skip to Main Content

Orsted

Eolico, la danese Orsted affonda?

Orsted, azienda danese specializzata nell'eolico in mare, ha sospeso la distribuzione dei dividendi, annunciando anche il licenziamento di 800 dipendenti e l'uscita dai mercati offshore di Norvegia, Spagna e Portogallo. La sua crisi non è un caso isolato: tutti i dettagli.

Orsted, società energetica danese specializzata nello sviluppo di parchi eolici in mare, ha annunciato la sospensione della distribuzione dei dividendi, il licenziamento di ottocento dipendenti e l’uscita dai mercati offshore di Norvegia, Spagna e Portogallo.

Le decisioni sono state presentate come necessarie per consentire la ripresa dell’azienda dopo un anno molto difficile per via dell’aumento dei tassi di interesse e di alcune complicazioni operative negli Stati Uniti che hanno causato svalutazioni miliardarie di asset. L’amministratore delegato Mads Nipper ha garantito che i tagli faranno di Orsted una “società più snella e più efficiente”.

ORSTED RIVEDE OBIETTIVI E DIRIGENTI

Orsted ha anche ridimensionato gli obiettivi di sviluppo delle rinnovabili al 2030: per quella data prevede adesso di arrivare a una capacità elettrica installata da fonti rinnovabili di 35-38 gigawatt, anziché di 50 GW come da target precedenti. Si tratta di un arretramento significativo, che giunge però dopo anni di forte espansione.

La ristrutturazione riguarderà anche la dirigenza: il presidente Thomas Thune lascerà l’incarico. Lo scorso novembre si erano dimessi il direttore finanziario, Daniel Lerup, e il direttore operativo, Richard Hunter.

PERDITA NETTA PER 2,7 MILIARDI DI EURO NEL 2023

Nel 2023 Orsted ha riportato una perdita netta per 20 miliardi di corone danesi (circa 2,7 miliardi di euro). Nipper ha dichiarato di non aver perso la fiducia nella transizione energetica – un processo globale, benché non omogeneo -, ma ha specificato che la società ha bisogno di un “reset” per ripristinare la fiducia degli investitori. Il 50,1 per cento di Orsted è di proprietà del governo della Danimarca.

Dal picco toccato nel 2021, quando l’entusiasmo dei mercati per le aziende attive nel ramo delle energie pulite e della “sostenibilità” era ai massimi, le azioni di Orsted hanno perso oltre il 70 per cento del loro valore. L’azienda, che conta circa novemila dipendenti nel mondo, era considerata un esempio di conversione ben riuscita dal comparto oil & gas (in origine, infatti, si occupava di idrocarburi con il nome di Dansk Naturgas) a quello delle rinnovabili.

LA CRISI DELL’INDUSTRIA DELL’EOLICO

Le difficoltà economiche di Orsted non sono un caso isolato; al contrario, si inseriscono in un più generale momento di crisi dell’industria dell’eolico offshore, tra aumento dei tassi di interesse, intoppi delle filiere e piani di crescita rivelatisi troppo ambiziosi.

Orsted, nello specifico, ha subìto le conseguenze della sua espansione molto aggressiva sul mercato statunitense dell’eolico offshore, che – come fa notare il Financial Times – si trova ancora in uno stato embrionale: ha avuto difficoltà sia ad accedere ai crediti d’imposta previsti dal governo, sia a rispettare gli obblighi sulla manifattura locale dei componenti degli impianti. Qualche mese fa ha annunciato la sospensione di due progetti al largo dello stato del New Jersey per via dell’aumento dei costi.

Lo scorso novembre la società tedesca Siemens Energy, in difficoltà dopo le massicce perdite riportate sulle turbine eoliche, ha raggiunto un accordo con il governo della Germania, con il gruppo Siemens (suo maggiore azionista) e con un consorzio di banche per un piano di salvataggio dal valore di 15 miliardi di euro.

MIGLIORA, INVECE, LA SITUAZIONE DI VESTAS

In miglioramento, invece, è la situazione di Vestas, azienda danese che è la più grande produttrice di turbine eoliche al mondo. Nei giorni scorsi, infatti, la società ha annunciato il ritorno alla redditività nel 2023, riportando un utile ante imposte di 102 milioni di euro, contro la perdita di 1,7 miliardi del 2022. Il risultato positivo è legato al miglioramento delle condizioni sulla supply chain, dopo anni di margini ristretti.

Back To Top