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Wirecard Commerzbank, Abn Amro E Ing Pagamenti Transfrontalieri

Perché Commerzbank, Abn Amro e Ing tremano per la fintech tedesca Wirecard

Tutte le ultime novità sul caso Wirecard e chi trema per le sorti della fintech tedesca

Tremano anche Commerzbank, Abn Amro e Ing per Wirecard.

I quasi 2 miliardi di euro del bilancio dichiarato da Wirecard, la fintech tedesca attiva nei pagamenti elettrici, potrebbero non esistere. I dubbi su Wirecard e il suo fatturato, da parte di analisti e investitori, sono di lunga data, ma ora a confermarli sono le parole della stessa società e (soprattutto) le sue mosse.

La questione fa restare con il fiato sospeso Commerzbank, Abn Amro e Ing, creditori della fintech. Ecco perché.

Tutti i dettagli.

BILANCI CHE PROBABILMENTE NON ESISTONO

Partiamo da quanto annunciato dalla società tedesca. L’azienda ha affermato “dopo ulteriori verifiche” che gli 1,9 miliardi di euro nel bilancio “molto probabilmente non esistono”.

BILANCI RITIRATI (E DA RIVEDERE)

In seguito alle dichiarazioni Wirecard, che la settimana scorsa ha rinviato per l’ennesima volta la pubblicazione dei conti 2019, ha anche ritirato il risultato provvisorio 2019 pubblicato a febbraio, il risultato del primo trimestre 2020.

Anche i bilanci del passato potrebbero essere rivisti. La stessa società ha ammesso che “non può escludere una revisione dei risultati degli anni precedenti”.

IL RIBALTONE AL VERTICE

La bufera sui conti ha portato anche un ribaltone al vertice, come scritto in questo articolo di Start Magazine.

L’amministratore delegato della fintech tedesca, Markus Braun, si è dimesso con effetto immediato. La decisione, si legge in un comunicato dell’azienda, è stata presa “in accordo con il consiglio di vigilanza”. Braun, che è anche uno dei maggiori azionisti della società tedesca, sarà sostituito ad interim da James Freis, entrato il 18 giugno nel management board.

COMMERZBANK, ABN AMRO E ING

Il fatto che manchino all’appello 1,9 miliardi fa restare con il fiato sospeso i creditori tra cui si annoverano banche cinesi e istituti europei come Commerzbank (a cui Wirecard si è sostituita nell’indice Dax30), Abn Amro e Ing, secondo il Sole 24 Ore.

ISTITUTI DI CREDITO AL BIVIO

E sono proprio questi istituti che ora si trovano ad un bivio: bisogna scegliere se mantenere la linea di credito di 1,5 miliardi o se accelerare il default dell’azienda. Se dovessero optare per la prima soluzione, Commerzbank, Abn Amro, Ing e i cinesi potrebbero essere accusati di bancarotta, per aver tenuto in vita un’azienda ormai fallita.

WIRECARD VERSO IL DEFAULT?

In realtà anche le agenzie di rating internazionali potrebbero accelerare il default della società, cambiando in negativo il loro giudizio, fino ad oggi positivo: Wirecard era considerata come investment grade.

IL CROLLO IN BORSA

Default in vista o meno, quel che è certo è che la società ha visto crollare la sua capitalizzazione negli ultimi giorni. Nei mesi precedenti aveva una valutazione record di 28 miliardi, valutazione scesa piano piano fino ad arrivare, dopo il doppio crollo di giovedì 18 (-61%) e venerdì 19 giugno (-35%), a poco più di 3 miliardi.

COSA FA WIRECARD

“Fondata nel 1999 per gestire le transazioni per l’industria del porno e dei giochi online, Wirecard è diventata uno dei principali operatori non solo in Germania, ma anche in Asia e in Nord America, dove è entrata nel 2016 rilevando il servizio di carte prepagate di Citigroup – ha scritto il Corriere della Sera – Il suo mestiere: garantire i pagamenti per le transazioni effettuate online da società, incassando un premio per il rischio”.

LA DIFESA DELLA CONSOB TEDESCA

L’ammissione di Wirecard fa tremare anche qualcun altro. Si tratta della Consob tedesca, la Bafin che nonostante i dubbi di analisti ed investitori, si è sempre schierata dalla parte della fintech, minacciando, racconta il Sole, anche eventuali azioni legali contro gli “speculatori” e i giornalisti (c’è stata un’inchiesta del Financial Times) che mettevano in dubbio la regolarità i conti di Wirecard.

DIBATTITO IN GERMANIA

Il problema è «serio e riguarderà tutti noi», ha ammesso Christian Sewing, ceo di Deutsche Bank, la prima banca tedesca, intervenendo al Financial Summit di Francoforte. Lo scandalo mette a dura prova la fiducia dei risparmiatori. E la difesa del ministro dell’Economia, Olaf Scholz, che si è affrettato ad assolvere le autorità di controllo, affermando che hanno «fatto il loro lavoro», non basta a tranquillizzare gli investitori

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