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Francia Germania

Perché Francia e Germania si prendono a sportellate sull’energia

Nessun accordo sull'energia tra i paesi europei: Francia e Germania sono ferme su posizioni opposte. Ecco cos'è successo alla riunione per la riforma del mercato elettrico.

I ministri dell’Energia dell’Unione europea si sono riuniti a Lussemburgo per approvare la riforma del mercato elettrico (EMD, Electricity Market Design). Ma quella che doveva essere una riunione tutto sommato tranquilla si è trasformata prima ancora di iniziare in un rodeo.

La proposta di Regolamento 2023/0077 (COD) dovrebbe, nelle intenzioni, cercare di risolvere alcuni problemi che si sono verificati lo scorso anno, quando la volatilità dei prezzi a breve termine del gas si è riversata sulle bollette di imprese e famiglie provocando i disastri che tutti ricordano. L’idea, sulla carta, è di fornire maggiori informazioni e più scelta ai consumatori, maggiore stabilità di prezzo favorendo la stipula di contratti a lungo termine e stimolare gli investimenti in fonti rinnovabili.

La discussione prima si è allungata, poi è diventata scontro aperto e infine si è chiusa con un rinvio per proseguire la discussione al prossimo Coreper, cioè a livello di ambasciatori. Nulla di fatto, insomma. Gli oggetti del contendere erano ben tre: l’applicazione dei contratti per differenza (CFD), il mantenimento del capacity payment agli impianti a carbone e un tetto ai ricavi inframarginali.

Spieghiamo.

COSA SONO I CONTRATTI PER DIFFERENZA

I CFD sono contratti di lungo termine per grossi quantitativi tra i produttori di energia e le compagnie di vendita oppure grandi clienti consumatori. Viene fissato un prezzo che si confronta con il mercato spot giornaliero e ci si scambiano le differenze monetarie tra prezzo fisso contrattuale e prezzo spot. Nel Regolamento proposto, i produttori interessati dal meccanismo saranno i nuovi impianti a fonte rinnovabile, mentre l’acquirente è lo Stato membro, che comprando l’energia a prezzo fisso riconosce un sostegno diretto al produttore (di fatto si tratta di un incentivo). Le differenze positive incassate dallo Stato devono poi essere redistribuite ai consumatori.

La Francia, con non poca sfrontatezza, vorrebbe che questo meccanismo fosse esteso anche agli impianti nucleari esistenti. La Germania è fortemente contraria, così come i suoi satelliti, perché ciò scoraggerebbe gli investimenti nelle rinnovabili. Una proposta di mediazione che considerava i soli nuovi investimenti sul nucleare è stata respinta sdegnosamente dalla Francia.

COS’È IL CAPACITY PAYMENT

Passando al secondo tema, il capacity payment agli impianti a carbone permette a questi di ricevere una remunerazione per restare pronte in ogni momento a produrre, nel caso in cui sia necessario al gestore di rete per evitare blackout. La Svezia, presidente di turno dell’Ue ancora per qualche giorno, ha presentato all’ultimo momento una proposta per favorire l’allungamento dei sussidi legati a questo meccanismo. La Polonia naturalmente è favorevole, ma si è scontrata subito con il secco no della Germania. Quest’ultima, assieme agli alleati di sempre, ha respinto l’idea perché “non compatibile con gli obiettivi di protezione del clima dell’UE”, come ha detto ai giornalisti il ministro dell’economia e del clima Robert Habeck prima dell’inizio della riunione stessa. La Francia, interessata ai CFD sul nucleare, tatticamente appoggia la posizione della Polonia sul carbone.

IL TETTO AI RICAVI DELLE RINNOVABILI

Infine, Portogallo e Spagna vorrebbero inserire strutturalmente un tetto ai ricavi delle rinnovabili nel caso in cui prezzi salissero oltre un certo livello, per impedire extramargini e abbassare il prezzo medio di sistema. Un meccanismo simile esiste già in Italia da oltre un anno, ma il nuovo regolamento lo allargherebbe a tutta l’Unione. Di questo pare si sia parlato poco, essendo gli altri due argomenti più pregnanti.

L’ACCORDO CHE NON C’È

Al termine della lunga giornata di discussioni, facce scure e presa d’atto di profonde divisioni. L’accordo c’è sulla parte di testo che riguarda i diritti dei consumatori, ma non sui CFD né sul capacity payment al carbone.

Venerdì scorso il Coreper aveva dato il via libera ad un altro pezzo Green deal, la nuova direttiva sulle fonti rinnovabili (RED III). L’accordo prevede di arrivare al 2030 con una quota del 42,5% di energia rinnovabile rispetto al totale del consumo finale di energia elettrica. Un altro obiettivo “ambizioso” si aggiunge alla collezione. L’approvazione della direttiva era stata bloccata dalla Francia, che chiedeva che anche l’idrogeno prodotto con fonte nucleare fosse considerato a basse emissioni di CO2, al pari di quello prodotto con fonti rinnovabili. La linea rossa tracciata dalla Francia ha portato a discussioni e malumori, sinché la Commissione proprio venerdì ha emesso una comunicazione nella quale “riconosce che altre fonti di energia senza combustibili fossili, oltre alle energie rinnovabili, contribuiscono al raggiungimento della neutralità climatica, per gli Stati membri che decidono di fare affidamento su tali fonti”. Una frase involuta che salva il nucleare senza citarlo e che ha accontentato la Francia.

LA CORTE DEI CONTI EUROPEA PREVEDE UN FLOP SULLE BATTERIE

Intanto, la Corte dei Conti europea ha diffuso uno studio nel quale chiarisce che la rincorsa europea alle batterie rischia di diventare un flop epocale, data la dipendenza europea dall’estero per troppi materiali critici, indispensabili per queste tecnologie. Persino i grigi contabili con sede in Lussemburgo si sono accorti di quanto la politica industriale europea abbia il fiato corto. Vedremo se a Bruxelles qualcuno farà professione di realismo.

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