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Alexa

Le registrazioni di Alexa diventano prove?

L'articolo di Carlo Terzano

Del fatto che Alexa e gli altri assistenti domestici registrino frammenti di conversazioni più o meno compiute abbiamo già parlato in più occasioni, soffermandoci soprattutto sugli aspetti legati alla privacy (leggi anche: Google dovrà smettere di spiare gli utenti europei). La notizia che arriva ora dalla Florida porta però la discussione su di un altro livello, foriero di interrogativi (che vedremo a breve) non meno inquietanti. Un giudice statunitense dovrà infatti pronunciarsi sull’idoneità di tale strumento a costituire prova in un processo di presunto uxoricidio. Ma andiamo con ordine.

LA PRIMA VOLTA DI ALEXA IN TRIBUNALE

Anzitutto i tristi fatti di cronaca. La corte deve accertare le cause della morte della signora Sylvia Galva Crespo, trentaduenne, trafitta lo scorso luglio da una lancia in pieno petto a casa sua, a Hallandale Beach, in Florida, a nord di Miami. Gli inquirenti sono convinti di essere fronte a un brutale caso di uxoricidio ma il marito, Adam Crespo, 43 anni, sostiene che Sylvia Galva sia rimasta vittima di un tragico incidente domestico. Data la presenza in casa di Alexa, la polizia ha così chiesto al giudice di imporre ad Amazon il rilascio delle registrazioni degli Amazon Echo – le “orecchie” di Alexa – per capire cosa sia accaduto nelle ore precedenti alla morte della vittima. Nel database di Amazon potrebbe essere finita, per esempio, la prova di una violenta lite coniugale.

GLI INTERROGATIVI GIURIDICI

Non è la prima volta che Alexa o simili dispositivi captano registrazioni che potrebbero avere rilevanza di tipo penale (leggi anche: App, robot, assistenti virtuali. Quante spie all’ascolto). Tempo fa, Bloomberg aveva riportato le dichiarazioni di due lavoratori di Amazon che sostenevano di essere stati testimoni, tramite le orecchie di Amazon Echo, di una possibile violenza sessuale. In un’altra occasione nei “nastri” delle registrazioni erano rimaste impresse le urla di un bambino che chiedeva aiuto. Sarà invece la prima volta in cui si dovrà decidere l’attendibilità di simili database all’interno di un procedimento penale. L’ammissione delle registrazioni aprirà la strada a diversi interrogativi giuridici. Non essendoci infatti dati certi sul modo in cui vengono registrate le conversazioni, stoccati e conservati i dati e sul numero di persone che per conto dei big dell’elettronica li lavorano, non si può nemmeno avere la certezza sulla loro genuinità. In altre parole: chi certifica che quella registrazione provenga davvero dal luogo del delitto? Chi certifica che le voci che giudice e giuria ascolteranno appartengono davvero ai coniugi Crespo? E, non meno importante, chi certifica che i file che potrebbero costituire la “pistola fumante” del caso, non siano stati manipolati?

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