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Fintech

Fintech, Europa e Italia a caccia di regole

Le direttive Fintech attuali potrebbero non bastare. Scende in campo la Federazione bancaria europea   Il 2017 sarà un anno cruciale per il Fintech. La finanza tecnologica viaggia ormai verso un volume d’affari di mille miliardi di dollari, preparandosi a riscrivere una volta per tutte le regole di settore. Ma per completare il puzzle manca ancora…

Le direttive Fintech attuali potrebbero non bastare. Scende in campo la Federazione bancaria europea

 

Il 2017 sarà un anno cruciale per il Fintech. La finanza tecnologica viaggia ormai verso un volume d’affari di mille miliardi di dollari, preparandosi a riscrivere una volta per tutte le regole di settore. Ma per completare il puzzle manca ancora qualche tassello. Per esempio una cornice normativa in grado di garantire la pacifica convivenza tra operatori tradizionali, come banche e assicurazioni, e le nuove startup del Fintech.

Per molti esperti, come il deputato Stefano Quintarelli, è sufficiente la direttiva Psd II, evoluzione della precedente Psd I, con cui l’Ue ha dato un primo quadro normativo al Fintech. Che però potrebbe non bastare a porre fine allo scontro, di natura prettamente commerciale, tra diverse realtà. Le autorità di controllo dei singoli Paesi infatti potrebbero scontare, come spesso accade, le diverse impostazioni nazionali in materia di regolamentazione di un settore in evoluzione permanente. In Europa i rischi di una regulation zoppa, con il pericolo di un corto circuito nella finanza, soprattutto tra chi presta denaro, sono stati finalmente percepiti. Come dimostrano alcune proposte concrete arrivate sul tavolo della Commissione Ue.

fintechLa scossa è arrivata dalla Federazione bancaria europea (Ebf) che rappresenta il grosso degli istituti del Vecchio Continente. Lo scorso novembre l’associazione ha infatti redatto un corposo documento interamente dedicato al complesso rapporto tra banche e mercato digitale. Il punto di partenza è che nei prossimi anni vecchi operatori e startup non potranno più rimanere sulle barricate, dovendo necessariamente scendere a patti. D’altronde il business dei primi è già stato intaccato (e non poco) dalle seconde. Dunque, meglio trattare e trovare un quadro normativo il più uniforme possibile. Il problema è che l’attuale disciplina europea mantiene ancora ben separate le attività bancarie da quelle innovative legate al Fintech.

Di qui la proposta della federazione, che ricalca quanto già sperimentato nel Regno Unito con i dettami dell’Autorità di vigilanza sui mercati, la Fca. L’Ebf propone in buona sostanza di creare una sorta di piattaforma normativa da concordare con le autorità di regolazione nazionali, aggirando così le barriere dei singoli Paesi membri. In questo modo, si punta a superare alcuni dogmi della direttiva Ue, redigendo ex novo un documento comune, che dovrebbe vedere la luce entro il 2017, che possa dare al Fintech quella cornice normativa che ancora manca oggi. Fin qui l’Europa. E l’Italia?

Anche la Banca d’Italia ha deciso di mandare un segnale, pubblicando poche settimane fa le attese disposizioni sul social lending (il prestito online, veloce e tra privati). L’istituto centrale ha riconosciuto per la prima volta il fenomeno dei prestiti peer-to-peer, pur ribandendo alcuni concetti. E cioè che per una normativa articolata occorrerà che agisca direttamente il parlamento, uniformandosi magari agli orientamenti della federazione bancaria. Ma soprattutto che i prestiti on line non rappresentano, ancora, una vera e propria raccolta di risparmio tra il pubblico. Il primo passo verso una regolamentazione sul larga scala del Fintech, comunque, è stato fatto.

Gianluca Zapponini

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