Intervista all’ex dg di Unicredit, ora a capo del primo think tank sul Fintech. “La rivoluzione è cominciata ma non sarà immediata. Le banche? Dovranno cambiare modello o soccomberanno”.
Roma, si dice, non è stata costruita in un giorno. E forse non basteranno 24 ore nemmeno alla tecnologia abbinata alla finanza, alias Fintech, per mandare in soffitta il tradizionale modello bancario, tutto sportelli e front-office. Una cambiamento, quello innescato dal Fintech (qui tutti gli approfondimenti di Start Magazine), dunque lento e inesorabile e con un un’unica certezza. “Chi non si adegua è perduto e destinato a soccombere”, dice a Start Magazine Roberto Nicastro, banchiere di lungo corso: ex dg di Unicredit, oggi presidente delle 4 good banks in via di cessione e soprattutto a capo dell’advisory board in seno a Deus Technolgy, primo esempio italiano di think tank interamente dedicato al Fintech.
Chi si ferma è perduto

Chi vince (col Fintech)
Nel ragionamento di Nicastro, la finanza tecnologica mieterà inevitabilmente vincitori e sconfitti. “L’impatto della tecnologia sulla finanza farà vincitori e vinti. Il vincitore è sicuramente il cliente, che guadagna in minori costi, maggiore qualità e semplicità del servizio, il che è una ottima cosa. Si pensi al potenziale del roboadvise di ‘democratizzare’ la gestione del risparmio o del ‘marketplace lending’ di offrire soluzioni creditizie molto concorrenziali“. Ma non è tutto qui. “Vincono anche i migliori tra gli operatori del Fintech, sempre che siano abili o a intercettare fette di clientela e mercato e soprattutto ad allearsi alle banche che decidono di adeguarsi rivolgendosi agli operatori specializzati”
E quelli che invece perdono (a meno che…)

E gli sconfitti, chi sono? O meglio, chi potrebbero essere? “Chi perde sono sicuramente quelle banche che non si muovono o quelle che inseguono le sole innovazioni di vetrina”, chiarisce Nicastro. “In realtà l’acquisizione di nuovi clienti è una sfida spesso titanica per i Fintech. Le banche dal canto loro i clienti ce l’hanno già ma devono superare parecchi ostacoli: possibile cannibalizzazione nel breve di margini peraltro non sostenibili nel tempo, necessita’ di rivedere radicalmente i propri modelli di business, sistemi informativi ‘legacy’ spesso rigidi e stratificati, culture e competenze diffuse non sempre aggiornate, vincoli alla flessibilità del lavoro, etc etc”. Ma sia chiaro: “dove questi vincoli si superano e si realizzano efficaci alleanze tra fintech e banche, la combinazione è imbattibile”.
Il ruolo dei Robo advisor
Nicastro affronta poi la questione dei cosiddetti roboadvisor, il software che sulla base di algoritmi molto sofisticati (e in genere tenuti segreti) è in grado di gestire un patrimonio più o meno come farebbe un consulente finanziario, ma con costi decisamente più bassi. Il primo esperimento a livello europeo in questo senso è stato portato avanti da Chebanca, l’istituto multicanale di Mediobanca, che ha lanciato il servizio Yellow Advice (qui l’intervista al dg Roberto Ferrari). L’ex dg di Unicredit ha pochi dubbi sulla bontà dell’operazione RoboAdvisor. “Per quanto riguarda il cosiddetto RoboAdvisor, penso che sia uno strumento di gran potenziale, alla banca può consentire di servire molto meglio ed a costi compatibili la clientela mass-market sulla gestione del risparmio, attraverso una molto maggior automazione del modello di servizio. Inoltre può fornire una soluzione efficiente all’annoso problema collettivo della bassa educazione finanziaria, troppo costosa da sviluppare con strumenti tradizionali”. Nicastro cita in proposito l’allarme lanciato pochi giorni fa dal governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, per il quale l’Italia ha molto terreno da recuperare sul fronte dell’educazione finanziaria.
Più Robotadvise, meno rischi per il risparmio
Il banchiere pone infine l’accento su di una questione non certo secondaria, ovvero i vantaggi della tecnologia nella gestione sicura del proprio risparmio. “C’e spazio anche in Italia per roboadvisor alla Betterment, tuttavia sono convinto che il mode
Una banca a trazione Fintech
Anche Roberto Ferrari, direttore generale di CheBanca!, la banca multicanale del gruppo Mediobanca, basata su filiali leggere e prestazioni ad alto tasso digitale, nonchè membro dell’advisory board di Deus Technology insieme a Nicastro ha fatto in passato previsioni sulla banca che verrà. Spiegando, in un precedente colloquio con Start Mag, dove sta andando il mondo del credito, alle prese con la rivoluzione del Fintech, fenomeno planetario non sempre compreso fino in fondo dai Paesi industrializzati. Come l’Italia.
L’Italia ha sottovalutato la finanza tecnologica?

Digital banking, a che punto siamo
Entro il 2021, quasi 3 miliardi di utenti potranno accedere ai servizi bancari al dettaglio tramite smartphone, tablet, PC e smartwatches, con una crescita del 53% rispetto al 2017. Lo dice un rapporto della Juniper Research dal titolo “Retail Banking: trasformazione digitale & Disruptor Opportunities 2017-2021”. Il digital banking piace, ai consumatori e sarà sempre più utilizzato: gli utenti scelgono le Banche che offrono servizi digitali, scelgono la comodità, i tempi rapidi, il multicanale. E questo significa solo che gli istituti finanziari saranno costretti ad adeguarsi, concentrando i loro sforzi sul digitale e sul Fintech, se vogliono essere leader di mercato.







