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Libia

Quanto crolla l’export di petrolio in Libia

Le esportazioni di petrolio in Libia crollano ai livelli più bassi in diciotto mesi. Calano, di conseguenza, le consegne a Italia, Spagna e Cina. Tutti i dettagli.

 

Le esportazioni petrolifere della Libia sono sui livelli più bassi da diciotto mesi – dall’ottobre del 2020 – per effetto delle proteste in alcuni porti, degli scontri armati e del danneggiamento delle cisterne per lo stoccaggio.

QUANTO CROLLA IL PETROLIO IN LIBIA

Secondo i dati riportati da Bloomberg, ad aprile la Libia ha caricato sulle navi, per l’esportazione, 819mila barili di greggio al giorno, contro i 979mila di marzo. Un numero inferiore di carichi si sono pertanto diretti verso i principali acquirenti del paese, ovvero l’Italia, la Spagna e la Cina.

INSTABILITÀ E PROTESTE

Le rendite petrolifere sono importantissime per il bilancio libico – un membro dell’OPEC, il cartello che riunisce alcuni dei principali produttori di petrolio al mondo -, ma l’industria risente della situazione di grave instabilità interna successiva alla caduta del regime dittatoriale di Muhammar Gheddafi, nel 2011.

Negli ultimi mesi le proteste politiche si sono intensificate, peraltro: sono rivolte verso il primo ministro Abdul Hamir Dbeibah, che rifiuta di dimettersi perché considerare irregolare la nomina, lo scorso febbraio, di Fathi Bashagha (ex-ministro dell’Interno) a primo ministro da parte del parlamento libico.

LA RIAPERTURA DEL PORTO DI ZUEITINA

La National Oil Corporation (NOC), la società petrolifera statale libica, ha annunciato lunedì scorso la riapertura temporanea del porto di Zueitina, nella parte orientale del paese: il caricamento dei barili sulle navi nel sito era stato interrotto a metà aprile per cause di forza maggiore. La decisione ha l’obiettivo di favorire lo svuotamento delle cisterne ed evitare così una “catastrofe ambientale”, che si creerebbe con la fuoriuscita del greggio. Gli scontri armati hanno infatti danneggiato le strutture petrolifere in ventinove località del paese, anche al porto occidentale di Zawiya.

A questo proposito, su Nova News si legge che NOC ha dichiarato di stare “facendo tutto il possibile per risolvere i colli di bottiglia spostando il greggio Abu Attifil”, quello prodotto nei campi Abu Attifil e Rimal, e immagazzinandolo all’interno di serbatoi nel porto di Zueitina. A causa della caratteristica cerosa, questo greggio ha bisogno di essere continuamente mescolato e riscaldato, altrimenti congela.

LE PROTESTE NEI CAMPI DI SHARARA ED EL FEEL

Le manifestazioni di protesta contro il primo ministro Dbeibah hanno interessato anche i grandi campi petroliferi di Sharara ed El Feel. A metà aprile, nel giro di pochi giorni – riporta Bloomberg citando una fonte anonima -, la produzione petrolifera libica quotidiana è crollata di 800mila barili, a 1,3 milioni.

L’INTERVISTA DEL MINISTRO DEL PETROLIO AD AFP

Una settimana fa il ministro del Petrolio Mohamed Oun si è detto ottimista relativamente a una rapida risoluzione dei blocchi ai siti di produzione ed esportazione. In un’intervista ad AFP del 29 aprile, Oun disse che l’output libica era crollato di 600mila barili al giorno, traducendosi in almeno 60 milioni di dollari di entrate perse al giorno.

IL RUOLO DEGLI STATI UNITI

Nova News scrive che gli Stati Uniti, interessati ad aumentare la disponibilità di petrolio sul mercato per favorire l’abbassamento dei prezzi domestici della benzina, “hanno chiesto l’immediata riapertura dei pozzi e dei terminal di esportazione libici, proponendo un nuovo ambizioso sistema di finanziamento per cercare di separare le entrate degli idrocarburi dalla politica”.

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