skip to Main Content

Goldman Sachs

Perché Goldman Sachs non scommette sul green deal?

Che cosa dice lo studio di Goldman Sachs dal titolo “Covid-19 – Lo spostamento del dibattito sui cambiamenti climatici”

Uno studio di Goldman Sachs frena molti entusiasmi. Un’analisi.

Le banche che vogliono scommettere sulla rivoluzione ambientale fanno continuamente analisi e studi. Hanno avuto fiducia e concesso crediti in molti Paesi, ma ora si muovono con maggiore cautela.

Le operazioni da finanziare sono così complesse e con tempi lunghi che gli studi hanno vita breve. Ci sono gli imprevisti e il coronavirus è stato uno di questi.

Goldman Sachs non si è sottratta alla consuetudine delle analisi e quando è scoppiata la pandemia Covid-19 si è concentrata sugli scenari dei prossimi anni. Davvero con i programmi in campo le emissioni di anidride carboniche caleranno? Gli obiettivi della Cop 21 di Parigi 2015 sono ancora validi e utili per investire?

Il suo studio “ Covid-19 – Lo spostamento del dibattito sui cambiamenti climatici” è giunto, purtroppo, a conclusioni deludenti: “Affinché si realizzi lo scenario dei 2 gradi ci vorrebbe una riduzione di emissioni equivalente a quella provocata dal Covid-19 ogni anno per i prossimi tre decenni”. Una inattesa corrispondenza tra epidemia e cambiamenti climatici che raffredda molti entusiasmi.

Tutti sappiamo che in ballo ci sono milioni di euro da affidare ad imprese che dovrebbero lavorare in condizioni tranquille, con regole chiare . Ma non ci siamo.

Il mega-piano green presentato al Parlamento Ue, per esempio, è stato offuscato dell’epidemia, nonostante le buone intenzioni di Ursula von der Layen.

Per Goldman il 2020 è fin qui testimone del più massiccio declino delle emissioni globali di anidride carbonica di sempre. Ma per avere qualcosa di più affidabile per la finanza, gli analisti scrivono di una riduzione di almeno del 5,4 % all’anno.

Le fonti fossili restano largamente diffuse e molte volte incentivate dai governi.Chi deve mettere soldi freschi si aspetta che gli “sbuffi” inquinanti calino molto più rapidamente.

Il coronavirus ha provocato una crisi di proporzioni gigantesche, però, nelle fasi di ripresa le fonti tradizionali possono rappresentare ancora una buona opportunità, senza ridurre l’inquinamento.

È già accaduto in passato, può ripresentarsi. In sostanza si verifica quel paradosso, già qui esposto, in base al quale l’industria per mantenere la competitività abbandona i progetti di energy transition.

È molto più pratico e rassicurante continuare con gas e petrolio e rimandare gli investimenti per le rinnovabili.

Su questi ragionamenti Donald Trump ha dimostrato di essere vincente mandando all’aria milioni di dollari di investimenti delle green society.

D’altra parte i prezzi del petrolio per tutto il 2020 saranno molto più convenienti sul mercato globale.

Lo studio della banca americana auspica un controllo sulle decisioni politiche, sulla tassazione, sugli incentivi, sui piani di mobilita non inquinanti e fa molto bene.

Ma i dati esposti non fanno saltare di gioia. La partita si gioca a livello planetario e per stare al passo con gli obiettivi Onu ci vogliono due cose: capitali è decisioni rapide.

Dopo il coronavirus scarseggiano tutti e due.

Back To Top