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Cina

Ets e Cbam, la produzione industriale nell’Ue costerà di più? Analisi

Il Parlamento europeo ha approvato la riforma del mercato delle emissioni (Ets) e il dazio sul carbonio (Cbam). Quali saranno le conseguenze per le industrie europee. L'approfondimento di Sergio Giraldo

 

Il Parlamento europeo ha approvato definitivamente tre importanti provvedimenti parte del complesso programma Fit for 55: la riforma dell’ETS (Emission Trading System, il mercato delle emissioni di CO2), il Fondo sociale per il clima e il discusso meccanismo CBAM (Carbon border adjustment mechanism). Ora le norme devono passare un’ultima volta dal Consiglio europeo, ma trattasi di pura formalità. I testi sono infatti arrivati due giorni fa n aula già blindati dagli accordi presi nei mesi scorsi a livello di trilogo (Parlamento, Commissione e Consiglio) e potevano essere solo accettati o respinti in blocco. Le decisioni di Bruxelles, dunque, potranno entrare in vigore dopo la pubblicazione, forse già il mese prossimo.

COSA PREVEDE LA RIFORMA DELL’ETS

La riforma dell’ETS allarga l’area dei soggetti obbligati a pagare le quote di CO2 coinvolgendo anche i conduttori delle abitazioni e i possessori di mezzi di trasporto. Il Fondo sociale per il clima è lo strumento che dovrebbe distribuire i proventi dell’ETS ai consumatori più in difficoltà. Il meccanismo dell’adeguamento del carbonio alla frontiera (CBAM) obbligherà gli importatori di determinate merci ad acquistare i permessi di emissione relativi alla produzione delle merci importate.

La riforma ETS è stata approvata con 413 voti favorevoli, 167 contrari e 57 astensioni. Tra gli italiani, contrari Lega e Fratelli d’Italia, astenuta Forza Italia. La riforma prevede una più rapida eliminazione delle quote gratuite per le imprese e la creazione di un nuovo sistema ETS per i combustibili per trasporto e per gli edifici dal 2027. Passa anche la revisione dell’ETS per l’aviazione nonché l’allargamento al settore marittimo, due provvedimenti votati separatamente ma parte organica della riforma.

IL FONDO SOCIALE PER IL CLIMA

Il Fondo sociale passa con 521 voti (favorevoli tutti i partiti italiani) e sarà dotato di 65 miliardi frutto della vendita all’asta dei permessi di emissione, che saranno distribuiti a famiglie vulnerabili, piccole imprese e “utenti dei trasporti particolarmente colpiti dalla povertà energetica”.

I DAZI “GREEN” DEL CBAM

Il CBAM è stato approvato con 487 voti favorevoli, 81 contrari e 75 astensioni. Tra gli italiani, favorevole Fratelli d’Italia, astenute Lega e Forza Italia (con l’eccezione di Salvatore De Meo, favorevole). La sinistra italiana ha votato sì a tutto.

Marco Campomenosi, europarlamentare della Lega, gruppo Identità e Democrazia, ha affermato che “l’ETS per le case e le automobili avrà un impatto sociale molto negativo per le famiglie, per questo abbiamo votato contro. Non abbiamo sostenuto neppure il meccanismo di aggiustamento del carbonio alla frontiera, che ci preoccupa. Il CBAM non è dotato di un supporto all’export, che invece sarebbe necessario a compensazione, e si trasformerà in uno strumento che renderà più costoso produrre in Europa con componenti importate”.

Il CBAM si applicherà alle importazioni di energia elettrica, fertilizzanti, ferro, acciaio anche lavorato, alluminio, cemento e idrogeno. Alle imprese che importano in Ue questi prodotti la norma impone di comunicare la quantità di CO2 contenuta nelle merci, per acquistare poi i relativi permessi di emissione, valorizzati ai prezzi europei. Il meccanismo sarà introdotto dal 2026 e gli adempimenti non saranno leggeri. Le imprese dovranno registrarsi e comunicare ogni tre mesi le quantità importate. Una volta all’anno dovranno dichiarare l’ammontare della CO2 importata “contenuta” nei prodotti. A tale scopo, il regolamento fornisce le basi per effettuare i calcoli relativi. La quantità di CO2 dichiarata dovrà quindi essere valorizzata al prezzo medio delle quote, in euro a tonnellata, registrato sul mercato europeo.

“I nodi presto verranno al pettine, ne pagheranno le spese imprese, lavoratori e famiglie. Sarebbe stato importante avere negli ultimi due anni un ministro della Transizione ecologica capace di portare a Bruxelles il punto di vista di imprese e lavoratori italiani molto preoccupati per l’impatto che queste regole avranno. L’allarme è arrivato troppo tardi” conclude Campomenosi.

L’IMPATTO SULL’INDUSTRIA DELL’ACCIAIO

Un allarme diffuso tra le imprese già almeno dal 2021 e che nella primavera 2022 era sfociato in una lettera di Eurofer, nella quale gli acciaieri europei (tra cui gli italiani Feralpi, Tenaris, Riva, Lucchini) manifestavano grande preoccupazione per la competitività dell’industria dell’acciaio europeo.

Gli appelli alla cautela non sono serviti a nulla e la hybris eco distruttiva dell’Unione europea non si è placata. Le nuove norme alzeranno i costi dell’energia e arrivano come un rullo compressore in un panorama economico già preda di estrema incertezza, con un clima avverso agli investimenti.

Il dato del PIL cinese (+4,5% nel primo trimestre dell’anno) segna una strada al rialzo per le materie prime, dunque una persistenza dell’inflazione. Se è così, né la Federal Reserve né la Banca Centrale Europea si precipiteranno ad abbassare i tassi di interesse, anzi. In un contesto simile le nuove norme europee non fanno che peggiorare il quadro, alzando ancora i costi. Evidentemente Bruxelles, troppo impegnata a salvare il mondo, non ha ancora capito che tenere bassi i prezzi dell’energia è fondamentale per la sopravvivenza dell’economia continentale.

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