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Libia

Vi spiego la guerra del petrolio fra Usa e Opec. Parla il prof. Tabarelli

I tagli Opec alla produzione di petrolio provocano tensioni fra Stati Uniti e Arabia Saudita. Ecco perché. Conversazione con l'economista Davide Tabarelli

Se non proprio una guerra a viso aperto è quantomeno una sfida impegnativa quella che vede Arabia Saudita e Stati Uniti contrapposti sul piano della produzione petrolifera. Non passa giorno senza che il presidente Usa Donald Trump chieda all’Opec di andarci piano con i tagli alla produzione petrolifera e il cartello, guidato informalmente da Riad, non rilanci la prospettiva di ulteriori tagli. Con Washington impegnata in un continuo rafforzamento della sua indipendenza energetica.

SCAMBIO DI BATTUTE TRA WASHINGTON E RIAD

Per capire il momento basta leggere l’ultimo scambio di battute tra i leader dei due paesi. Il presidente Trump aveva chiesto ancora all’Opec di moderare le politiche a sostegno dei rialzi del petrolio, ossia i tagli alla produzione in atto. Il ministro dell’Energia saudita (il maggiore promotore dei tagli stessi) Khalid al-Falih ha risposto che il Cartello “se la sta già prendendo comoda” e che i 25 Paesi produttori stanno anzi mantenendo un approccio molto misurato. D’altra parte, secondo il ministro, sarà necessario prolungare per tutto l’anno il taglio produttivo da 1,2 milioni di barili giornalieri, per ora programmato fino a giugno. Anche se per il momento non è in agenda al prossimo vertice Opec Plus, in programma il 17 e 18 aprile a Vienna.

USA LOCOMOTIVA: RIDOTTO AL MINIMO STORICO L’IMPORT DI GREGGIO DALL’ESTERO

Se consideriamo i dati di produzione L’import di greggio statunitense si è ridotto al minimo storico da 23 anni a questa parte: 5,9 milioni di barili al giorno, 2,8 se si considera il netto dell’export. Mentre dai pozzi americani sono stati estratti ben 12,1 milioni di barili al giorno, un altro record. Naturalmente l’Arabia Saudita, un tempo uno dei primi fornitori statunitensi, è quella che sta pagando il pegno maggiore.

TABARELLI: QUELLA DEGLI USA È UNA ROTTURA EPOCALE. E NON SEMBRANO VOLERSI FERMARE

Quella degli Usa è “una rottura sorprendente, anche per noi che da 30 anni guardiamo ai mercati petroliferi. Si tratta di una modifica epocale per la quantità di petrolio che gli Usa producono, riuscendo a superare anche l’Arabia Saudita e diventando i primi produttori di greggio al mondo con oltre 12 milioni di barili al giorno – commentato a StartMagazine l’economista avide Tabarelli, presidente e fondatore di NE (Nomisma Energia) -. L’aspetto più impressionante è che questo trend sembra che durerà ancora a lungo. Gli Usa vanno al massimo e non sembrano aver sosta”.

GLI USA STANNO COSTRUENDO MOLTA CAPACITÀ DI EXPORT ANCHE CON PREZZI DEL GREGGIO BASSI

Per il momento le statistiche della statunitense Eia mostrano un calo delle scorte Usa di ben 8,7 milioni di barili, oltre le attese che hanno di fatto dato un’ulteriore spinta alle quotazioni del greggio, che già stavano salendo. Nel 2019 il West Texas Intermediate ha recuperato più del 25% in un rialzo senza precedenti. Ma i valori rimangono comunque bassi rispetto alle cifre record del passato. “I prezzi sono intorno ai 54 dollari negli Stati Uniti e nonostante ciò riescono a guadagnare” con i loro giacimenti “o li mettono da parte e poi ripartono – osserva Tabarelli -. Inoltre hanno un costo del capitale bassissimo. Forse c’è da considerare anche una degenerazione del sistema finanziario statunitense ma per fortuna, visto che noi Europa siamo importatori e consumatori. Stanno costruendo tanta capacità per l’esportazione, soprattutto in Texas dove converge molto petrolio non solo texano ma anche da Oklahoma, Nord Dakota e perfino dal Canada. Si tratta, insomma, di una rivoluzione che porta l’Opec a dover essere più disciplinato e a dover ridurre la produzione”.

TABARELLI: SE VOGLIAMO PARLARE DI UNA GUERRA, GLI USA NE ESCONO VINCITORI

Il futuro sembra invece più incerto. “Anche noi ci stiamo chiedendo se continuerà o meno questa crescita e di quanto. Considerando anche la domanda mondiale che è prevista in crescita dell’1,5%. Pertanto ritengo che l’Opec rimarrà ferma e crescerà la quota degli Stati Uniti con i prezzi che continueranno a oscillare sui numeri di questi ultimi tempi. Al momento però, se vogliamo parlare di una guerra, gli Usa ne escono vincitori. Poi anche Trump si trova in una posizione difficile perché chiedere di bloccare i tagli lo mette in una condizione difficile con i petrolieri americani che vorrebbero naturalmente prezzi più alti”, ha concluso Tabarelli.

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