Se avete intenzione di candidarvi, fate un rigoroso esame di coscienza. Siete esperti? Sieste sicuri di non essere “troppo” esperti? Ma non è che, per caso, lo siete quel tanto che basta per superare la fatidica soglia “minima”?
Dopo l’imperativo “uno vale uno”, arriva “uno che ne sa poco” oppure “uno che ne sa meno di un bravo”?
Chi crede che occuparsi di cybersecurity costi anni di sacrificio e di applicazione si sbaglia. Anzi, chi pensa di poter vantare un curriculum pregno di realizzazioni importanti, di traguardi sudati con fatica, di sforzi per imparare ogni giorno qualcosa di nuovo, non si rende conto che i “precedenti” virtuosi possono costare cari a chi crede di poterli ostentare con disinvoltura o documentare con la meticolosa precisione di chi custodisce carte e testimonianze della propria opera.
Possibile mai? Cerchiamo di capire…
In un momento di evidente criticità geopolitica e mentre soffiano nefasti venti di guerra, non manca chi tranquillizza parenti ed amici dicendo che non c’è alcun rischio di attacco cibernetico all’Italia grazie all’Agenzia per Cybersicurezza Nazionale.
Questi parenti e amici, notoriamente malfidati e – quel che è peggio – tignosi nel voler verificare le asserzioni del congiunto/conoscente, cominciano a documentarsi per capire le potenzialità delle Istituzioni tricolori.
Dopo aver inteso che il perimetro cibernetico non si calcola con la somma dei tre, quattro o più lati, i più assatanati della ricerca online apprendono che i decantati pretoriani informatici probabilmente devono ancora essere selezionati e arruolati….
A far scattare la molla della curiosità è stato l’annuncio del professor Baldoni, direttore generale dell’Agenzia Cyber, che parlava di 72 posti a concorso…
Su Linkedin un’offerta di lavoro riesce a calamitare l’attenzione anche dei più distratti. Tra le tante opportunità, quella pagina della piattaforma social di chi cerca un’occupazione o vuole migliorare la propria posizione non può passare inosservata.
Si cerca un “ESPERTO DI CYBERSECURITY” e lo fa proprio la struttura di recente istituzione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Titolo di studio a parte, quel che lascia tutti esterrefatti è il requisito di “ESPERIENZA MINIMA”. Non è uno scherzo, perché basta cliccare qui per sincerarsene.
Un minuto di pausa. Ci vuole. E non per creare suspense, ma per riprendersi dalla legittima incredulità.
Ma serve uno “esperto” o basta avere una minima esperienza, anche magari solo di un quarto d’ora di chiacchiere fatte in treno con un compagno di viaggio che ha visto un amico installare un antivirus con l’aiuto di uno zio abbastanza pratico grazie ad un tutorial su Youtube?
Se si presenta qualcuno che sa davvero fare qualcosa, che succede? Lo rispediscono a casa? O gli/le domandano “Come si permette?”
In realtà non c’è nulla da ridere. Certe inevitabili ed inesorabili constatazioni in una fase storica così drammatica inducono a domandarsi come sia possibile trovarsi a questo punto.
Nel frattempo la difesa cyber italiana assomiglia ad un calciobalilla le cui stecche con gli omini non sono ancora state montate e nemmeno comprate. C’è da sperare che gli hacker russi (o di qualunque altro angolo del mondo con velleità imperialistiche) sappiano che fino a dicembre 2023 l’Agenzia non avrà completato la prima fase di assunzioni. Se decidono di attaccare prima, si ricordino che così non si fa. Sarebbe troppo comodo….