Con l’invasione dell’Ucraina, l’Unione europea ha compreso i rischi di un’eccessiva dipendenza energetica da un paese autoritario quale la Russia e sta lavorando – tra molte difficoltà e contraccolpi – per ridurla il più possibile e in tempi rapidi. Nel farlo, come fa notare Quartz, potrebbe però finire per legarsi ancora di più a un’altra nazione potenzialmente ostile: la Cina.
I piani energetici europei prevedono un progressivo distacco dai combustibili fossili in favore soprattutto delle fonti rinnovabili come l’eolico e il solare. La Cina è nettamente la maggiore produttrice di pannelli solari al mondo, e ne sta aumentando molto le esportazioni verso il Vecchio continente.
LE ESPORTAZIONI DI PANNELLI CINESI IN EUROPA
Stando ai dati doganali cinesi, il valore delle esportazioni di pannelli solari verso l’Unione europea nei primi otto mesi (gennaio-agosto) del 2022 è arrivato a 16 miliardi di dollari, più del doppio rispetto allo stesso periodo del 2021 (7,2 miliardi).
L’AUMENTO DEI PREZZI
L’aumento del valore non è dovuto soltanto alla maggiore quantità di dispositivi esportati, ma anche alla crescita del loro prezzo. Quest’anno i prezzi del polisilicio, un materiale cristallino e conduttivo necessario per produrre le celle dei pannelli solari, hanno raggiunto livelli record in Cina, ripercuotendosi su quelli dei prodotti finiti.
L’AUMENTO DEI VOLUMI
Se però si misura le vendite di pannelli solari cinesi all’Europa tenendo conto della loro capacità di generazione energetica, si nota un effettivo aumento dei volumi esportati. Stando ai dati della società di consulenza InfoLink, infatti, nella prima metà del 2022 l’Europa ha importato moduli fotovoltaici dalla Cina per 42,4 gigawatt, il 137 per cento in più su base annua. Stando al dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, 1 GW equivale all’incirca a 3.125 milioni di pannelli solari.
LA PRODUZIONE CINESE
Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia, nel 2021 la Cina ha rappresentato il 75 per cento della produzione mondiale di pannelli solari; l’Europa appena il 2,8 per cento. Pechino possiede inoltre una posizione dominante sull’intera filiera del fotovoltaico, perché concentra la manifattura dei materiali e dei componenti necessari per realizzare i pannelli come le celle solari, i wafer di silicio e il polisilicio.
I GUADAGNI DELLE AZIENDE CINESI
Quartz scrive che mentre l’Europa prende le distanze dai combustibili fossili russi, potrebbe finire per affidarsi all’industria solare cinese, dandole un ulteriore vantaggio rispetto alla già ridotta concorrenza. A maggio infatti, quando la Commissione ha presentato il piano RePowerEU per l’azzeramento della dipendenza energetica dalla Russia entro il 2027, le azioni in borsa delle principali società cinesi che producono componentistica solare sono cresciute. Da questa relazione di compravendita a rimetterci potrebbe essere, ancora una volta, la sicurezza del blocco.
IL SOLARE GARANTISCE LA SICUREZZA ENERGETICA?
In un paper di recente pubblicazione, i ricercatori dell’European Parliamentary Research Service (il think tank interno al Parlamento europeo) Kjeld van Wieringen e Julia Hüntemann hanno scritto così: “Con l’Europa che importa l’80% dei suoi pannelli solari dalla Cina, la dipendenza si sposterebbe semplicemente dal petrolio o dal gas importati alle attrezzature solari importate”. Una situazione che, a loro dire, contrasta con l’idea che quella solare rappresenti “una vera fonte di sicurezza energetica e di autonomia strategica”.