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Petrolio

Petrolio: c’è accordo Opec. Quali conseguenze

Arabia Saudita e Iran trovano l’accordo: Riad dovrà tagliare la produzione di petrolio, mentre Teheran proverà a tornare ai livelli di produzione pre-embargo L’accordo c’è. Non è ancora ufficiale e (forse) sarà ratificato il 30 Novembre prossimo, ma c’è. I Paesi Opec sono riusciti a mettersi d’accordo sul taglio delle quote di produzione di petrolio.…

Arabia Saudita e Iran trovano l’accordo: Riad dovrà tagliare la produzione di petrolio, mentre Teheran proverà a tornare ai livelli di produzione pre-embargo

L’accordo c’è. Non è ancora ufficiale e (forse) sarà ratificato il 30 Novembre prossimo, ma c’è. I Paesi Opec sono riusciti a mettersi d’accordo sul taglio delle quote di produzione di petrolio. A farne le spese sarà soprattutto l’Arabia Saudita, mentre il prezzo del greggio sale sopra i 47 dollari al barile. Ma partiamo dall’inizio.

Il tetto alla produzione

La riunione informale di Algeri tra i Paesi principali Paesi produttori di oro nero (al tavolo sedeva anche la Russia, che non fa parte dell’Opec) ha dato i suoi frutti. Arabia Saudita ed Iran, eterni rivali, hanno raggiunto un accordo: far scendere il tetto della produzione dai 33,2 milioni di barili del mese scorso a 32,5 milioni di barili. Si tratta del primo taglio della produzione da otto anni a questa parte: l’intesa potrebbe essere ratificata il 30 novembre a Vienna.

La notizia dell’accordo è del tutto inaspettata.Teheran “non è pronto a concludere un accordo sul congelamento della produzione”, aveva affermato nelle scorse ore il ministro del petrolio della Repubblica Islamica, Bijan Namdar Zanganeh. “Raggiungere un’intesa in due giorni non fa parte della nostra agenda, abbiamo bisogno di tempo e di consultazioni più ampie”.

Quali conseguenze?

petrolioHa vinto la voglia di ripresa economica. La geopolitica e gli affari tra Arabia Saudita ed Iran hanno lasciato spazio all’emergenza economica internazionale: il barile sotto i 50 dollari ha messo (e mette) a dura prova le economia di Riad e Teheran, di Venezuela e Russia., di Libia e Nigeria. I proventi del petrolio, in questi Paesi, sono utilizzati per rimpinguare i bilanci, sostenere i debiti pubblici e realizzare le politiche di welfare. Le entrate, con il crollo del prezzo del barile, non bastava più.

Un accordo, dunque, era necessario. E se è vero che il costo dell’oro nero potrebbe tornare a salire, è anche vero che questa non sarà l’unica coseguenza. A pagare il prezzo più alto di questa decisione, infatti, sarà l’Arabia Saudita che dovrà diminuire la produzione di circa 400 mila barili giornalieri. Seguono gli Emirati Arabi, che dovranno tagliare di 150 mila barili. L’Iraq dovrà diminuire di 130 mila barili la produzione. Libia e Nigeria conserverebbero le quote attuali.

Dovrà incrementare la sua produzione, invece, l’Iran: + 50 mila barili al giorno, il Paese prova a tornare ai livelli pre-embargo.

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