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British Petroleum

Petrolio, cosa succede in British Petroleum

Il gruppo petrolifero British Petroleum taglia 10.000 posti di lavoro. Ecco perché

Non è il tramonto delle fonti fossili e per niente del petrolio. Eppure il gruppo petrolifero British Petroleum, uno dei più grandi del mondo, taglia 10.000 posti di lavoro.

Il 15% della forza lavoro sarà messo in libertà entro fine anno, ha annunciato ieri l’azienda.

Andranno via anche molti dirigenti in un rimescolamento generale di carte, perché i prezzi del greggio non stanno aiutando il bilancio aziendale. Stop agli investimenti e una cura dimagrante su tutta la linea, dunque, ma non del tutto inattesa.

Ad aprile Bp aveva già annunciato una forte riduzione degli investimenti: il 25% e un programma di risparmio di 2,5 miliardi di dollari nel 2021. Da ieri una tempesta dopo le nubi del periodo Covid.

L’amministratore delegato Bernard Looney ha spiegato che “sono decisioni difficili da prendere, ma dobbiamo fare ciò che è bene per la Bp”.

Tutto colpa del petrolio e quindi vantaggio per le rinnovabili? Non esattamente.

Il sistema energetico globale non riesce ancora a fare a meno delle fonti tradizionali. Sia nel civile che nell’industria. Non accende speranze di speed révolution nemmeno qualche buona notizia dagli Usa.

Per la prima volta il consumo di carbone è diminuito del 15%, ma bilanciato da un timido +1% delle rinnovabili. Gli Usa sono il Paese modello per misurare la capacità dei Paesi di innovarsi. L’Europa sta facendo passi avanti con i piani green europei o nazionali, tuttavia l’aumento degli investimenti viene auspicato in questa fase di ripresa economica post virus.

La Energy Information Administration (EIA) prevede che in Usa le rinnovabili potranno addirittura superare il carbone come fonte di energia durante il 2020.

Le stime sono fatte considerando il blocco di molte attività in diversi Stati. Insomma scenari ancora complessi che da un lato mettono in mostra la debolezza di aziende leader come Bp che in 3 mesi ha perso più di 4 miliardi di dollari, ma dall’altro generano ottimismi un po’ dubbi sul successo delle fonti alternative. Tutto da vedere.

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