skip to Main Content

Perché Snam punta sugli Usa?

Che cosa ha scritto Reuters sulle mire americane di Snam e come il Sole 24 Ore ha commentato i piani del gruppo partecipato da Cdp Reti

Snam ha deciso di aprire la partita Stati Uniti e di sbarcare al di là dell’Atlantico per insediarsi nel ricco mercato statunitense del gas. Nel mirino dell’azienda italiana, come anticipato da Reuters, c’è il gasdotto Rover che Snam (partecipata da Cdp Reti) vorrebbe rilevare per il 33% dalla Energy Transfer per circa 2 miliardi di dollari.

SNAM AL LAVORO SULLA DUE DILIGENCE

“Snam sta lavorando ad un’offerta in quella che sarebbe la prima incursione del gruppo al di fuori dell’Europa”, hanno dichiarato quattro fonti a Reuters. “La società milanese sta svolgendo una due diligence per acquistare una quota del 33% del gasdotto Rover venduta da Energy Transfer LP” a sua volta detenuta per il restante 67% da due società di private equity, Energy & Minerals Group (EMG) e Blackstone Group.

SI COLLABORA CON JP MORGAN

Sempre secondo Reuters, “Snam, il più grande operatore europeo di gasdotti che ricava la maggior parte del suo denaro dal trasporto del gas in Italia, sta collaborando con JPMorgan per portare avanti l’operazione”. Il gasdotto Rover trasporta il gas naturale dall’Ohio, dalla West Virginia e dalla Pennsylvania verso altre parti del Midwest statunitense e fino al Michigan, dove può essere convogliato anche in direzione Canada.

PROBABILE UN OFFERTA CONGIUNTA CON ALTRE AZIENDE PARTNER

Snam, guidata dall’amministratore delegato Marco Alverà, “potrebbe presentare un’offerta congiunta con alcuni investitori finanziari per aumentare la sua potenza di fuoco”, ha detto una delle fonti a Reuters ricordando che l’azienda italiana, in precedenza, aveva collaborato con Mubadala e EIG Global Energy Partners per presentare un’offerta per il gasdotto TAG di Petrobas, poi perso a favore di un consorzio guidato dalla francese Engie. “La società italiana sta anche valutando se EMG e Blackstone sarebbero disposte a vendere le loro azioni del gasdotto Rover e a incassare insieme con Energy Transfer”, ha evidenziato ancora Reuters.

GLI ALTRI COMPETITOR

Di sicuro la gara vede “in pista altri competitor, principalmente statunitensi, tra cui figurerebbe anche Dte Energy, gruppo con sede a Detroit. Le offerte vincolanti devono essere depositate entro fine ottobre e il pacchetto in fase di dismissione varrebbe circa 2 miliardi di dollari”, ha scritto il Sole 24 Ore.

PERCHÉ SNAM HA PUNTATO GLI OCCHI SUGLI USA

Snam “vuole costruire una presenza internazionale e vede un potenziale di crescita negli Stati Uniti, grazie al boom dello shale gas”, ricorda Reuters aggiungendo che i gasdotti, come altre infrastrutture Usa “hanno costantemente attirato l’interesse delle società di private equity, e dei fondi pensione, in quanto producono rendimenti stabili. Inoltre, i rendimenti sugli investimenti in pipeline negli Stati Uniti sono generalmente più elevati che in Europa, dove molte reti sono gestite con tariffe regolamentate”.

L’OPERAZIONE SI INSERISCE LUNGO LA VIA TRATTEGGIATA DALL’ULTIMO PIANO STRATEGICO DELLA SOCIETÀ

Ma non c’è solo questa ragione, come sottolinea il Sole 24 Ore: “Snam segue con attenzione l’evoluzione del mercato del gas destinato a diventare sempre più liquido per via del ruolo crescente del Gnl (gas naturale liquefatto), che sarà sostenuto anche dall’aumento della domanda collegata alla mobilità marittima e ai trasporti pesanti. E l’operazione s’inserirebbe lungo la via tratteggiata dall’ultimo piano strategico della società, pronta a cogliere eventuali opportunità di investimento oltreconfine, mantenendo un profilo di rischio limitato e facendo leva sulla flessibilità della propria struttura finanziaria e su una potenza di fuoco che ieri una nota diffusa da Mediobanca Securities quantificava in due miliardi di curo. In questo quadro, quindi, la società ha tutto l’interesse ad aprirsi un varco negli Stati Uniti per rafforzare la propria diversificazione geografica, ma anche perché – in base alle previsioni dell’Agenzia internazionale dell’energia – gli Usa, che devono emanciparsi dall’eccessiva dipendenza dal carbone, diverranno nel giro di 5-6 anni il principale esportatore mondiale di Gnl”.

