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Petrolio

Petrolio russo, cosa faranno Ue, Cina e India

L'Ue vuole sospendere le importazioni di petrolio russo e prodotti raffinati ma è divisa. L'India sta aumentando gli acquisti di barili da Mosca. E lo stesso vale per la Cina. Ma la situazione è comunque difficile per il Cremlino. Tutti i dettagli

 

Dopo il blocco agli acquisti di carbone, ieri la Commissione europea ha presentato un piano per annullare le importazioni di petrolio greggio e di prodotti raffinati dalla Russia entro un periodo di – rispettivamente – sei e nove mesi. L’annuncio è rilevante, sia perché le rendite delle esportazioni petrolifere sono molto importanti per il bilancio russo, sia perché il 27 per cento circa del greggio importato dall’Unione europea proviene proprio dalla Russia (la dipendenza è ancora più alta per i prodotti petroliferi).

LA DECISIONE DELL’UNIONE EUROPEA SUL PETROLIO RUSSO

La decisione di Bruxelles di applicare un embargo sul petrolio russo ha l’obiettivo di eliminare una corposa fonte di entrate per il Cremlino – nell’ordine di miliardi di dollari al mese, scrive il New York Times -, utilizzate per finanziare l’invasione dell’Ucraina. L’impatto economico, però, verrà avvertito anche dalla stessa Unione, e in particolare da quegli stati membri maggiormente dipendenti da Mosca, che avranno più difficoltà a sostituire i barili di greggio con quelli di altri fornitori. Il mercato petrolifero, peraltro, è ristretto: l’offerta non è abbondante, e il cartello degli esportatori (l’OPEC+) non ha intenzione di aumentarla significativamente.

Tra i paesi europei più dipendenti dal petrolio russo, con quote superiori al 45 per cento sul totale importato, ci sono la Germania, la Polonia, l’Ungheria, la Slovacchia e la Lituania. L’esposizione italiana non è altissima, invece: è al 13 per cento.

petrolio russo

Proprio per la situazione di dipendenza estrema, pare che l’Ungheria e la Slovacchia avranno a disposizione più tempo – fino a dicembre 2023 – prima di dover azzerare gli acquisti di petrolio e prodotti raffinati russi.

L’annuncio della Commissione ha avuto l’effetto di far crescere di oltre il 4 per cento i prezzi europei (già alti) del gas naturale, dell’elettricità e del carbone.

COSA FA L’INDIA

Mentre l’Unione europea si prepara a distaccarsi dal petrolio russo, l’India, al contrario, vorrebbe acquistarne di più, approfittando del suo prezzo scontato (una trentina di dollari in meno rispetto al Brent, il benchmark internazionale). Il paese  importa l’80 per cento del greggio che consuma, benché si rifornisca soprattutto dal golfo Persico e molto poco da Mosca, che in passato valeva il 2 per cento del totale.

A dicembre e a gennaio Nuova Delhi non ha acquistato affatto petrolio russi. A marzo però, dopo l’invasione dell’Ucraina, i volumi hanno raggiunto i 300mila barili al giorno e ad aprile sono cresciuti ulteriormente, per 700mila al giorno. Attualmente la Russia rappresenta quasi il 17 per cento delle importazioni petrolifere indiane.

Le petroliere cariche di barili russi oggi si dirigono in gran numero verso Jamnagar, nello stato del Gujarat (India occidentale), dove si trova il complesso di raffinazione di Reliance Industries, il più grande al mondo. Un’altra meta importante è Vadinar, sempre nel Gujarat, dove c’è una raffineria di Navara Energy, società indiana partner della compagnia petrolifera statale russa Rosneft.

Il greggio russo lavorato dagli impianti indiani viene o destinato al mercato interno, per mantenere bassi i prezzi del carburante grazie all’abbondanza dell’offerta, oppure rivenduto all’estero, con margini di profitto importanti.

COSA FA LA CINA

In Cina, alleata della Russia, le raffinerie indipendenti hanno acquistato barili di greggio russo a prezzi scontati: lo hanno fatto in segreto, però, per evitare di venire colpite dalle sanzioni americani. Le società statali di trading, invece – fa notare il Financial Times -, hanno perlopiù rifiutato di firmare nuovi contratti di fornitura con la Russia.

Stando ai dati di Kpler, a maggio gli acquisti cinesi di greggio e prodotti petroliferi russi sono più alti di 86mila barili al giorno rispetto alla media dell’anno scorso.

Per la Russia non sarà così semplice vendere il suo petrolio in Asia. E non sarà nemmeno così remunerativo: dovrà infatti offrirlo a un prezzo più basso di quello fissato per il mercato europeo per bilanciare i rischi della compravendita, dato che le istituzioni finanziarie occidentali si stanno rifiutando di assicurare le navi che trasportano i carichi energetici russi.

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