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Quota 100

Perché serve un Piano Marshall sull’energia tra Usa e Ue

Stati Uniti e Unione europea devono cementare la ritrovata unità con un Piano Marshall sull’energia. L'analisi di Giuliano Cazzola.

 

L’Unione europea e gli Stati Uniti hanno raggiunto un accordo per aumentare considerevolmente le importazioni in Europa di Gas naturale liquefatto (Gnl) al fine di ridurre la dipendenza dal gas russo. Lo hanno annunciato, nei giorni scorsi, Jeo Biden e Ursula von der Leyen.

È l’ora di un Piano Marshall dell’energia. Nella storia non sono ammessi ‘’voli pindarici’’ tra situazioni diverse a distanza di tanti decenni. Il Piano dell’Amministrazione americana del 1947 si poneva l’obiettivo di contribuire alla ricostruzione dell’Europa dopo le distruzione della Seconda guerra mondiale. Si trattò di una scelta lucida e lungimirante con la quale gli Usa, vincitori della guerra, si impegnavano a svolgere un ruolo di guida nella ricostruzione e nella conquista di una pace solida e duratura.

È ciò che era mancato alla fine della Grande Guerra. Le truppe americane erano state determinanti nella sconfitta degli Imperi centrali. Il loro massiccio intervento aveva cambiato le sorti del conflitto. Il presidente Woodrow Wilson – che aveva voluto la partecipazione del suo Paese nel conflitto e che fu il principale protagonista della Conferenza di Versailles promuovendo la costituzione della Società delle Nazioni, come strumento di composizione delle controversie internazionali – venne sconfessato dal Congresso che, in un raptus isolazionista, non approvò i trattati, costringendo Wilson ad una sostanziale emarginazione politica che lo condusse in breve tempo alla morte. Abbandonata a se stessa, alle sue inimicizie storiche non sopite, alla contesa sulle risorse del carbone e dell’acciaio, l’Europa si trovò a vivere un ventennio di armistizio tra le due grandi tragedie del ‘’secolo breve’’: un armistizio che tornò ad essere guerra aperta il 1° settembre del 1939 quando la Germania di Hitler – a cui la Francia e il Regno Unito avevano fatto delle concessioni vergognose – invase la Polonia (in combutta con l’Urss di Stalin).

Winston Churchill commentò il Patto di Monaco del 1938 con queste parole profetiche (che sarebbe opportuno ricordare a tanti ‘’putiniani a loro insaputa’’ che frequentano gli studi televisivi): ‘’Per evitare la guerra avete scelto il disonore. Avrete il disonore e la guerra’’.

L’Amministrazione americana nel secondo dopoguerra (già la Carta Atlantica aveva tracciato la rotta) comprese che era necessario recuperare anche i Paesi sconfitti ad una prospettiva di ricostruzione e di pace. A parte i soccorsi di carattere alimentare, il Piano Marshall si rivolgeva anche all’Urss e ai Paesi europei di quell’area di influenza (allora i partiti comunisti stavano prendendo il potere con la costituzione delle c.d. democrazie popolari). La cosa suscitò un dibattito anche in quel mondo, chiuso dal niet di Stalin, dettato da motivi politici, a cui si attennero sia i governi dell’Europa dell’Est sia i partiti comunisti dei Paesi occidentali dall’opposizione (il Pci e il Pcf). Il Piano, non si limitava a fornire risorse importanti (fatte le dovute equivalenze comunque inferiori a quelle del NGEU) nell’arco di un quinquennio, ma orientava la riconversione e la ricostruzione degli apparati industriali verso nuovi obiettivi produttivi: i beni di consumo durevoli a partire dall’automobile fino ai c.d. elettrodomestici bianchi. Il che ovviamente richiedeva investimenti nelle infrastrutture (le autostrade) e nell’industria di base (la siderurgia, l’energia e la petrolchimica).

Il miracolo economico (pur con tutti i suoi squilibri: l’immigrazione interna, il dualismo Nord-Sud, ecc.) si basò su tali scelte. E l’economia italiana si mise al traino dell’export (la caratteristica che l’ha contraddistinta in tutti questi decenni). Ma lo sviluppo dell’Italia (a cui diede un grande contributo l’edilizia urbana) era in sintonia con un mercato che, per quanto riguardava l’offerta, condivideva i medesimi orientamenti della domanda. E la svolta verso l’economia di mercato e il libero commercio si trasformò in breve tempo in un’alleanza politico-militare (il Patto Atlantico e la Nato), che favorì il sorgere di una comunità europea, democratica e aperta sui due pilastri fondamentali di un nuovo ordine: la democrazia e l’economia di mercato.

La competizione con l’URSS durante la Guerra fredda non fu solo politica e militare, ma anche economica. Quest’aspetto venne trascurato nel dibattito di quegli anni; anzi in alcune occasioni (come nelle sfide per la conquista dello spazio) c’era la convinzione che l’Unione sovietica fosse più avanti dell’America. Allo stesso modo il modello del socialismo reale non era criticato sotto l’aspetto economico, al punto da far credere in certi ambienti che il lavoro, la giustizia sociale facessero aggio sulle libertà che venivano sacrificate nello sforzo titanico della costruzione di un mondo nuovo. L’Impero sovietico si sgretolò, invece, sull’economia, perché non è possibile l’esistenza di libertà politiche senza libertà economiche. Tanto che tutti tentativi di dare ‘’un volto umano’’ al comunismo sono falliti (buon ultimo il disegno di Gorbaciov) perché, pur nel tentativo di apertura sul piano politico, non mettevano in discussione il sistema economico.

Per trovare elementi a conferma di questa, pur sommaria, analisi è sufficiente notare – in questo momento di crisi – che la Russia ha nei confronti dell’Europa un potere superiore a quello dei carri armati del Patto di Varsavia. Il Cremlino ha le mani sulla vena iugulare delle forniture energetiche che condizionano la vita e il benessere di gran parte dell’Europa. È vero: se noi abbiamo necessità di acquistare il gas e il petrolio russo, Putin ha l’esigenza di venderlo. Intanto, però, è sul terreno energetico che scricchiola tuttora la decantata compattezza dell’Unione. La grande intuizione degli statisti europei dell’immediato dopoguerra fu quella di creare un mercato comune del carbone e dell’acciaio (CECA) ovvero di quelle risorse il dominio delle quali era stato il motivo principale di due guerre mondiali.

L’Occidente si ricompatta sull’energia. La Ue non può tagliare i legami con la Russia, fino a quando non trova mezzi sostitutivi per il suo fabbisogno energetico. La guerra in Ucraina si è rivelato un errore di Putin anche per questo motivo. Approfittando del disinteresse americano per l’Europa (clamoroso da parte di Trump) la Russia, proprio per la sua egemonia nel campo energetico e delle materie prime e per la crescente integrazione con i principali Paesi europei aveva una carta importante da giocare: un’intesa con la Ue in chiave anti-Usa. Putin ha sprecato questa opportunità; ma Usa e Unione europea devono cementare la ritrovata unità con un Piano Marshall sull’energia.

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