I media italiani hanno ignorato una notizia inquietante. Le più recenti statistiche indicano che nel 2023 la produzione di carbone in Cina ha raggiunto il suo massimo storico. Il rilancio del carbone come principale risorsa energetica della Cina rischia di compromettere il contrasto al cambiamento climatico a livello globale.
Tuttavia, le conseguenze della crescita delle emissioni in Cina non sono state ancora percepite nella loro intrinseca gravità a livello politico e diplomatico.
Nessun paese ha richiamato le autorità cinesi al rispetto degli impegni di riduzione delle emissioni assunti a Parigi nel 2015. L’allarme sulla materia è per ora limitato all’ambito degli esperti di settore e delle associazioni ambientaliste.
Non deve perciò sorprendere se la settimana scorsa, durante la missione del Ministro Adolfo Urso a Pechino, la spinosa questione del carbone non sia stata sollevata dalla delegazione italiana.
Tuttavia il tema è di tale rilevanza politica che è lecito porsi la domanda se sarà giusto ignorarlo nella visita (imminente) di Giorgia Meloni a Pechino. La Cina è il più grande produttore e consumatore al mondo di carbone. È inevitabile che prima o poi la diplomazia internazionale (Italia compresa) prema – sia pure in modo costruttivo – perché Pechino inverta la rotta.
Si parla tanto di Green Deal, ma gli sforzi che l’Italia e l’Europa stanno compiendo per ridurre le emissioni saranno vani senza un analogo impegno del Dragone.
Il paradosso è che da un lato la Cina sta affermando la sua leadership “verde” a livello globale nella produzione di pannelli solari e di auto elettriche, ma, dall’altro lato, a causa del carbone è il paese al mondo che inquina di più in termini assoluti.
A mio avviso non sarebbe male se Giorgia Meloni lanciasse il sasso nello stagno. L’ Italia e l’Europa – per le loro capacità scientifiche e tecnologiche avanzate – hanno, infatti, la possibilità di cooperare utilmente a una politica di decarbonizzazione della Cina. Nel corso della sua visita a Pechino, Meloni potrebbe lanciare la proposta di una grande partnership sino-italiana con investimenti congiunti nelle energie rinnovabili (nucleare compreso).
Il vantaggio potrebbe essere duplice. Sul piano bilaterale si aprirebbero nuove e promettenti opportunità di business per le aziende italiane del settore. Sul piano europeo Meloni avrebbe così la possibilità di dimostrare ai suoi partner (e ai suoi avversari) una doverosa attenzione ai cambiamenti climatici in un contesto politicamente molto difficile (e talora ostile), ma fondamentale e assolutamente ineludibile qual è la Cina di Xi Jinping.