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Fintech islamico, opportunità e sfide

La promozione di una finanza etica e responsabile del Fintech potrebbe addirittura rappresentare un’opportunità per guidare e influenzare tutte le forme finanziarie a livello globale.   Non ci sono solo Occidente, Russia o Cina a cavalcare la nuova frontiera del Fintech. Anche nel mondo islamico si sta rapidamente diffondendo il fenomeno della finanza digitale. Come…

La promozione di una finanza etica e responsabile del Fintech potrebbe addirittura rappresentare un’opportunità per guidare e influenzare tutte le forme finanziarie a livello globale.

 

Non ci sono solo Occidente, Russia o Cina a cavalcare la nuova frontiera del Fintech. Anche nel mondo islamico si sta rapidamente diffondendo il fenomeno della finanza digitale. Come riporta Lawrence Wintermeyer su Forbes, durante la  24esima World Islamic Banking Conference (WIBC) tenutasi recentemente in Bahrein, si è intravista una certa crescita di attenzione per la tecnofinanza rispetto agli anni passati, sia a livello del Consiglio di cooperazione del Golfo (CCG) sia più in generale tra i paesi della regione Medio Oriente e Nord Africa (MENA). A riprova di ciò, solo per citare alcuni esempi, Dubai ha lanciato l’acceleratore FinTech Hive e l’Innovation Testing Licence, una sand-box normativa. Abu Dhabi, dal canto suo, ha dato il via a un’altra sand-box il RegLab, mentre il Bahrain ha addirittura lanciato una sand-box Regulatory, creato un’unità Fintech all’interno della banca centrale del paese, e dato il via a FinTech Bay, che a partire da febbraio 2018 sarà il più grande hub Fintech dei paesi tra Medio Oriente e Nord Africa.

Il Fintech islamico ha radici profonde

Nonostante sia ancora poco sviluppata, la comunità islamica del Fintech è cresciuta anche a livello globale. Come racconta Wintermeyer  sempre su Forbes, esperimenti di tecnofinanza islamica sono stati avviati già da tempo in Malesia dove si è cercato di fornire ai consumatori prodotti con obiettivi etici ed equilibrati conformi alla Sharia. La finanza islamica, infatti, è basata sulla fede e deve conformarsi alla legge islamica che vieta, ad esempio l’usura e gli interessi allo stesso modo in cui proibisce l’alcool. La mappa del Fintech islamico conta oltre 120 tipologie diverse a livello globale che vanno dai fondi di investimento alle cripto-monete. La società Wahed per esempio ha lanciato un RoboAdvice islamico che accede direttamente alle leggi della Sharia per effettuare verifiche sui fondi di investimento; Yielderss sta lanciando un mercato islamico alternativo di asset immobiliari; Ovamba, un player islamico attivo nella trade finance, sta per lanciare una Ico, cioè una Initial Coin Offering conforme alla Sharia che consente commissioni e condivisione del rischio sostenute da strumenti halal attraversi l’utilizzo di token. E ancora: CBX Unit è un sistema di pagamento universale conforme alla Sharia mentre Ethis Crowd utilizza i contratti e-Wakalah (contratti di agenzia) e Istisna (contratto per la costruzione di un asset) che consentono il crowdfunding di nuovi progetti immobiliari in Indonesia. Molto presto, secondo Wintermeyer, arriveranno anche banche islamiche digitali e Sukuk, vale a dire bond sugli exchange-traded fund cioè fondi d’investimento che appartengono alla macro famiglia di prodotti a indice quotati. Inoltre, faranno il loro ingresso nel mondo finanziario anche i Murabaha cioè strumenti che prevedono l’accordo di vendita-riacquisto di un asset detenuto dal debitore (negative short sale) oppure l’acquisto da parte del prestatore di un asset tangibile da una terza parte per conto del debitore (back-to-back sale) in aggiunta ai Takaful (assicurazioni). Attualmente i fondi di investimento conformi alla Sharia sono destinati a investimenti in microimprese, pmi e infrastrutture digitali ma la Blockchain offrirà l’opportunità di rivoluzionare il sistema bancario islamico adattando i contratti standard di finanza islamica agli smart contracts, tagliando i costi dei servizi fino al 95%. La promozione di una finanza etica e responsabile del Fintech islamico, a giudizio di Wintermeyer, potrebbe addirittura rappresentare un’opportunità per guidare e influenzare tutte le forme di finanza a livello globale.

Opportunità e sfide per il Fintech islamico

L’anno scorso, meno del 3% del capitale di rischio globale è stato investito in aree geografiche islamiche. La zona MENA e l’Africa subsahariana (SSA) rappresenteranno il 50% della popolazione mondiale entro il 2100 e al momento 1,8 miliardi di potenziali clienti islamici di Fintech. Questi mercati sono spesso fortemente carenti di servizi ed estremamente eterogenei: pertanto rappresentano una grossa opportunità di investimento nel digitale, nel blockchain, nei pagamenti elettronici e nei Big Data. Ma più semplicemente qualsiasi Fintech in grado di offrire servizi per bisogni finanziari non soddisfatti potrebbe rappresentare un’occasione. Le uniche condizioni sono l’accessibilità attraverso internet, cellulari o applicazioni, facilità d’utilizzo e trasparenza: deve essere, cioè, un prodotto certificato come Fintech islamico riconosciuto da consumatori e istituzioni. Per esempio nel Consiglio di cooperazione del Golfo il passaporto regionale Fintech è considerato uno strumento importante per il sistema di certificazione in grado di sbloccare l’accesso dei consumatori alla finanza digitale islamica. Strumento che potrebbe essere esteso alle regioni del MENA e al resto del mondo dando a milioni di persone accesso a prodotti certificati dalla conformità alle regole della Sharia. Con la maturazione di un ecosistema islamico di Fintech, inoltre potrebbero emergere ulteriori sviluppi anche per i mercati istituzionali e di capitali: e con 170 banche islamiche e altri 80 istituti che offrono finanza islamica, lavorare su prodotti globali di finanza islamica potrebbe rappresentare una parte fondamentale del futuro dei bilanci aziendali. Anche gli autori dello studio sulla quarta rivoluzione industriale del World economic forum, stimano che l’investimento in infrastrutture globali richiesto dalla comunità dei Service provider dovrebbe ammontare a 300 miliardi di dollari l’anno, con una crescita costante del 10%. In conclusione, sottolinea Wintermeyer il fabbisogno globale di investimenti in infrastrutture digitali è un’opportunità da sfruttare per banche islamiche, gestori di patrimoni e investitori, attraverso la Fintech islamica sia nelle economie appartenenti a questo mondo sia in quelle non appartenenti a questo mondo. Ciò perché la tecnofinanza islamica offre l’opportunità di trasformare la vita di milioni di persone in tutto il mondo e di contribuire a trasformare gli hub islamici Fintech in leader digitali della quarta rivoluzione industriale.

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