cnbc, il colosso del commercio elettronico e del cloud è pronto a rescindere la lunga relazione con il fornitore californiano di tecnologie per database. Le fonti confidenziali della testata online affermano che Amazon avrebbe già avviato la migrazione dai sistemi di Oracle verso sistemi proprietari e intende abbandonare completamente il software Oracle per database entro il primo trimestre del 2020. “E’ il chiaro segnale che Oracle fatica a tenere il passo con le imprese che spostano carichi di lavoro sempre più massicci verso il cloud e via dai tradizionali datacenter”, scrive Cnbc. Non tutti gli analisti di mercato sono però d’accordo: il gruppo di Jeff Bezos può davvero fare a meno di Oracle?

GLI ANALISTI: “NON CI SONO ALTERNATIVE A ORACLE”

Amazon può decidere di liberarsi dei prodotti di Oracle, ma ha sempre bisogno di software per gestire i suoi dati e la sua attività sia di piattaforma dello shopping online sia di fornitore di servizi cloud con AWS (Amazon Web Services). Secondo alcuni osservatori, i software progettati dagli ingegneri di Amazon non sono del tutto affidabili: l’Amazon Prime Day dello scorso mese, con l’improvviso picco di traffico, ha messo in difficoltà l’azienda; il sito è andato più volte in tilt a causa, sostiene Cnbc, del crash del programma interno Sable, che Amazon usa per fornire servizi di storage alle sue attività digitali.

Indiscrezioni secondo cui Amazon, e anche altre grandi aziende come Salesforce.com, cerchino di trovare un’alternativa a Oracle sono trapelate fin dallo scorso gennaio sulla testata The Information anche se, secondo Cnbc, Amazon progetta da anni l’abbandono del software per database di Oracle, considerato non sufficientemente scalabile. Holger Mueller, principal analyst e vice president di Constellation Research sentito da Silicon Angle, è scettico: in fatto di scalabilità nella gestione di grandi carichi di lavoro Oracle resta per molte applicazioni “un punto di riferimento”. Secondo l’esperto, Amazon non ha al momento alternative valide: “Se non dice quale sistema per database intende usare al posto di quello di Oracle, è difficile trovare una tecnologia con livelli di scalabilità simili a quella di Oracle. Amazon non ha qualcosa di analogo tra i prodotti sviluppati in-house”. Almeno per ora.

LA RISPOSTA DI LARRY ELLISON

Anche l’analista Brian White di Drexel Hamilton ha messo in dubbio quanto affermato dai media americani ricordando le dichiarazioni di fine 2017 del presidente di Oracle Larry Ellison: “Vi dico chi non lascerà Oracle: è un’azienda che ci ha appena dato 50 milioni di dollari in questo trimestre per comprare le tecnologie Oracle per database e che si chiama Amazon”. “I nostri concorrenti non hanno ragione di amarci ma continuano a investire in prodotti Oracle e a gestire la loro intera attività con Oracle”, ha detto Ellison. “Non crediamo che Amazon Web Services disponga di tecnologie per database con capacità vicine alle nostre”, sostiene il colosso informatico della Silicon Valley.

LA CONCORRENZA SUL CLOUD

Amazon sta però cercando di colmare il divario tecnologico. Ufficialmente si è messa in concorrenza con Oracle nel 2014 quando ha introdotto il servizio Aurora, un database relazionale che ora vanta tra i suoi clienti, si legge sul sito di AWS, aziende come Capital One, Expedia, GE e Verizon. AWS offre inoltre uno strumento che permette alle aziende di spostare i database nel cloud, il Database Migration Service, che supporta anche il software di Oracle.

A sua volta Oracle sta crescendo nell’offerta di servizi cloud e sostiene che “I nostri clienti per i database non possono gestire carichi di lavoro critici con la tecnologia di Amazon”. La strategia ripaga: i servizi cloud sono diventati il traino del business di Oracle (nel quarto trimestre 2018 la voce Cloud Services and License Support registra fatturato in aumento dell’8% a 6,8 miliardi di dollari; nel full year 2018, le entrate per Cloud Services and License Support sono cresciute del 10% a 26,3 miliardi di dollari). Il Ceo Mark Hurd ha affermato che la suite di applicazioni cloud strategiche Fusion Erp e Hcm SaaS di Oracle è cresciuta di più del 50% nel quarto trimestre e che la crescita sarà robusta per tutto il 2019. “Alcuni dei nostri maggiori clienti hanno avviato il processo di migrazione dei loro database Oracle on-premise verso Oracle Cloud”, ha sottolineato Ellison, citando At&t tra i clienti maggiori.

Oracle non ha fornito dati scorporati sull’andamento del business PaaS (platform-as-a-service) e IaaS (infrastructure-as-a-service), ma secondo gli analisti di FactSet le entrate trimestrali sono di circa 470 milioni di dollari e il tasso di crescita superiore al 18%. L’azienda punta su nuovi servizi come Autonomous Database Cloud, lanciato l’anno scorso per competere con Amazon Redshift database. Tuttavia Oracle si è mossa dopo le sue rivali principali e recuperare posizioni non è facile: AWS ha la leadership con uno share del 52% sul mercato mondiale IaaS, seguita da Microsoft, Google, Alibaba e Ibm, secondo uno studio di Gartner che non ha incluso Oracle tra i big del segmento.

IN GARA PER IL PENTAGONO

Qualunque sarà il futuro posizionamento di Oracle nel cloud e indipendentemente dal fatto che Amazon si svincoli dalle sue tecnologie, la rivalità è destinata a proseguire perché Amazon non solo ha bisogno di sistemi affidabili e scalabili per la sua attività di piattaforma di e-commerce ma anche per offrire servizi cloud ai suoi clienti. Tra i contratti per i quali le due aziende sgomitano ci sono quelli con enti pubblici e agenzie governative degli Stati Uniti: in particolare, i colossi IT americani si sono messi in gara per assicurasi un maxi-contratto di fornitura cloud col dipartimento della Difesa, (progetto JEDI, Joint Enterprise Defence Infrastructure), una commessa per dieci anni del valore di 10 miliardi di dollari che copre 3,4 milioni di utenti e 4 milioni di dispositivi. Una prima parte della commessa è stata vinta da Microsoft, che ha ottenuto il rinnovo di un contratto preesistente tra l’Office of the Director of National Intelligence e il gruppo dell’IT Dell che ha Microsoft come sub-contractor: ora Microsoft potrà includere nell’offerta la suite per il cloud Azure.

Restano da assegnare altre gare e il dipartimento della Difesa, secondo alcune indiscrezioni, sarebbe intenzionato a scegliere AWS. Oracle sta facendo lobby insieme a Microsoft, Dell, Ibm e Hewlett-Packard Enterprise sostenendo che la gara pubblica è “viziata” per favorire Amazon: AWS è infatti già il cloud provider numero uno per il governo americano (ha tra l’altro già un contratto, siglato nel 2013, con la Cia per un valore di 600 milioni di dollari) e viene percepito a Washington come il pioniere e lo specialista del settore, ha scritto Bloomberg; sarebbe in pole position per apporre la firma alla maggior parte delle forniture per il progetto JEDI, nonostante Donald Trump non abbia risparmiato attacchi al modello di business di Amazon, definito monopolistico, e a jeff Bezos in persona, proprietario del Washington Post che, come tutta la stampa che fa opposizione, non piace al presidente.

Back To Top