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Rosneft

Perché Rosneft e Novatek mollano il dollaro e passano all’euro

Proteggersi dalle sanzioni Usa e procedere alla “de-dollarizzazione”. Ecco le ragioni delle mosse dei colossi russi dell'energia Rosneft e Novatek. L'articolo di Marco Orioles

 

Il n. 1 di Rosneft Igor Sechin ha annunciato giovedì che la principale compagnia petrolifera russa d’ora in poi denominerà in euro i propri contratti, in una mossa che risponde a due priorità intrecciate: scudarsi anzitutto dalle sanzioni Usa e procedere quindi ad una contestuale “de-dollarizzazione” che – oltre a rappresentare un atto di emancipazione dal potere globale del dollaro e, quindi, una dichiarazione d’indipendenza dall’impero Usa — è il metodo migliore, dal punto di vista di Mosca, per mettersi al riparo dalle ritorsioni economiche extraterritoriali del governo americano.

“Per ora”, ha ammesso Sechin parlando ad un forum economico tenutosi a Verona, “questa è una misura forzata che ha lo scopo di limitare l’impatto sulla compagnia delle sanzioni Usa. (…) Tutti i nostri contratti di esportazione”, ha aggiunto il capo di Rosneft, “vengono già implementati in euro, e il potenziale per lavorare con la valuta europea è molto alto”.

Poche ore dopo la diffusione delle dichiarazioni di Sechin, anche Novatek, principale produttore russo di gas naturale liquefatto, ha annunciato di aver compiuto un passo analogo, e con le medesime finalità, scegliendo l’euro per la maggior parte dei propri contratti.

È stato Putin in persona a invocare la de-dollarizzazione, misura ritenuta indispensabile di fronte alle sanzioni elevate dagli Usa contro la Russia per le sue interferenze nella crisi ucraina e nelle elezioni presidenziali americane del 2016, nonché per rispondere alle reiterate minacce dell’amministrazione Trump di sanzionare Rosneft per le sue operazioni in Venezuela.

Ancor prima dell’acuirsi della crisi venezuelana all’inizio di quest’anno, e del conseguente braccio di ferro tra Mosca e Washington intorno al destino del regime di Maduro (appoggiato dalla Russia) sfidato dall’autoproclamato presidente ad interim Juan Guaido (sostenuto dagli Usa), la Banca Centrale Russa aveva ridotto l’ammontare di buoni del tesoro americano detenuto nelle sue riserve.

Passare all’euro, tuttavia, potrebbe rivelarsi un pessimo affare per Mosca alla luce delle attuali politiche monetarie dell’Ue e, in particolare, dei tassi di interesse negativi che gravano sulle istituzioni finanziarie che detengono in deposito la valuta comunitaria. “Non ha alcun senso”, ha commentato a tal proposito Alexander Losev, capo di Sputnik Asset Management, “detenere in deposito una valuta con tassi di interesse negativi”.

Estratto di un articolo pubblicato su policymakermag.it

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