Il Green Deal fa un altro passo in avanti. La plenaria del Parlamento europeo ha approvato la proposta della Commissione europea sull’approvvigionamento di materie prime critiche necessarie per la transizione energetica e digitale, il regolamento ‘Critical raw materials act’, la proposta della Commissione europea.
COSA HA DECISO IL PARLAMENTO EUROPEO
Strasburgo ha detto sì alla proposta della Commissione avanzata lo scorso 16 marzo con 549 voti favorevoli, 43 voti contrari e 24 astensioni. Il ‘Critical raw materials act’ è uno dei tre pilastri del Piano industriale per il Green Deal che si aggiunge alla Legge per l’industria a emissioni zero (Net-Zero Industry Act) e alla riforma del mercato elettrico dell’UE. La norma, secondo il commissario europeo per il mercato interno, Thierry Breton, è una “risposta europea alle minacce e alle pressioni di alcuni Paesi terzi nei nostri confronti per quanto riguarda l’accesso alle materie prime critiche e dimostra anche la nostra volontà di rafforzare la capacità di produzione industriale in Europa perché ci sia un’Europa padrona del proprio destino”.
Il regolamento ha stabilito un elenco di materie prime ritenute strategiche. Tra queste molte sono terre rare, i materiali indispensabili per la transizione energetica dell’UE. Quei materiali, infatti, sono indispensabili per la fabbricazione delle batterie dei veicoli elettrici, gli unici che potranno essere venduti in Europa a partire dal 2035.
COSA SONO LE TERRE RARE
Le terre rare sono metalli che, grazie alle loro proprietà chimiche, possono essere sfruttati per realizzare prodotti di alta tecnologia. Sono diciassette elementi chimici: cerio (Ce), disprosio (Dy), erbio (Er), europio (Eu), gadolinio (Gd), olmio (Ho), lantanio (La), lutezio (Lu), neodimio (Nd), praseodimio (Pr), promezio (Pm), samario (Sm), scandio (Sc), terbio (Tb), tulio (Tm), itterbio (Yb) e ittrio (Y).
LE TERRE RARE E IL VANTAGGIO COMPETITVO CINESE
All’interno del regolamento sono stati stabiliti obiettivi per l’estrazione, la lavorazione e il riciclaggio all’interno dell’Ue. Un tema di massima attenzione per i legislatori UE è la dipendenza del nostro continente dalle esportazioni, in Cina, infatti, si concentra oltre il 90 per cento delle materie critiche. Il gigante asiatico ha un rilevante vantaggio competitivo rispetto all’UE anche nei processi successivi all’estrazione: la separazione degli elementi dagli ossidi, la raffinazione e la forgiatura in leghe, prima della trasformazione finale in magneti. Dalla sua ha una strategia industriale ben concertata supportata anche da finanziamenti statali.
TUTTI I METALLI CRITICI PER LA TRANSIZIONE ENERGETICA
Il regolamento UE ha individuato 34 materie prime critiche (dalla bauxite all’elio, dall’arsenico allo stronzio) e 17 di queste sono considerate strategiche: bismuto, boro (grado metallurgico), cobalto, rame, gallio, germanio, litio (grado batteria), magnesio metallico, manganese (grado batteria), grafite naturale (grado batterie), nichel (grado batterie), metalli del gruppo del platino, silicio metallico, titanio metallico, tungsteno ed elementi delle terre rare per magneti: neodimio (Nd), praseodimio (Pr), terbio (Tb), disprosio (Dy), gadolinio (Gd), samario (Sm) e cerio (Ce). La norma UE rappresenta un importante progetto di politica industriale.
“Grazie a incentivi economici mirati, stiamo creando certezza nella pianificazione dei progetti per gli investitori privati, attraverso punti di contatto unici per le imprese e procedure di autorizzazione rapide e semplici con scadenze chiare per le autorità nazionali – ha detto Nicola Beer, relatrice della norma ed eurodeputata dei liberali -. Ciò stimolerà l’estrazione, la lavorazione e il riciclaggio in Europa”.
GLI OBIETTIVI EUROPEI SUI METALLI CRITICI
Il nuovo regolamento introduce tre obiettivi che dovrebbero aiutare l’Europa a essere meno dipendente dall’esterno:
- l’Unione europea dovrebbe estrarre il 10 per cento delle materie critiche;
- processarne il 40 per cento;
- riciclare il 25 per cento del consumo annuale di materie prime strategiche.
Questi obiettivi vanno raggiunti entro il 2030 (per il riciclaggio la proposta della Commissione era di un obiettivo del 15 per cento). Sono stati fissati obiettivi anche per la procedura di autorizzazione, che non deve superare i 27 mesi per i progetti di estrazione e i 15 mesi per i progetti di trasformazione e riciclaggio. Il regolamento prevede che la fase della valutazione di impatto ambientale non sia conteggiata nel calendario per l’approvazione del progetto.
L’UE RISCHIA LA DIPENDENZA DALLA CINA SULLE TERRE RARE
L’Europa, in ogni caso, non riesce ad essere autosufficiente in materia di energia. Se, a causa del conflitto in Ucraina, il Vecchio Continente sta faticosamente provando a superare la dipendenza dal gas russo, per la transizione energetica rischia di dipendere dalla Cina.
Secondo i dati dell’Eurostat nel 2022 le importazioni di terre rare nell’Ue sono cresciute del 9% raggiungendo le 18mila tonnellate. Le esportazioni, invece, sono in calo dell’8%. Le esportazioni hanno pesato per 146 milioni di euro (+37%rispetto al 2021), mentre le importazioni per 142 milioni (+2%), lasciando la bilancia commerciale in una posizione tutto sommato di equilibrio. Il paese dal quale l’UE importa più terre rare è proprio la Cina, da qui nel 2022 sono arrivate 7mila tonnellate di terre rare, circa il 40,35% del totale, a seguire c’è la Malaysia con 5,6 migliaia di tonnellate (30,55%) e, ancora, la Russia con 4,5 migliaia (24,54%).
(Articolo pubblicato su Policy Maker)