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Russia

L’Europa sgonfia affari e volumi della Russia sul gas

Crollano le entrate della Russia per la vendita di gas all'Unione europea. La stessa Gazprom, controllata dal Cremlino, ammette la crisi: calano la produzione e le esportazioni complessive. I dati e l'analisi di Matteo Villa (Ispi).

Le entrate economiche della Russia per la vendita di gas naturale all’Unione europea, il suo principale mercato di destinazione prima dell’invasione dell’Ucraina, sono oggi pari a un terzo di quelle precedenti alla guerra. Un crollo che l’analista dell’ISPI Matteo Villa ha definito “un risultato storico”.

L’AMMISSIONE DI GAZPROM

La stessa Gazprom, la società gasifera russa controllata dal governo, ha ammesso che il 2022 è stato un anno “molto, molto difficile”.

Le esportazioni via condotte verso i paesi che non appartenevano all’Unione sovietica sono infatti ammontate a circa 100,9 miliardi di metri cubi, il 45 per cento in meno rispetto ai volumi del 2021 (185,1 miliardi) e il valore più basso dal 1995.

Anche i livelli produttivi sono scesi parecchio, passando dai 514,8 miliardi di metri cubi del 2021 (il massimo in tredici anni) ai 412,6 miliardi dell’anno scorso.

LA CINA (E L’ASIA INTERA) NON BASTANO A COMPENSARE

Le esportazioni di gas russo verso l’Asia, e in particolare verso la Cina, seppur aumentate, non sono bastate a compensare la diminuzione delle entrate europee. La piena sostituzione non è stata possibile né per i volumi (legati alle capacità di trasporto degli impianti) né per i prezzi di vendita (Mosca ha accettato di consegnare il combustibile a Pechino con un forte sconto).

– Leggi anche: Perché la Russia non potrà sostituire l’Europa con la Cina sul gas

La Russia, insomma, non sembra essere in grado di rimpiazzare il mercato europeo con quello cinese, come si vede da un altro grafico diffuso da Villa. L’Unione europea ha peraltro intenzione di azzerare le importazioni di idrocarburi da Mosca, storicamente la sua maggiore fornitrice, entro il 2027.

COM’È MESSA (MALE) LA RUSSIA, TRA GAS E PETROLIO

Infine”, conclude Villa, “per quelli che: ‘La Russia ha guadagnato moltissimo l’anno scorso, prima che inizino a soffrire occorreranno anni’. Malgrado entrate triplicate, Mosca ha chiuso il 2022 col deficit più alto in 20 anni. Si sono già “mangiati” i guadagni. Tutto il resto sarà perdita secca”, spiega l’analista.

La situazione, per il Cremlino, non è positiva nemmeno sul versante del petrolio. Il ministro delle Finanze Anton Siluanov ha dichiarato recentemente che il calo delle entrate petrolifere dovuto al price cap e le grandi spese militari per la guerra all’Ucraina potrebbero avere l’effetto di ampliare il deficit di bilancio per il 2023, fissato al 2 per cento del PIL.

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