UNA VALENZA ANCHE POLITICA

Non bisogna dimenticare, infatti, che l’export di gas liquefatto ‘made in Usa’ verso l’Ue “è quasi triplicato nell’ultimo anno mentre Gazprom, gigante russo delle forniture via gasdotto, sta facendo passi indietro: nel 2019 e sue vendite in Europa e Turchia sono avviate a diminuire, per la prima volta in cinque anni – ha evidenziato il quotidiano di Confindustria -. Tra l’operazione di Snam e il boom del Gni americano c’è comunque solo un legame indiretto e non si può ipotizzare che l’eventuale deal favorirà maggiori esportazioni verso l’Italia: il gasdotto nel mirino della società guidata da Marco Alverà non alimenta nessuno dei terminal Usa da cui salpano le metaniere destinate all’estero, ma è stato creato per servire il mercato interno in cui i consumi di gas stanno crescendo”. Se da un lato, dunque, Rover è prezioso perché “ha contribuito a ‘sbottigliare’ le risorse estratte a Marcellus e Utica, aree di shale gas dell`Appalachia, da cui si prevede che arriverà gran parte della futura crescita della produzione Usa (l’altra regione ad alto potenziale è il Bacino di Permian, che produce sempre più gas associato al petrolio)”, l’investimento di Snam “potrebbe avere anche una valenza politica (sia pure non nelle intenzioni della società). Donald Trump sta infatti esercitando pressioni crescenti sull’Europa affinché riduca i legami con la Russia, in particolare nel settore dell’energia, a favore di un’alleanza più stretta con gli Usa. Ma sono soprattutto le leggi dell’economia a guidare Snam alla scoperta dell`America: il mercato dello shale gas è ancora in forte e crescita e il segmento del midstream – in primis i gasdotti, di cui gli Usa sono tuttora carenti – è quello che garantisce la più alta redditività”.

ALVERA’: IL GNL USA DÀ UNA MANO DA UN PUNTO DI VISTA DELLA SICUREZZA MA NON SOTTO L’ASPETTO COMPETITIVO

A gettare altra luce sul complicato mondo degli approvvigionamenti energetici ci aveva pensato Alverà durante un’audizione di qualche mese fa in commissione Attività produttive della Camera nell’ambito dell’indagine conoscitiva sul Piano energia e clima 2030, di cui Start Magazine aveva scritto: “Quando parliamo di energia parliamo del solito trilemma”, sicurezza del sistema, sostenibilità e competitività,“con l’Italia che paga un premio rispetto all’Europa e l’Europa paga un enorme premio rispetto agli Stati Uniti. Il gas è una risorsa che soddisfa tutte le parti di questa equazione: è stoccabile e ciò le rende sicuro, è sostenibile dispetto ad altre fonti fossili ed è a buon mercato e costa un terzo rispetto all’elettricità”. Ma per quanto riguarda i prezzi americani, in media, ha chiarito Alverà, “il gas negli Usa costa un terzo di quello che costa in Europa” e ciò garantisce all’industria statunitense “un enorme vantaggio competitivo”. Che è anche il motivo per cui “la Germania spinge per avere gasdotti con la Russia”. Ma quando si parla di gas americano, ha precisato Alverà, “occorre ricordare che ha bisogno di essere liquefatto, trasportato e rigassifcato. Questa filiera lo porta a lievitare i costi da 9 a 27-28 euro” al MWh. Insomma, il Gnl Usa “dà una mano da un punto di vista della sicurezza ma non sotto l’aspetto competitivo”.

Back To Top