skip to Main Content

Litio

Vi racconto la guerra del litio

Una volta l’uso più noto del litio era quello di lenire gli attacchi psicotici. Ora l’elemento solido “più leggero che esista” deve salvarci dall’inquinamento atmosferico. È chiedere troppo? La Nota diplomatica di James Hansen

Il litio è il più leggero di tutti i metalli. I suoi usi più importanti sono nella produzione di pile ricaricabili ad alta potenza —come quelle dei cellulari e delle automobili elettriche — e in medicina come “stabilizzatore d’umore” per calmare le psicosi. È d’importanza critica per i tentativi di imporre la sostituzione dei veicoli a carburanti fossili con mezzi elettrici, detti “ad emissioni zero” perché l’inquinamento della produzione energetica si disperde fuori città, lontano dal consumo. Dodici paesi e una ventina di grandi metropoli hanno decretato che la sostituzione debba avere luogo in tempi relativamente brevi — per i più, entro il 2030.

Tra i paesi, la Cina (il maggiore mercato automobilistico del mondo), il Giappone (il terzo mercato mondiale), Sud Corea, Taiwan e, nella Ue, Danimarca, Svezia, Norvegia, Germania, Spagna e Portogallo, con Costa Rica nell’America Centrale. Il traguardo è ambizioso. Molto dipende dallo sviluppo di tecnologie non ancore mature — e non sempre le leggi della natura si adeguano ai decreti legislativi.

Il punto critico è la batteria ricaricabile che immagazzina l’energia per la trazione. Le più performanti sono agli ioni di litio. Di qui il grande interesse commerciale per il metallo. Si prevede che il mercato mondiale per accumulatori agli ioni di litio possa crescere del 22% di qui al 2024. Viste anche le pressioni governative dietro all’incremento, è comprensibile che si era inizialmente scatenato una sorta di boom del metallo — ma quest’anno i prezzi sono invece crollati del 28% per la scarsa domanda.

Il litio è comune in natura, ma non in concentrazioni alte. Le fonti più ricche sono in larga parte in mano cinese, il che crea dei dubbi geopolitici. Dopo il dominio petrolifero arabo, l’idea di scambiare una forma di servitù energetica per un’altra non è tanto attraente. Non è detto che vada così, in parte perché — passati i primi entusiasmi — emergono più chiaramente i limiti del trasporto elettrico. Riguardano soprattutto la capacità delle batterie: sopportano bene i viaggi brevi, ma sono pesanti da trasportare — ecco perché gli aerei elettrici “stentano a decollare”— e sono lente al ricarico, un forte limite per i viaggi più lunghi. Emergono problemi per lo smaltimento alla fine della vita utile.

Un altro aspetto — non ovvio in un primo momento — è l’effetto sulla rete elettrica quando la massa dei pendolari torna a casa la sera, tutti alla stessa ora, e mette le auto a ricaricare. Gli inglesi se lo sono chiesto e hanno scoperto, inorriditi, che la rete di distribuzione attuale non reggerebbe. Ricostruirla non sarebbe né banale né veloce, ma l’alternativa è di restare al buio all’ora del TG. C’è poi la reazione della lobby ecologica, molto attiva nella faccenda. Avendo ottenuto — almeno in prospettiva — la prossima riduzione delle emissioni nei centri urbani, si sta riorientando ora verso l’opposizione tout court ai veicoli privati, da abolire a favore del trasporto pubblico. Escono i primi studi sulla pericolosità ambientale delle briciole rilasciate dalle gomme delle auto—anche quelle ad emissioni zero — per l’abrasione delle ruote mentre sono in movimento… I veicoli elettrici offrono molti vantaggi — almeno in città — e il loro arrivo massiccio è probabilmente sia inevitabile che augurabile. Ma la partita del litio è lungi dall’essere vinta.

Back To Top