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Sec Esg

Chi vince e chi perde con le nuove regole della Sec sul clima

La Sec statunitense ha proposto una serie di regole per le aziende, che dovranno divulgare i loro livelli di emissione e il grado di esposizione ai rischi climatici. Ecco vincitori e perdenti.

 

Lunedì la Securities and Exchange Commission (SEC), l’ente federale degli Stati Uniti che si occupa di vigilare sulla borsa valori, ha pubblicato un elenco di regole per le aziende sulla divulgazione dei loro livelli di emissioni di gas serra e della loro esposizione ai rischi climatici.

COSA SI INTENDE PER RISCHIO CLIMATICO

Quartz riporta un esempio concreto di cosa si intende per “rischio climatico”: la compagnia britannica di beni di consumo Unilever è una delle più grandi acquirenti di olio di palma al mondo e ha presentato un case study per mostrare in che modo un evento climatico estremo, ripercuotendosi sulle piantagioni, possa impattare sulla sua catena di approvvigionamento.

I rischi climatici non riguardano solamente l’aumento delle temperature o del livello del mare, ma anche tutte le implicazioni connesse alla transizione verso un’economia low-carbon. Ad esempio l’aumento dei permessi di emissione, il mutamento delle abitudini dei consumatori (che potrebbero rivolgersi verso prodotti diversi, magari a ridotto impatto ambientale) oppure la stigmatizzazione di certi settori industriali percepiti come troppo inquinanti (che potrebbero portare a un calo degli investimenti).

VINCITORI E SCONFITTI

Quelle della SEC sono proposte, che – come fa notare CNBC – impiegheranno molto tempo prima di diventare, eventualmente, legge; ma se compiranno questo passaggio, avranno implicazioni profonde sul settore imprenditoriale americano.

La standardizzazione delle divulgazioni dei dati climatici da parte delle aziende andrà innanzitutto a creare un nuovo settore economico: si svilupperà un’industria focalizzata sull’elaborazione di soluzioni tecnologiche per il tracciamento e la convalida di emissioni e rischi. Le società che su base volontaria stanno già monitorando e diffondendo questi dati, inoltre, godranno di un vantaggio competitivo sulle rivali.

Le regole della SEC puntano a creare un contesto di maggiore trasparenza per gli investitori e i clienti delle aziende, sempre più attenti alla sostenibilità ambientale, sociale e di governance (ESG). I “ritardatari del clima”, come li chiama CNBC – ovvero le società che finora hanno prestato scarsa attenzione al loro impatto climatico -, potrebbero perdere attrattività e, di conseguenza, entrate economiche.

LE ECCEZIONI

In alcuni settori, tuttavia, le alternative “verdi” semplicemente non esistono e le aziende emissive non verrebbero pertanto penalizzate dalle regole della SEC. Le industrie chimiche, del cemento o della carta, per esempio, sono considerate energivore (consumano grandi quantità di energia) e hard-to-abate (difficili da decarbonizzare, perché al momento non esistono combustibili puliti in grado di rimpiazzare quelli fossili utilizzati nei loro processi produttivi).

COSA DICE LA SEC SULLE EMISSIONI SCOPE 3

Le regole della SEC prevedono, per le aziende, l’obbligo di divulgazione delle emissioni Scope 1 (quelle generate direttamente dall’azienda e sotto il suo controllo) e Scope 2 (le emissioni “indirette”, legate per esempio all’energia utilizzata per illuminare o riscaldare gli uffici). Sono entrambe piuttosto semplici da monitorare.

La SEC però chiede alle imprese di rendere note anche le emissioni Scope 3, ovvero tutte le altre emissioni indirette legate alla catena del valore dell’azienda e del suo prodotto. In questo caso, il tracciamento è più complesso, specie per quelle società che possiedono supply chain lunghe e sparse in molti paesi del mondo. È possibile allora che le compagnie inizieranno a fare maggiore affidamento sui fornitori domestici, localizzati nei mercati ultimi di destinazione dei prodotti, perché più facili da monitorare.

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