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Bagnoli

Perché la bonifica di Bagnoli diventa una roulette

L’operazione Bagnoli i soldi ci sono. 320 milioni di euro pronti da investire, ma per accendere i motori delle ruspe ci vuole un nuovo team interministeriale. I tempi, i problemi e le parole del ministro Provenzano nell'approfondimento di Nunzio Ingiusto

Il ministro per il Sud e la coesione territoriale, Giuseppe Provenzano, ha il merito di conoscere il Sud. Lo ha studiato ed analizzato da ricercatore quando era alla Svimez. Dati i tempi e i drammi sociali di questa parte d’Italia ci si augura che le sue dichiarazioni da ministro non diano più spazio a discussioni barocche Nord-Sud come è, purtroppo, capitato recentemente con il sindaco di Milano Beppe Sala.

Nei giorni caldi della vicenda ex Ilva di Taranto, Provenzano è andato a Napoli a presiedere la cabina di regia sul futuro dell’area ex Italsider di Bagnoli. La “cugina” della fabbrica tarantina dismessa e abbandonata , la cui vasta area aspetta da venti anni di essere bonificata e restituita alla città.

Provenzano ha detto che essere a Bagnoli nei giorni della difficile vicenda dell’ex Ilva di Taranto è un monito, per lo sviluppo del Sud che deve coniugare industria e ambiente, lavoro e salute. A giugno Barbara Lezzi, precedente titolare del Ministero per il Sud, aveva detto che la bonifica di Bagnoli si sarebbe completata nel 2024, mentre il nuovo ministro vuole accelerare a tutti i costi.

La senatrice Lezzi evidentemente aveva un scadenzario diverso da quello che immaginiamo abbia oggi l’esponente del governo M5s-Pd. Se il nuovo ruolino di marcia di Provenzano e Conte sarà davvero più rapido, non c’è che dire: il M5S con l’acciaio e vicende connesse non ha molta familiarità. D’altra parte bisogna stare anche attenti , come si legge in questi giorni, a legare le sorti dell’ex Ilva di Taranto con quelle nefaste di Bagnoli.

In origine tutto era nelle mani dello Stato attraverso l’Iri. Gli anni passati dalla chiusura della fabbrica napoletana, creata da Francesco Saverio Nitti nei primi del Novecento, hanno assopito la storia legata alla classe operaia napoletana ed all’industria pesante meridionale. Sono rimaste aperte solo le porte della riqualificazione ambientale e paesaggistica di uno degli scorci naturali più suggestivi del Mezzogiorno. Taranto certamente non potrà essere un sequel di quello che si è visto a Napoli in questi lunghi e inquieti anni.

Ora dobbiamo velocizzare e semplificare il più possibile, ha detto il ministro, per partire immediatamente con le bonifiche. Del futuro di Bagnoli si parla da decenni, ha aggiunto e noi ricordiamo che il tempo della concretezza è spostato sempre più avanti. Il destino di una gloriosa zona manifatturiera, ha incrociato classi dirigenti di alto e basso profilo, incompetenti e affabulatori, di destra, di sinistra, di centro. Una moltitudine di rappresentanti delle istituzioni che non hanno messo a posto un solo metro quadrato di un’area dove si vogliono costruire alberghi, centri commerciali, residenze, strutture sociali. In definitiva occupazione e sviluppo. La sorte di Bagnoli ora è nelle mani del governo giallorosso che non vuole perdere altro tempo per lanciare un segnale di fiducia al Mezzogiorno e all’Italia.

Provenzano vuole addirittura fare “vedere le ruspe ai cittadini”. Le ruspe e le idee, ha precisato, per non essere da meno al competitor Matteo Salvini che in Campania è in piena campagna elettorale per le regionali 2020. Per guadagnare tempo, però, Provenzano chiederà agli altri ministeri di istituire un “Team Bagnoli”, formato da “referenti di tutte le amministrazioni e gli enti da coinvolgere per velocizzare il lavoro in atto”.

Ma è proprio necessario un nuovo organismo che si saprà quando nasce e poi si perderà tra carte, pareri, riunioni, sottocomitati? Il Ministro avrà le sue ragioni e un buon piano di lavoro, si spera. Su Bagnoli ricordiamo a noi stessi che hanno già competenze un Commissario straordinario, la società Invitalia, la Regione Campania, il Comune di Napoli, enti minori e poi la strategica “cabina di regia” presieduta dallo stesso ministro.

Non bastano questi soggetti a velocizzare quello che c’è da fare per l’ambiente e per Napoli? Gli strumenti urbanistici sono stati adeguati da tempo, ma l’altro giorno anche il bando di concorso internazionale di idee per disegnare il nuovo paesaggio è stato prorogato al 7 gennaio 2020. Per avere più apporti, è stato detto. Ma non sarà tutto questo una nuova, pericolosa e triste roulette sulla testa di Napoli e del Sud?

Per mano di un governo auto-dichiaratosi green? Il bello (o brutto) è che per l’operazione Bagnoli i soldi ci sono. 320 milioni di euro pronti da investire, ma per accendere i motori delle ruspe ci vuole un nuovo team interministeriale. Poi per avere il sito bonificato, magari si torna a quell’anno 2024 di cui aveva parlato l’ex ministro Lezzi.

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