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Libia

Perché gli schizzi libici preoccupano Eni

In Libia le Guardie petrolifere hanno imposto la chiusura di tre campi di idrocarburi. Oltre a El Sharara, il giacimento più grande del paese, c'è Wafa, co-gestito da Eni e rilevante per l'Italia. Tutti i dettagli

 

Le Guardie petrolifere (PFG), una milizia attiva soprattutto nell’est della Libia che si occupa di proteggere le infrastrutture energetiche, hanno imposto ieri la chiusura di tre campi di idrocarburi. La notizia tocca da vicino l’Italia perché tra questi c’è anche Wafa, un giacimento di condensati co-gestito da Eni.

I CAMPI CHIUSI

I siti chiusi dalla PFG, come detto, sono tre.

C’è innanzitutto El Sharara, il più grande campo petrolifero della Libia, con una capacità di 300mila barili di greggio al giorno. È gestito da Akakus Oil, una joint venture tra NOC (la compagnia petrolifera statale libica), la spagnola Repsol, la francese TotalEnergies, la norvegese Equinor e l’austriaca OMV. Il greggio estratto a El Sharara è destinato principalmente alla raffineria di Zawia, da 120mila barili al giorno di capacità; i volumi rimanenti vengono esportati.

Le attività sono state interrotte anche nel campo petrolifero di Hamada, gestito da Agoco, una sussidiaria di NOC, e nel campo di condensati di Wafa: in quest’ultimo giacimento opera Mellitah Oil & Gas, una joint venture paritaria tra Eni e NOC.

L’IMPORTANZA DI WAFA PER L’ITALIA

Il gas prodotto a Wafa arriva in Italia attraverso il gasdotto Green Stream: la tubatura, attraversando il mar Mediterraneo, collega l’impianto di trattamento di idrocarburi di Mellitah, sulla costa della Libia, a Gela, in Sicilia. Il Green Stream ha una capacità di 8 miliardi di metri cubi all’anno circa.

Assieme alla Russia e all’Algeria, la Libia è uno dei principali fornitori di gas naturale e prodotti petroliferi dell’Italia.

LE RAGIONI DELLA CHIUSURA

Argus, portale specializzato sull’energia, scrive che le Guardie petrolifere hanno bloccato i tre siti per protesta contro la decisione della NOC di rimuovere Ahmed Ammar dalla dirigenza di Akakus Oil. Non è raro che le Guardie petrolifere decidano di imporre la chiusura dei campi di idrocarburi o di infrastrutture varie: è capitato diverse volte, ad esempio, che lo facessero per protestare contro le condizioni di pagamento della NOC.

COME VA LA PRODUZIONE DI PETROLIO IN LIBIA

Secondo le stime di Argus, a novembre la Libia ha prodotto 1,12 miliardi di barili di greggio al mondo: 20mila in meno rispetto a ottobre.

Il 24 dicembre, in teoria, in Libia dovrebbero tenersi le elezioni per il rinnovo della presidenza e del parlamento, ma è molto probabile che verranno posticipate. L’instabilità del paese si ripercuote spesso sulle attività dell’industria energetica.

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